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A forza di gridare “al lupo”, il lupo arriva. Da spettro agitato per alzare la posta al tavolo della crisi, il voto anticipato inizia davvero a prendere forma. Sarà per le veline che continuano a filtrare dal Quirinale, con il presidente Sergio Mattarella a far capire che, piuttosto che assistere in piena pandemia a un mercato delle vacche di ministri e ministeri, rimpasti e rimpastini, meglio ridare la parola agli italiani.

Sarà perché anche Giuseppe Conte ha un punto di rottura. E nonostante la retromarcia a parole, quel post su Facebook che apre timidamente alla trattativa con Italia Viva, forse sta prendendo in considerazione il piano B: andare a vedere le carte di Matteo Renzi con un ritorno alle urne.

Difficile dire con certezza dove finisce lo spin e dove invece inizia la tattica. Di certo Renzi ha fiutato l’irritazione di Palazzo Chigi. In tv, presente un giorno sì e l’altro pure, scongiura l’ombra delle elezioni, “se Conte non ha i numeri, c’è un altro governo”. Nelle chat private con i suoi, si canzona il premier-avvocato che, con il voto, torna a “fare le lezioni”. Fioccano video divertiti di Conte che tesse le lodi dell’amico Trump, ai tempi gialloverdi.

È solo un bluff? A insinuare il dubbio, su twitter, c’è l’azzurro Gianfranco Rotondi, il diccì che a giorni alterni finisce nel totonomi del presunto “partito di Conte”, cioè il manipolo di onorevoli pronto a soccorrere il premier in Parlamento, qualora ve ne fosse bisogno. “Conte ha scelto le elezioni, come avevo previsto. E ora non vi convincete pure voi che sono nel suo partito. Semplicemente prevedevo che se a uno punti la pistola alla tempia, se può te la gira e spara”.

La misura è colma, spiegava pochi giorni fa su Formiche.net un accorto notista politico come Marcello Sorgi, ex direttore de La Stampa e del Tg1, che ha definito “uno sfogo sincero” quello di Conte nella conferenza stampa di fine anno, quando, dicendosi disposto a contare i voti in Parlamento, “ha sfidato i partiti della sua maggioranza a viso scoperto”.

Il partito del voto, a giudicare dalle uscite mirate a mezzo stampa, si fa strada soprattutto nel Pd. Dal Nazareno il messaggio non poteva arrivare più chiaro: a tutto c’è un limite, Renzi avvisato.

Perfino Goffredo Bettini, il papà del governo rossogiallo e tra i più fedeli avvocati del premier, non esclude la fine della legislatura, “se qualcuno vuole rompere verifica in Parlamento e in caso elezioni”. Rincara il capogruppo alla Camera Graziano Del Rio, sul Corriere della Sera: “È sciocco pensare che, in una situazione di così forte fibrillazione, non possa scapparci l’incidente che porta al voto anticipato…”.

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