Skip to main content

1) Perseguire la pace. L’abbiamo scritto nel nostro ultimo post. Il percorso per raggiungere la fine del conflitto sarà lungo e complesso. Va lodato l’inizio di questo cammino segnato dal vertice in Alaska e parimenti va apprezzata l’intraprendenza di Trump che sta facendo quello che avrebbe dovuto fare l’Europa. Incontrarsi, parlare, mettere al tavolo i contendenti. Isolare Putin (ma come si fa isolare la maggiore potenza nucleare?) non ha fatto altro che rinfocolare la guerra e allontanare i sentiment della trattativa.

2) Un mediocre diplomatico conoscitore di accordi di ‘pace a terra’ (realistici, pragmatici) sa che dal vertice in Alaska non sarebbe uscito né un cessate il fuoco immediato e neppure sarebbe stata spesa una dettagliata intesa tra Mosca e Kiev. Scremiamo gli auspici fuori misura di Trump, prima degli incontri, che si legano a quel suo modo di fare sbrigativo, presto che è tardi, che lo contraddistingue, rimangono sul tavolo le richieste di Europa e Zelensky. Che sanno di vecchio, di usato per niente sicuro, che andranno per forza calibrate nell’eventuale incontro a tre con il presidente ucraino.

3) Pace giusta, no alla cessione di territori e l’entrata dell’Ucraina nella Nato sono presupposti che andrebbero archiviati sine die. Il riecheggiare di queste richieste prima del vertice in Alaska e la presunzione che da quel vertice uscissero realizzate almeno in parte, era un esercizio di pura fantasia. Ho sentito ex ambasciatori, opinionisti (la rozzezza di quelli russi invitati nei talk italiani è macchiettistica) osservatori sostenere la necessità, verso Putin, di non cedere sul fatto di prendere territori di altre nazioni con la forza. Vero. Ma in una trattiva come quella che c’è da imbastire, immaginare di partire con quell’assioma vuol dire far fallire qualsiasi ipotesi di negoziato. Va valutata la realtà per quella che è, tornare indietro è un azzardo inutile.

4) Si dovrà ripartire da due capisaldi. Uno detto da Trump a Zelensky prima del vertice: preparati a cedere territori. Il secondo detto da Putin in conferenza stampa in Alaska quando ha riconosciuto a Trump che se alla Casa Bianca ci stava The Donald invece di Biden, nel 2022, la guerra non sarebbe iniziata. Dentro l’affermazione di Trump e quella di Putin (fino al primo accordo di pace steso, in Turchia, un mese dopo dall’inizio del conflitto; mentre le pretese prima della guerra sono superate e vanno prese a scalare in vista di un accordo) va ricercato un patto da stendere in modo dettagliato nel prossimo trilaterale con Zelensky.

5) L’atteggiamento, ora, di Europa e Zelensky, che non devono tenere, è quello degli offesi. Di quelli delle speranze deluse. E quindi ricominciare a ripetere fino all’ossessione le solite richieste impossibili. Fatte di passerelle, incontri su incontri, dichiarazioni, dimostrazioni fuori tempo massimo, rilanci, mozioni d’affetto senza armi verso il resistente di Kiev. Bene ha fatto Zelensky dire di essere disponibile da subito a un incontro con Putin. Senza condizioni, richieste e vie elencando. Nel frattempo gli sherpa dovrebbero fare uno sforzo preparatorio in più rispetto al vertice in Alaska per individuare soluzioni pragmatiche per chiudere il conflitto.

6) Se salta il tavolo, per l’Europa si metterebbe male. A quel punto la guerra proseguirebbe. Per il Vecchio Continente vi sarebbe l’obbligo di scendere in guerra a fianco di Zelensky. Non sarebbe più tempo di dichiarazioni di principio dei volenterosi. E senza la sponda degli Stati Uniti i quali staranno alla cassa in attesa che gli europei acquistino armi per conto della NATO da destinare al fronte di guerra. Uno scenario drammatico, dai risvolti imprevedibili e senza limiti temporali certi perché si andrà fino a quando uno dei due contendenti soccomberà.

7) È vero che l’Europa sarà al sicuro soltanto se in grado di difendersi. Ma non sarà mai in grado di difendersi da sola. Sarà sempre necessario l’alleato americano. Inutile star lì a strologare magnifiche sorti e progressive. Il Vecchio Continente rimarrà dipendente dalla sicurezza degli Stati Uniti. Per armi nucleari (sul territorio italiano vi sono 70 testate) e tecnologia (la quantità di satelliti che girano sopra la nostra testa non sono paragonabili alle disponibilità europee).

8) Da non sottovalutare in caso di prosecuzione della guerra lo spostamento oltre misura del baricentro sulla questione ucraina (averne fatto un caso mondiale è stato un errore all’origine) asciugando da un lato molte risorse delle singole nazioni europee verso la causa di Kiev e dall’altro aggravando la situazione economica già precaria degli stati guida del Vecchio Continente, ancora alle prese, l’Italia e la Germania, ad esempio, con i costi dell’energia spropositati.

9) Inoltre vi può essere la reazione elettorale in molti paesi che manderebbero a casa gli attuali governanti in carica che hanno gestito malamente la situazione. Inoltre sarà molto probabile chiedersi fino a quando Zelensky resterà alla guida dell’Ucraina. In caso di prosecuzione della guerra il già fragile consenso del resistente di Kiev verrà sempre meno e non sarà così improbabile un rovesciamento degli equilibri interni.

10) Il consiglio di Trump a Zelensky dopo il vertice in Alaska è di fare un accordo. E’ la saggezza di uno che di compromessi (immobiliari) se ne intende. Da subito accetti di fare un incontro con Putin. E addotti a riferimento un tipico accordo tra ‘mercanti’, dove per principio salteranno fuori dalle trattative entrambi insoddisfatti

Dieci buoni motivi per dire che il vertice in Alaska non è andato poi così male. L’opinione di Guandalini

Il conforto viene dall’evento in sé. Dal fatto che Trump e Putin hanno parlato. Ponendo le basi per un prossimo incontro a tre con Zelensky. Un ottimo risultato anche per l’Europa che ora ha il dovere di non intralciare il percorso complesso della trattativa. Perseguire la pace è l’obiettivo finale. L’opinione di Maurizio Guandalini

Phisikk du role - Trump, Putin, l'Alaska. Mediatori di pace di ieri e di oggi

A favore di telecamere il linguaggio putiniano è apparso più appropriato e in linea con la semantica di un capo di Stato in missione di quanto non sia quello trumpiano. Sembrava addirittura rassicurante e il suo dire razionale. C’è poco da fare: la scuola sovietica aveva un suo che… La rubrica di Pino Pisicchio

Ecco cosa lega l’Indipendenza del 1947 all’India di oggi

Celebrando lanniversario dell’Indipendenza, lIndia ricorda le sofferenze e i sacrifici del 1947, ma guarda soprattutto al futuro. La trasformazione in economia dinamica e attore globale testimonia il successo di decenni di riforme e della scelta di non allinearsi rigidamente.

L’incontro Trump-Putin visto dall’India (nel giorno dell’Indipendenza)

Di Vas Shenoy

Mentre Trump e Vladimir Putin si sono incontrati in Alaska per cercare di raggiungere un’intesa sul futuro dell’Ucraina, e non solo, la più grande democrazia del mondo, l’India, è stata idealmente al loro fianco, nel suo “appuntamento con il destino”

Putin non accetta compromessi, Trump ha ancora le leve per forzare la pace in Ucraina?

Trump e Putin si sono incontrati in Alaska senza trovare un’intesa sul cessate il fuoco, con Mosca che esce rafforzata sul piano simbolico e Washington ora chiamata a decidere se irrigidire la pressione o continuare il dialogo. Il prof. Radchenko rimarca i problemi del vincitore solo apparente, Putin, alla guida di uno stato sotto forte stress sistemico, il monitoraggio di Arcadia mostra un sentiment popolare di fiducia condizionata, con Trump che ottiene però il maggiore ritorno mediatico e politico

Non possiamo regalare la Russia alla Cina. Il summit di ferragosto visto da Arditti

Identificare la Russia solo con Putin e, di conseguenza, con un nemico da isolare, è una semplificazione pericolosa. Se questo approccio diventasse linea d’azione, l’esito sarebbe certo: spingere Mosca tra le braccia di Pechino, consegnando a Xi Jinping un alleato strategico di peso enorme. Non si tratta di minimizzare le responsabilità della leadership russa, ma la politica internazionale è un esercizio di realismo

L'Europa dorme sulla Cina. Il caso MediaWorld e le amnesie della Germania

Nessuno a Berlino come a Bruxelles, per ora, ha battuto ciglio sul blitz cinese su MediaWorld, che colpisce al cuore la grande distribuzione tecnologica europea. In compenso si alzano le barricate su Commerzbank e si mettono sotto tiro le big tech americane. L’economista Torlizzi: l’Ue si svegli sulla Cina e tiri fuori dal cassetto il golden power

Golden Dome, ecco come funzionerà lo scudo spaziale di Trump. I dettagli

La Difesa statunitense ha svelato quale sarà l’architettura operativa del Golden Dome, lo scudo spaziale e missilistico voluto da Trump. Strutturato su quattro livelli, integrerà sensori spaziali, intercettori terrestri e reti di comando avanzate. Il progetto coinvolgerà tutti i principali colossi della difesa Usa e servirà a schermare il continente nordamericano da minacce balistiche e ipersoniche

Accordo sul gas tra Israele e Azerbaigian. Cosa può cambiare nel Mediterraneo

Accordo sul gas offshore tra Israele e l’azera Socar, modello di alleanze che può dare cenni di stabilità in un contesto al contempo strategico e altamente permeabile alle influenze esterne

quinto piano disinformazione

Nuove restrizioni a Whatsapp e Telegram. Il Cremlino rafforza il controllo su internet

Il Cremlino rafforza il controllo su internet limitando le chiamate vocali su WhatsApp e Telegram e chiedendo accesso ai dati degli utenti. L’iniziativa segue altre restrizioni introdotte dal 2022, compreso un nuovo reato per chi cerca contenuti vietati, e rilancia il dibattito su censura e sorveglianza digitale in Russia

×

Iscriviti alla newsletter