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Non c’è dubbio, Matteo Renzi resta uno dei pochi politici in campo, nel senso pieno, vero, della parola. L’ultimo rappresentante di quello che i francesi chiamano, in onore del suo più illustre conterraneo, le florentinisme. Per quanto dica che sono stati motivi politici, e non personalistici, a muoverlo, la verità è che quei motivi politici si sono incontrati sulla sua strada coi primi e lui ne ha approfittato alla grande. E per l’Italia è un bene. Per Giuseppe Conte, invece no.

Il presidente del Consiglio uscente, che ha senza dubbio la dialettica dell’avvocato e l’affabilità dell’uomo di mondo, di fronte a questa forza toto politica era difficile che la spuntasse. Nonostante Conte partisse enormemente avvantaggiato, e nonostante che nelle sue mani Renzi avesse una sola carta in mano e il rischio che col suo azzardo perdesse tutto era notevole. Ma si sa, la fortuna aiuta gli audaci. E dopo un mese e più da quella fatidica notte del 4 dicembre, quando Conte tentò il “colpo grosso” dell’avocazione a sé del Recovery Fund, ad oggi, con i suoi sì e con i suoi no, Renzi ha usurato poco alla volta l’immagine del premier.

Da una parte, mettendo ancora più in risalto tutte quelle incongruenze che prima generavano, da parte dell’opinione pubblica e delle forze stesse della sua maggioranza, solo qualche non esplicitato mal di pancia; dall’altra, corrodendone l’immagine fin quasi a farlo apparire agli occhi di molti, anche di chi prima lo lodava, un banale “mercante in fiera”. Concetto ribadito oggi, con il colpo finale: fra le righe ha detto di essersi sentito nel pomeriggio con lui, facendo capire che l’intransigenza del “mai più con Renzi” era crollata. Veti sul Conte ter? No, per carità. A questo punto non ce ne era più bisogno. Conte era, è, completamente intrappolato. E solo forse un padre Pio potrà farlo uscire dalla gabbia ove lui stesso si è messo.

Ha vinto Renzi, allora? Sì, sembra, ma è poco importante da un punto di vista metapolitico. Quel che conta è che, per interesse certo, ma da oggi si torna a parlare di politica: di problemi veri, concreti, di realtà e non di comunicazione. Più Bellanova (impeccabile nel suo breve intervento) e meno Casalino. E tutti ne dovranno prendere atto: da Nicola Zingaretti, la cui immagine pure ne esce offuscata per aver subito il gioco e non essere mai stato parte attiva, alla destra, che anche essa dovrà iniziare a fare politica se vuole uscire dallo stallo in cui è.

Discorso che però non vale per Silvio Berlusconi, che fiorentino non è ma i giochi li sa fare anche lui alla grande. E anche lui è rientrato in partita, quasi come “padre della Patria” (e sicuramente “padre putativo” di Renzi).

Come finirà non è dato sapere. Tutto è possibile. Molto dipenderà da quello che succederà ora in casa grillina. Ma, rimessasi in moto la politica, anche lì forse si comincerà a ragionare. La rivincita della politica è, comunque una buona notizia. Non è merito di Renzi, ripeto a scanso di equivoci, ma Renzi è stato l’uomo della provvidenza che ha rimesso le cose sul giusto binario. Per fortuna l’Italia non è ancora un “Grande Fratello”, ma la strada è in salita per il Paese e il difficile comincia ora. In tutti i sensi.

Conte è in trappola. Renzi, o della rivincita della politica. La bussola di Ocone

La rivincita della politica è, comunque, una buona notizia. Non è merito di Renzi, ma il politico fiorentino è stato l’uomo della provvidenza che ha rimesso le cose sul giusto binario. Per fortuna l’Italia non è ancora un “Grande Fratello”, ma la strada è in salita per il Paese e il difficile comincia ora. In tutti i sensi

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