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Nel nome di don Sturzo. Un antidoto al populismo dilagante, un distillato di concretezza e visione politica. Un’inversione di paradigma per lo scenario partitico attuale. Una “piattaforma” che mira a “superare il bipolarismo” che ha “giocato sulla paura delle persone, portando a forti tensioni sociali e all’astensionismo”. La vicesegretaria e portavoce di Azione, Mariastella Gelmini, scandisce le parole soppesandole una a una. L’occasione è la presentazione del manifesto “Per una buona politica popolare, non populista”, organizzata questa mattina al Senato. Un’iniziativa “alla quale lavoriamo da oltre un anno”, riprende l’ex ministra, e che rappresenta la sintesi di un lavoro corale.

Al tavolo, oltre a Gelmini, hanno preso parte anche la presidente di Azione, Mara Carfagna, la docente Emma Fattorini, il consigliere comunale milanese Carmine Pacente e l’ex ministra, recentemente fuoriuscita da Italia Viva, Elena Bonetti.

“Questo manifesto – puntualizza Carfagna – non ha nulla di astratto, né ideologico. È una piattaforma valoriale che indica una strada per rilanciare il ruolo della politica popolare in Italia, sulla base dei principi fondanti del popolarismo. Il nostro impegno è volto a rafforzare e ricostruire quell’anima popolare che in Italia si è indebolita, complice anche la perdita di mordente di Forza Italia a partire dal 2018”. In termini pratici, la politica popolare si traduce in “azioni nette e chiare, ma che non soffia sulle paure delle persone. Vanno invece spiegati i problemi, nella loro complessità, alle persone”. Sul piano internazionale, occorre ribadire la consapevolezza che “in questa fase l’interesse nazionale si persegue rafforzando il legame con l’Europa”. Scendendo nel concreto, Carfagna dice a chiare lettere che “la realizzazione del piano Mattei dipende strettamente dal sostegno che riceveremo dall’Europa. Sennò, sarà destinato a rimanere lettera morta”.

Il richiamo al superamento della “staticità del bipolarismo” arriva da Elena Bonetti. “Ci sono sfide importanti che ci attendono – così l’ex ministra – . E, a mio modo di vedere, le soluzioni si potranno individuare solo attraverso il metodo popolare, nella sua accezione originaria”. Di qui l’accenno al nodo sulle riforme costituzionali. “I popolari – prosegue – cercano soluzioni condivise, di sintesi, basate sul dialogo che tenga conto delle diverse sensibilità. Occorre rifuggire dal leadersimo autoreferenziale”.

A Emma Fattorini è riservato l’excursus storico sulla tradizione popolare, nel nome della “sussidiarietà” e della politica “fatta di competenza”. Ma al contempo la tradizione popolare come antidoto “all’avanzata di pericolosi movimenti neo nazisti, come Afd in Germania, e più in generale come antidoto al populismo”.

A proposito di dimensione europea, è Gelmini che muove un rilievo al governo: “Abbiamo riscontrato un forte orientamento atlantista, ma sull’europeismo non vediamo passi avanti”. Ed ecco che il concetto di “argine ai populismi” viene ripreso anche dall’ex ministra.

Ma popolarismo significa, prima di tutto, lavorare con i territori. Su questo il richiamo di Pacente è molto chiaro. “Dobbiamo lavorare affinché si eviti di mortificare l’approccio territoriale – scandisce -. I comuni sono il punto di riferimento dei territori e delle comunità, oltre a essere un fortissimo elemento di coesione. Sulla base di questi principi si incardina l’azione politica dei popolari”.

Non poteva che essere dell’ex segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, la chiosa sul manifesto popolare. Le sue parole, che richiamano i valori autentici della dottrina sturziana, sono in qualche misura un appello a “coloro che si rifanno anche all’umanesimo”. L’iniziativa del manifesto è “particolarmente positiva” perché sottolinea la necessità di “tornare ad aggregare i popolari”. Nel segno della “partecipazione”. Un ruolo, quello dei popolari in politica, che il sindacalista ritiene centrale a maggior ragione in questo momento storico. “I popolari restituiscono forza alla politica e alla democrazia perché, più di tutti, mettono al centro la persona”.

Gelmini, Carfagna e Bonetti scommettono sul popolarismo. Ecco il manifesto

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