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Abbiamo imparato a conoscerlo sin dagli inizi dell’emergenza sanitaria in atto e, da allora, è divenuto parte integrante dell’organizzazione di molte realtà imprenditoriali: lo smart working, o lavoro agile come propriamente definito dal legislatore nella L. n. 81/2017, ha assunto la veste, nel corso di questi mesi, dello strumento emergenziale per eccellenza, oggetto di forte incentivazione da parte del nostro legislatore (sino a tradursi in certi casi in un vero e proprio obbligo) al fine di limitare le possibilità di contagio da Covid-19 e, allo stesso tempo, evitare il completo blocco delle attività produttive in un momento già di per sé delicato per l’economia nazionale. L’interrogativo che, inevitabilmente, oggi occorre porsi è se lo smart working, da strumento pressoché emergenziale, possa tramutarsi in una best practice di successo una volta che l’emergenza sanitaria potrà dirsi cessata.

Non vi è dubbio come il lavoro agile comporti cospicui vantaggi alle imprese, non solo in termini di aumento della produttività della forza lavoro, ma anche e soprattutto dal punto di vista economico: infatti, tale nuovo modello organizzativo, se implementato tramite procedure e strumenti di lavoro adeguati, permetterà nel futuro alle imprese non solo un abbattimento dei costi di affitto degli uffici, ma altresì di posti auto, utenze, mense aziendali, buoni pasto ed infrastrutture tecnologiche. Dati qualificati attestano che la riduzione dei costi sugli spazi fisici si aggira intorno al 30% circa per ogni azienda, sino ad un risparmio medio di 10mila euro all’anno per ogni lavoratore a tempo pieno in smart working.

È pur vero che il lavoro agile propriamente inteso è ben diverso da quanto abbiamo potuto sperimentare in questi mesi, in modalità nettamente semplificata: infatti, come noto, la decretazione emergenziale ha previsto l’accesso allo smart working a prescindere dall’accordo individuale tra datore di lavoro e lavoratore, perno, al contrario, della normativa in materia dettata dalla L. n. 81/2017. Va da sé come l’inevitabile massiccio ricorso al lavoro agile che seguirà una volta cessato lo stato di emergenza comporti un ripensamento delle modalità di ricorso allo smart working disposte dalla legge citata, a partire dalla centralità dell’accordo individuale tra datore di lavoro e lavoratore, non a caso derogata dalla normativa emergenziale.

Infatti, la L. n. 81/2017, oltre a definire il lavoro agile quale modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, si limita a delegare all’accordo tra datore di lavoro e lavoratore la definizione di molteplici aspetti relativi al concreto svolgimento della prestazione da remoto, quali, ad esempio, le modalità di esercizio del potere direttivo, di controllo e disciplinare del datore di lavoro, i tempi di riposo del lavoratore nonché le misure tecniche ed organizzative necessarie ad assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro. È evidente come tale impostazione, volta a qualificare l’accordo in materia di smart working quale fulcro della disciplina in materia, dovrà essere rivista a favore di un maggior coinvolgimento della contrattazione collettiva, la quale è auspicabile venga chiamata in causa dal legislatore al fine di definire un quadro regolatorio comune alle imprese di un determinato settore.

In tal modo, i datori di lavoro potrebbero avere accesso al lavoro agile in tempi più rapidi ed in modalità pressoché semplificata laddove l’accordo individuale si limiterebbe a recepire quanto già definito dalla contrattazione collettiva. Se l’impianto definito dalla L. n. 81/2017 ha sino ad oggi retto in un contesto ove il ricorso al lavoro agile era pressoché sporadico, una volta che lo stato di emergenza cesserà e con esso la modalità semplificata di attivazione prevista dalla decretazione emergenziale, si rivelerà impellente un intervento riformatore del legislatore che sappia predisporre a favore delle imprese uno strumento concretamente accessibile in grado di assicurare sul lungo periodo quei cospicui vantaggi già sperimentati nel corso dell’emergenza.

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