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Il fallimento di qualsiasi possibilità finora di migliorare il livello, l’efficienza, direi anche la dignità della politica italiana è stato accompagnato da un progressivo deteriorarsi della comunicazione politica. Questo vuol dire che il modo con cui i politici si rivolgono ai cittadini per raccontare quello che fanno o che hanno intenzione di fare per ottenere il loro consenso, le cose che dicono, come le dicono, il loro stile, il loro linguaggio, gli argomenti su cui puntano, la maniera con cui criticano e attaccano gli avversari sono diventati sempre più scadenti e inquietanti e hanno assunto dei caratteri tendenzialmente comuni, anche se non a tutti.

Chiamo mala comunicazione questa neo comunicazione che accompagna il sopra citato nuovismo politico e che sta dilagando. Ma prego gli eventuali lettori di considerare per tutto il libro questa espressione come una definizione tecnica che inquadra un fenomeno e non come un giudizio dispregiativo. La questione è centrale, perché oggi il confine tra politica in senso stretto e comunicazione è molto sottile: le due cose si condizionano a vicenda in maniera tale da rendere quasi impossibile scinderle. E l’aspetto puramente comunicativo ha comunque assunto un’importanza e un peso tuttora crescenti nell’indirizzare gli sforzi e le decisioni dei politici Cosa intenda per mala comunicazione penso e spero risulti comprensibile da quello che racconto nel libro.

Prima di provare a darne qui un’idea sintetica preliminare elencandone i caratteri più significativi, premetto che oggi per comunicazione politica dobbiamo intendere l’operato di tre soggetti: i politici che comunicano e si comunicano (e si comportano in un certo modo, il che è certamente una forma di comunicazione e particolarmente importante). I media che fungono da cassa di risonanza o da influenzatori, non di rado condizionati dalle loro posizioni politiche, dalle loro necessità economiche, non da ultimo dalla loro maggiore o minore correttezza e dalla loro maggiore o minore capacità professionale. I cittadini che, soprattutto utilizzando le nuove tecnologie della rete, sono non solo recettori eventualmente reattivi ma essi stessi creatori del messaggio: il loro messaggio, nel bene e nel male, pesa, influenza, modella la realtà e quindi anche la politica.

I tre soggetti acop baiocchigiscono come in un gioco di specchi con continui rimandi l’uno all’altro. Torniamo alla mala comunicazione e ai suoi caratteri più significativi: La mala comunicazione rompe con il modo prevalente di comunicare nelle democrazie avanzate nel secondo dopoguerra, ivi compresa la prima repubblica in Italia. È espressione di una fase politica nuova, ne è la parte più visibile, e si configura come una vera e propria neo comunicazione politica, così come gli atteggiamenti e i comportamenti politici da cui scaturisce costituiscono essi stessi una sorta di ostentato nuovismo politico. Nuovismo e neo comunicazione vengono adottati, per affermarsi, soprattutto ma non solo da alcune parti politiche anch’esse nuove nel panorama occidentale. Vengono in misura variabile adottati anche dalle forze politiche tradizionali, o comunque più ispirate a una mentalità istituzionale, nel tentativo di difendersi e di mantenere i consensi. È quel tipo di strategia che nella comunicazione di marketing viene chiamata me too, lo faccio anche io.

La mala comunicazione è strategicamente basata sul rifiuto dell’analisi e del ragionamento; sulla semplificazione, alle volte così estrema e radicale da diventare deformazione e mistificazione; sull’esagerazione; sulla teatralità e platealità; sulle affermazioni apodittiche; sulle affermazioni talvolta infondate; sulle così dette leggende metropolitane; talvolta sulle vere e proprie invenzioni o bugie, che oggi si chiamano fake news. È attentissima alle paure, alle ansie. Quando serve, le alimenta. Ha come parola d’ordine quasi sacralizzata il cambiamento. Vorrei far notare che tutte le forze politiche, paradossalmente anche quelle che governano, si proclamano paladine del cambiamento perché è una richiesta continua che viene dall’opinione pubblica.

E qui si verifica un paradosso clamoroso: se esaminiamo con attenzione questa volontà di cambiamento che è sulla bocca di tutti, scopriamo che si tratta spesso di volontà di cambiare la classe politica con il fine di difendere le cose come sono, nel timore che ci vengano tolte, o di recuperare le cose come erano prima, lo stato sociale come era prima, le pensioni come erano prima, le prerogative alle volte anche corporative che c’erano prima. Si chiede quindi continuamente un cambiamento che significa mandare a casa i politici per conservare o restaurare un certo modo di funzionare dello Stato e un certo assetto sociale, messi in discussione dalla crisi economica, dalla grande forza acquisita dai poteri finanziari e dai pessimi conti pubblici. Considera, per lo meno lo ha fatto fino a ora e continua a farlo, le indagini giudiziarie a carico degli altri come il principale strumento di lotta politica. È impudentemente doppiopesista quando le indagini toccano la propria parte. Fa continuamente allusioni sui comportamenti altrui. Cavalca subito avvisi di garanzia o anche semplici sospetti cercando di arrivare rapidamente a condanne mediatiche. Insiste anche se i sospetti si rivelano infondati o, peggio, dolosamente messi in piedi. A suo dire lei sola fa informazione corretta. I media, a parte quelli vicini e sostenitori, sono cialtroni, servili, venduti. I giornalisti possono quindi in tutta coscienza essere minacciati (o come abbiamo ascoltato recentemente, vomitati). Vagheggia tribunali del popolo per valutare l’operato della stampa.

Un suo pilastro portante è costituito dall’affermazione ripetuta senza sosta che i politici sono ladri contrapposta all’onestà di chi proclama che i politici sono ladri. È offensiva, sarcastica, aggressiva. Ha modi e linguaggio, in misura maggiore o minore a seconda dei vari attori politici, strategicamente, consapevolmente sguaiati e volgari, fino all’insulto, all’ingiuria dispregiativa stile squadracce fasciste o agli epiteti in stile comunismo staliniano da verbali dei processi di Praga. Nei confronti del nuovismo politico e della mala comunicazione il resto sembra vecchio, obsoleto, poco vigoroso. Fa calare l’audience e la curva dell’attenzione. Il resto è una vile sottomissione ai poteri forti, alla finanza, ai banchieri. La mala comunicazione sembra esprimere quindi la modernizzazione delle prassi politiche.

(Estratto dal volume di Angelo Baiocchi, Comunicazione e politica. Guida moderna per cittadini sbandati e politici allo sbando, Edizioni Ponte Sisto, pp. 296, euro 16.50)

comunicazione, politica

La "mala comunicazione politica" spiegata da Angelo Baiocchi

Di Angelo Baiocchi

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