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Lo stesso modello, ma più economico. Tesla cerca di rimediare a un problema strutturale per centrare l’obiettivo iniziale. Il vulnus è che la macchina elettrica più venduta, la ModelY, non è più così venduta quando il fine ultimo era di renderla l’utilitaria del XXI secolo, con 20 milioni di auto messe su strada entro i prossimi dieci anni. Per essere meno ambiziosi, per l’azienda era importante che diventasse una vettura alla portata di tutti. Ma così non è, o almeno non ancora. Il motivo è semplice e lo ribadiva lo stesso Elon Musk a luglio: “Il desiderio di acquistare l’auto è molto alto, solo che le persone non hanno abbastanza soldi sul conto in banca per comprarla. Quindi, più conveniente riusciamo a renderla, meglio è”. Così il nuovo modello costerà un po’ meno, circa il 10%, e dovrebbe essere sotto la soglia dei 30.000 dollari.

L’annuncio del suo arrivo sul mercato è arrivato tramite social network nel fine settimana. Due video, con la data del 7 ottobre, lasciavano intendere che ci sarebbero state novità molto presto. E, come riferisce Reuters, potrebbero non essere le uniche. Tesla infatti vuole lanciare anche una versione economica della sua berlina Model 3.

Dietro il rallentamento ci sono diverse ragioni. Da una parte, l’azienda automobilistica si è concentrata su altro negli ultimi anni. Robot umanoidi e robotaxi su tutti, e quindi sulla guida autonoma. Ma questo è il micro problema. Quello macro deve essere legate alle tendenze internazionali. Il mercato di Tesla sta subendo la concorrenza in Europa e soprattutto in Cina, quando un tempo erano i suoi punti di riferimento oltreconfine.

Ora non è più così. Per quanto riguarda l’Europa, la causa è soprattutto la politicizzazione di Musk, che schierandosi apertamente con Donald Trump si è giocato una fetta importante di clienti. Per la Cina invece il discorso è diverso. Per anni i cinesi hanno accolto Tesla con i tappeti rossi, ma per studiarla meglio da vicino e capirne il successo. Una volta compreso, sembrano superarla. Pechino sta adottando una politica molto chiara, soprattutto per il comparto tecnologico: emulare le aziende straniere (alias, americane) per poi affidare tutto a quelle nazionali.

Il risultato è che le esportazioni di strumenti elettronici cinesi hanno raggiunto livelli record, proprio grazie a batterie e auto. A sottolinearlo è Axios, che ad agosto segnalava un +26% di vendite delle auto e un +23% di quelle sulle batterie rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Oltre la metà sono andate soprattutto nei paesi emergenti, a conferma di come anche le auto sono un’arma di soft power.

A spiegare questa tendenza c’è soprattutto l’approccio che hanno Cina e Stati Uniti. Mentre Pechino spinge sul settore dell’elettrico, Washington al contrario chiede agli alleati di acquistare più gnl e petrolio americano. Riducendo, al contempo, i sussidi per l’economia verde.

Tesla for the people. Perché Musk abbassa il prezzo della Model Y

La ragione principale è di contrastare il calo delle vendite dell’auto più usata dai clienti, dovuto alla concorrenza in Europa e Cina. Ma dietro tutto questo c’è un problema strutturale. Pechino investe da tempo nell’elettrico e adesso sembra superare l’America, più concentrata sugli idrocarburi

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