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Una Difesa europea che rafforzi la Nato: è questo l’approccio “più intelligente” che “sarà apprezzato anche dalla prossima amministrazione degli Stati Uniti. Parola di Lauren Speranza, direttrice per “Transatlantic Defense and Security” presso il Center for European policy analysis (Cepa), basato a Washington, che Formiche.net ha sentito per commentare il rapporto Nato2030. Presentato martedì scorso ai ministri degli Esteri, è stato redatto dal Gruppo di riflessione nominato dal segretario generale Jens Stoltenberg: dieci esperti, tra cui l’Italia Marta Dassù (qui il suo racconto), co-presieduti dall’ex ministro tedesco Thomas de Maizière e dall’americano Wess Mitchell, co-fondatore del Cepa. Una task force nata per assorbire le critiche sollevate da Emmanuel Marcon sulla sua “morte cerebrale”, oltre al rischio di strappo con la Turchia sul tema S-400 e le rimostranze di Donald Trump sul fatidico 2% del Pil da destinare alla Difesa.

MORTE CEREBRALE?

Ma il rapporto ha smentito il presidente francese? “Non ne ha ignorato le critiche; piuttosto, la sua realizzazione di successo ha inviato di per sé un messaggio chiaro: la Nato non è cerebralmente morta”, spiega l’esperta del Cepa. In altre parole, “il rapporto riconosce che l’adattamento politico è la linfa vitale dell’Alleanza, un requisito fondamentale per la sua sopravvivenza”. E ora? “Ora ci vuole uno sguardo attento sulle aree su cui la Nato dovrà lavorare seriamente per preservare la sua unità e restare rilevante in un mondo sempre più conteso, formulando dunque raccomandazioni concrete su come farlo”. Intanto, il primo segnale è già un rapporto di 67 pagine redatto da dieci esperti con sensibilità molto diverse tra loro. “Il fatto che sia un rapporto basato sul consenso – ha spiegato Speranza – è un segnale potente”.

TRA LE DUE SPONDE DELL’ALTANTICO

Tra i temi più delicati, come ha ammesso anche Marta Dassù, i rapporti tra Nato e Unione europea, soprattutto a fronte delle nuove ambizioni dell’Ue sul fronte della Difesa. Ambizioni spesso viste da Washington con scetticismo, considerando i rischi di duplicazione e sovrapposizioni, nonché l’ipotesi che alla base possa esserci l’interpretazione radicale (alla francese) del concetto di autonomia strategica. Sul fronte dei rapporti tra Nato e Ue, ha rimarcato Speranza, “il rapporto sottolinea la necessità di un maggiore impegno e di un ulteriore lavoro a livello politico, invitando i leader a procedere in tal senso”.

LA COOPERAZIONE TRA UE E NATO

“Sebbene siano stati compiuti molti progressi a livello di staff – ha aggiunto l’esperta – è necessario istituzionalizzare questo coordinamento con processi e obiettivi finali più chiaramente definiti”. Difatti, il rapporto Nato2030 “sottolinea alcune aree che richiedono una maggiore cooperazione tra l’Alleanza e l’Unione, comprese le tecnologie emergenti e dirompenti, le capacità di difesa, la mobilità militare e il rafforzamento della resilienza”. Non solo. “Anche su Cina, minacce ibride e sicurezza climatica, che dovrebbero essere in cima alla lista”.

QUALE AUTONOMIA STRATEGICA?

E sul concetto di “autonoma strategica”, al centro di un recente botta-e-risposta tra Emmanuel Macron e la ministra Annegret Kramp-Karrenbauer, il rapporto propende chiaramente per l’interpretazione tedesca. Nato2030, nota Speranza, “sottolinea giustamente che i maggiori sforzi della Difesa europea e l’Alleanza transatlantica non devono necessariamente escludersi a vicenda”. C’è una presa di posizione chiara: “Il gruppo di riflessione afferma che le iniziative di Difesa europea dovrebbero essere accolte con favore, a patto che siano realizzate in modo da rafforzare la Nato”. Una prospettiva corretta? “Penso – ha concluso l’esperta del Cepa – che questo sia l’approccio più intelligente e penso che la prossima amministrazione statunitense lo apprezzerà”.

Nato2030? L'Alleanza è viva e vegeta. Parla Lauren Speranza (Cepa)

Conversazione con Lauren Speranza, direttrice per “Transatlantic Defense and Security” presso il Cepa di Washington, sul rapporto Nato2030: “Certifica che la Nato non è cerebralmente morta”. Certo, c’è da fare di più, ad esempio sulla collaborazione con l’Ue. E sulla autonomia strategica…

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