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C’è una via d’uscita dallo stallo messicano fra Matteo Salvini e Giorgia Meloni che da mesi tiene fermo il Copasir, il comitato parlamentare di controllo dei Servizi. Parola di Enrico Borghi, deputato e responsabile Sicurezza del Pd, componente di lungo corso dell’organo bipartisan a Palazzo San Macuto.

Borghi, come se ne esce?

Con un’iniziativa politica. Il Copasir non può diventare oggetto di scambio né una prova di forza nel centrodestra.

Ma è già così. Enrico Letta ha parlato: la presidenza spetta a Meloni.

Esatto, siamo in una situazione paradossale. Oltre a Fdi, siamo l’unico partito che ha sottolineato la questione della presidenza. Forza Italia è spaccata in due, Italia Viva avalla lo status quo, i Cinque Stelle restano in silenzio.

Voi cosa proponete?

Una soluzione molto concreta. Il governo ci ha preannunciato l’arrivo imminente al Copasir di uno strumento normativo per la nascita del centro nazionale di coordinamento sulla cybersecurity, iniziativa che come Pd caldeggiamo. Quella può essere la sede per affrontare sul piano normativo la questione della presidenza e della composizione del comitato.

Michele Ainis ha detto a Formiche.net che basta una settimana.

Concordo, infatti manca solo la volontà politica. In un governo senza formule partitiche la maggioranza non si riunisce spesso e manca un canale diretto di confronto con l’opposizione. Ci sarebbe la conferenza capigruppo, ma i presidenti di Camera e Senato hanno scelto di non essere proattivi. E aggiungo una cosa.

Prego.

Se sulla vicenda del Copasir c’è una grande pressione su FdI, vige il silenzio più assoluto su altre due presidenze che, da Costituzione, spetterebbero all’opposizione: la vigilanza Rai e la giunta delle elezioni al Senato…

Non è che è scoccata la scintilla fra Letta e Meloni?

Ma no, noi ci illudiamo di creare una democrazia dell’alternanza, e vogliamo evitare un pericoloso precedente: domani potremmo starci noi all’opposizione. Chiediamo, soprattutto che si rispetti lo spirito della Costituzione e si ridia all’opposizione la guida del comitato. Con l’agenda che abbiamo sottomano non possiamo permettere che lo stallo prosegua.

Quale agenda?

C’è la questione libica, dai pescatori italiani sequestrati a Bengasi alla recente aggressione di un peschereccio italiano. Poi la sicurezza cyber, gli attacchi alle infrastrutture italiane, la minaccia di attori da Cina, Russia, Iran. Non sono questioni che riguardano un ristretto circolo di accoliti.

Domani sentite il direttore generale del Dis Gennaro Vecchione per il caso Renzi-Report. Cosa non vi torna di quell’incontro in Autogrill con Marco Mancini?

Una premessa: il Copasir non è la Santa inquisizione né il luogo dove bisogna rendere conto delle proprie agende.

Ma?

Vogliamo capire sulla base di quale protocollo alti dirigenti dei Servizi si interfacciano con le responsabilità istituzionali del nostro Paese. Se, nel silenzio della normativa, esiste un regolamento interno al comparto che regola questi incontri. Se, infine, si tratta di attività programmate e autorizzate. In questo caso, nulla quaestio.

Renzi è pronto all’audizione. Sospetta che il video dell’incontro non sia stato girato da una semplice passante. Parlerete anche di questo con Vecchione?

Certo, le questioni sono collegate. Un’attività di dossieraggio o registrazione da parte di apparati nei confronti di qualsivoglia parlamentare non sarebbe accettabile.

Salvini dice che con i dirigenti dei Servizi ci parla di continuo.

Non mi sorprende, è un ex ministro dell’Interno, così come Renzi è un ex premier. Ripeto, dobbiamo capire se sono attività che rispondono a un controllo e una pianificazione dei vertici delle agenzie o iniziative unilaterali.

Al Copasir ci sarà un revival del governo giallorosso. Tornano Conte e Casalino, perché?

Parleremo di Libia, del caso dei pescatori sequestrati, della loro liberazione. Dall’audizione con il generale Caravelli, direttore dell’Aise, sono emerse questioni che vanno chiarite.

A proposito di Conte, con Letta il feeling è a metà. A Roma il passo indietro di Zingaretti non spiana la strada alla Raggi?

Niente affatto. Roberto Gualtieri è una figura di altissimo profilo, perfettamente in grado di rilanciare la capitale italiana. Per la Raggi parlano i fatti. Siamo convinti che il Pd vincerà al primo turno. Al ballottaggio ci auguriamo che chi si sente alternativo a questo centrodestra converga sul nostro candidato.

E se succede il contrario? Voterete Raggi?

Non succederà.

Come Zingaretti, anche Letta continua a cercare un’alleanza organica con i Cinque Stelle, dai comuni alle regioni. Voi riformisti vi siete sempre opposti. Avete cambiato idea?

C’è una discontinuità fondamentale fra il modello Bettini e il modello Letta. Il primo faceva dei Cinque Stelle l’architrave di un nuovo centrosinistra, noi iniziamo a costruirlo e ci apriamo al confronto, è diverso. Riteniamo che Conte sia ancora un punto di convergenza. Prima però deve dimostrare di riuscire a governare il suo movimento.

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