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Mediaset oggi e Mediaset domani. Nelle ore in cui l’Italia ha dato l’ultimo saluto a Silvio Berlusconi, in un Duomo di Milano stracolmo, l’attenzione di analisti e investitori è tutta per il futuro del gruppo televisivo controllato al 50% dalla Fininvest, la cassaforte della famiglia Berlusconi.

Senza più il fondatore, per l’azienda oggi guidata dal secondogenito Pier Silvio, si aprono indubbiamente nuovi scenari (qui l’intervista al giornalista e saggista, esperto di capitalismo familiare italiano, Paolo Bricco). Bisogna sempre tenere a mente che senza la figura del fondatore, un gruppo attivo in un settore concorrenziale come quello televisivo (basti pensare all’avvento delle nuove piattaforme), non può che essere maggiormente esposto ai competitor.

I SEGNALI DALLA BORSA

Anche per questo gli investitori continuano a ragionare su quello che potrebbe essere il futuro di Fininvest – la cassaforte controllata dal Cavaliere attraverso una serie di holding personali, partecipata dai cinque figli di Berlusconi – e dunque di Mediaset. Gli occhi del mercato sono in particolare puntati su come saranno i rapporti di forza con la successione e quindi se ci sarà un cambiamento della strategia di famiglia o se tutto rimarrà pressoché invariato. La dimostrazione di tale attenzione è nella reazione dei listini alla scomparsa del fondatore di Forza Italia e di Mediaset.

Il giorno successivo alla morte di Berlusconi Mfe (Media for Europe) B, il titolo più rappresentativo con dieci diritti di voto, ha chiuso in aumento del 7% a 0,75 euro, ai massimi da un anno e mezzo. Mfe A ha segnato invece un rialzo finale del 13% a quota 0,56. In aumento anche Prosieben, il gruppo del quale il Biscione è ampiamente primo azionista con quasi il 30% delle quote: il titolo della società tedesca è salito a Francoforte del 2%. Oggi, invece, il titolo ha ripiegato e girato in negativo, portandosi a -2%. Tutto questo mentre gli stessi vertici del gruppo televisivo rassicuravano a oltranza sull’assoluta continuità aziendale, senza scossoni in termini di azionariato.

LA VERSIONE DEGLI ANALISTI

Gli analisti di Equita Sim, per esempio, sono decisamente cauti. Primo, non è detto che la famiglia Berlusconi arretri in Mediaset. Secondo, qualora questo avvenisse, ci sarebbe sempre da fare i conti con il governo di Giorgia Meloni, che ha pronta nel cassetto la norma sul golden power.  “Riteniamo”, hanno spiegato gli esperti in un report, “che sarà importante verificare i nuovi assetti in Fininvest e nel caso di un cambio di controllo rimane sempre il tema del golden power da parte del governo”.

Non è tutto. “Crediamo inoltre che un cambio potrebbe accelerare il dossier Rai Way – Ei Towers (le due società delle torri, per la trasmissione del segnale, ndr), che permetterebbe di meglio valorizzare Ei Towers in Mfe”. Insomma, non è assolutamente scontato il passo indietro degli attuali azionisti. Ma certo, qualora avvenisse, ci sarebbe un impatto sul mercato tv. Sulla stessa lunghezza d’onda, ma forse ancora più cauti, gli analisti di Intermonte. “Da un punto di vista strategico e operativo ci aspettiamo che il gruppo, dopo la morte del fondatore, prosegua in continuità”.

TRA CAIRO E VIVENDI

Ma se davvero ci fosse un riassetto nella compagine, di chi potrebbe essere la mano? I due maggiori pretendenti, raccontano a Formiche.net i bene informati, sono sicuramente Urbano Cairo, editore di La 7 e di Rcs (e dunque del Corriere della Sera) e Vivendi, la media company francese già primo socio di Tim e azionista forte (22,7%) di Mediaset, dopo la tentata scalata, prontamente disinnescata dalla stessa famiglia Berlusconi, del 2016. Attenzione però, perché vanno fatte le dovute precisazioni.

L’opzione francese non sembra troppo verosimile, perché Vivendi è sempre stata interessata più alla raccolta pubblicitaria che altro. E poi, cosa che spesso non viene ricordata, tra gli azionisti della media company francese, c’è la Cassa depositi e prestiti transalpina, il che conferisce un elemento geopolitico al tutto, otre che industriale, in grado di innescare la reazione dello stesso governo italiano. Poi c’é Cairo che, in caso di attacchi ostili dall’esterno, potrebbe rappresentare la soluzione italiana. Ma la possibilità economica di sostenere un eventuale tale sforzo, viene fatto notare, è tutta da verificare. La terza opzione è Discovery, su cui non sembrano al momento esserci movimenti degni di nota.

L’OCCHIO DEL GOVERNO

Attenzione però al governo, che come detto poc’anzi, ha sempre il boccino in mano. L’idea prevalente in borsa è che comunque chi eventualmente rileverà il controllo di Mfe-Mediaset dovrà farlo d’accordo col Palazzo Chigi. Sebbene senza Berlusconi l’azienda avrà minor peso politico, è difficile pensare che l’esecutivo Meloni possa consentire una salita dei francesi in Mediaset, quando già rappresentano il socio di riferimento in Tim, azienda strategica non meno del Biscione.

Se Vivendi infatti muovesse sul Biscione, infatti, si ritroverebbe nella doppia posizione di azionista di riferimento di un gruppo telefonico e di primo azionista di un polo televisivo. Anche e non solo per questo, premesso che la stessa azienda francese deve prima sbloccare la partita per la vendita della rete della stessa Tim, il governo rimane vigile.

Il futuro di Mediaset è tutto da scrivere. Con tre scenari

Dato l’ultimo saluto al fondatore del gruppo televisivo, per l’azienda e i suoi azionisti è tempo di guardare avanti. Un passo indietro della famiglia Berlusconi al momento non sembra imminente, ma nel medio termine le cose potrebbero cambiare. I segnali della Borsa e i possibili pretendenti in campo. Ma occhio al ruolo che ha il governo​

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