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Si scaldano gli animi sulla rete 5G. Huawei, gigante tech cinese nel mirino degli Stati Uniti in corsa per fornire la rete di ultima generazione anche in Italia, fa sapere di averne abbastanza di “illazioni infondate”.

“Siamo fermamente convinti che la sicurezza e lo sviluppo dell’Italia digitale debbano essere supportati da un approccio basato su fatti – fa sapere in una nota il ramo italiano dell’azienda di Shenzen – Siamo impegnati a contribuire allo sviluppo digitale del Paese, anche in questa difficile fase, con tecnologie, impiego, risorse, sia in modo diretto che indiretto, attraverso la catena di fornitura dei nostri partner. Sicurezza, trasparenza e rispetto delle regole sono gli elementi fondamentali che ci hanno garantito la fiducia di operatori di telecomunicazioni, imprese e consumatori”.

Il tempismo del comunicato non è casuale. Da giorni si inseguono voci su un cambio di passo del governo italiano sulla partita del 5G. Che il dossier sia finito di nuovo in cima all’agenda di Palazzo Chigi lo dimostra lo scontro interno al Cdm di lunedì sera sul Decreto semplificazione, quando, a quanto risulta a Formiche.net, la squadra di ministri Dem, e su tutti il ministro della Difesa Lorenzo Guerini e il ministro degli Affari europei Enzo Amendola, ha chiesto di esercitare i poteri del golden power sulla fornitura di tecnologia da parte di Huawei a Tim e Windtre.

L’uscita pubblica di Huawei è spia di un crescente nervosismo su una partita ancora apertissima. Come è noto i Cinque Stelle, su tutti il ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli, sono contrari a un’esclusione dei player cinesi dalla rete, auspicata invece dal Copasir in un rapporto pubblicato a dicembre. Del tema, stando a indiscrezioni, avrebbero parlato nel lungo incontro di tre ore a Palazzo Chigi il premier Giuseppe Conte e il presidente della Casaleggio Associati Davide Casaleggio (definito in un tweet al vetriolo dell’ex candidata repubblicana al Congresso DeAnna Lorraine “il capo lobbista di Huawei”).

L’accelerazione è anche figlia del contesto internazionale. Il premier inglese Boris Johnson starebbe per annunciare un clamoroso dietrofront sul 5G, mettendo al bando provider cinesi come Huawei e Zte dopo aver limitato loro solo la parte “core” della rete (e concesso l’accesso al 35% della parte non-core). La retromarcia di Londra fa esultare Washington DC ma suona anche un campanello d’allarme per l’Europa, che ora non può più decidere di non decidere.

In Italia il dossier è tornato al centro del dibattito politico, con un Pd sempre più intenzionato a seguire le orme del governo inglese e un Movimento intenzionato a prendere tempo. C’è comunque aria di una presa di posizione imminente cui non potrà sottrarsi il premier-avvocato, e il monito di Huawei a Palazzo Chigi ne è un segnale eloquente…

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