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L’ultima rilevazione dell’Osservatorio politico nazionale di Lorien Consulting ci consegna una percentuale di astensionisti e indecisi del 28,9%. Quasi tre italiani su dieci, in questo momento, se chiamati alle urne, non saprebbero come orientarsi e probabilmente diserterebbero le urne. Il dato in sé è in linea con le tendenze degli ultimi anni, e sorprende poco. Sorprende invece se confrontato con il sondaggio effettuato proponendo agli italiani di dichiarare un’intenzione di voto, per le prossime elezioni, con i partiti della Prima repubblica. La quota di indecisi e astensionisti scende di dieci punti tondi, al 18,9%. L’offerta politica di venti e più anni fa appare quindi più vicina alla domanda di quella odierna, un segno di profonda distanza dell’elettorato di oggi dagli attuali partiti. La maggior parte dei quali, a partire dai due maggiori contenitori di centrodestra e centrosinistra (Pdl e Pd), è nata negli ultimi anni.
 
Se si votasse oggi per le prossime elezioni politiche, e l’offerta politica fosse quella della Prima repubblica, la Dc raccoglierebbe il 31,4%. Un valore leggermente superiore a quello ottenuto nel 1992 (29,7%), ultimo anno in cui si presentarono i “vecchi” partiti, e invece leggermente inferiore a quello delle elezioni precedenti, nel 1987 (34,3%). Anche il resto del quadro politico appare praticamente quasi immutato. Il Psi otterrebbe il 12,7% (13,6% nel 1992, 14,3% nel 1987), mentre il Pci si fermerebbe alle soglie del 20% (cioè al 19,1%), così come accaduto dopo la transizione al Pds (16,1% nel 1992), e dunque lontano dal 26,6% del 1987. Aumenterebbero sensibilmente, invece, le altre tre formazioni del Pentapartito (Pli al 6,8%, Psdi al 6,7%, Pri al 6,6%). Mentre la novità più clamorosa sarebbe il balzo del Msi, che addirittura supererebbe quota 10%. Nonostante questo quadro, gli italiani non rimpiangono la Prima repubblica: il 59,9% dichiara infatti di non averne nostalgia. La Prima repubblica riporta alla mente la crescita del debito pubblico, la Milano (e l’Italia) da bere, i sistemi occulti di potere venuti a galla con Mani pulite, ma anche le monetine e la furia giacobina che accompagnarono il dissolvimento dei partiti che avevano occupato la scena politica della storia repubblicana fino ad allora. Tuttavia, a mente fredda, gli italiani riconoscono a quegli stessi partiti dei meriti che non riconoscerebbero ai partiti attuali. Il giudizio complessivo sull’operato della Democrazia cristiana, dalla sua nascita nel 1942 al suo scioglimento nel 1994, è positivo (52,9%) per oltre la metà degli italiani maggiorenni. Il governo, oggi, raccoglie un giudizio positivo solo dal 14,8% degli italiani. E i due attuali contenitori polarizzanti, Pdl e Pd, ottengono il 30% in meno di giudizi positivi, fermandosi rispettivamente al 22,6 e al 22,4%.
 
I meriti della Democrazia cristiana sono infatti largamente riconosciuti: ha soprattutto modernizzato l’Italia e ha mantenuto il Paese in situazioni di pace. Ma ha avuto anche il pregio di rappresentare i cattolici e il ceto medio in politica, producendo grandi statisti. L’eredità è oggi raccolta, per poco meno della metà degli italiani, dall’Udc (45,7%). A grande distanza vengono poi associati alla Dc il Pdl (16,9%) e il Pd (10%). Anche per questo la personalità più indicata per guidare una nuova Democrazia cristiana è il leader centrista Pierferdinando Casini, scelto dal 44,2%. Con buona pace del ministro Gianfranco Rotondi, ex democristiano doc (e promotore dal 2005 al 2008 della cosiddetta “Democrazia cristiana per le autonomie”, uno della miriade di movimenti in sedicesimo di ispirazione democristiana), che ha dichiarato qualche tempo fa: «Silvio Berlusconi è la nuova Democrazia cristiana. Noi avevamo un ritmo da danza classica. Lui ci ha dato un ritmo da discoteca». Solo il 10% degli italiani associa la Dc a Berlusconi, come Rotondi. Quale sarebbe il potenziale elettorale di una Democrazia cristiana? Il 34,4% ritiene che oggi la nascita di un grande partito come la Democrazia cristiana sia (molto o abbastanza) opportuno. Ma ancora di più, il 44% degli italiani, la prenderebbe in considerazione alle prossime elezioni. Un bacino elettorale enorme, più grande dei bacini potenziali di tutti gli attuali partiti. Quasi il doppio del bacino dell’Udc (25,1%), oltre anche al bacino potenziale del Pdl (39,5%) e del Pd (31,4%). Il bacino di una nuova Dc è composto per poco meno del 50% dall’asse centrista di elettori di Udc, Pdl e Pd, e invece per oltre un terzo da astensionisti e indecisi, una percentuale oltre la media della popolazione italiana.
 
Trasversale per sesso, età e area geografica (ma con una leggera prevalenza nel sud), il bacino di una nuova Dc si rinsalda attraverso l’appartenenza religiosa: il 95,1% è cattolico, il 74% si dichiara praticante. Un collante, una visione condivisa del mondo, che oggi manca al cantiere del Terzo polo, contemplato solo da un terzo di coloro che prenderebbero in considerazione la Dc. Un’anima, una “qualità” dell’iniziativa politica che andrebbe oltre il mettere insieme attuali schieramenti, un’azione che il momento storico esigerebbe. Quella che manca oggi, quella che vorrebbero i loro (potenziali) elettori.

La Democrazia cristiana. Ieri, oggi... domani?

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