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È stata un successo o un fallimento? Nella capitale Usa è possibile ascoltare entrambe le versioni. È vero che su dossier come Iran e cambiamenti climatici le distanze fra Eliseo e White House appaiono immutate, e quindi distanti. Nonostante questo però la dichiarazione di special relationship, per quanto estemporanea possa essere considerata, rappresenta un fatto politicamente rilevante. I simboli hanno una valenza effettiva, in casi come questo. Trump infatti ha potuto rivendicare la validità dell’approccio negoziale in via bilaterale (la Ue non esiste, tratto direttamente con la Francia, e poi gli altri singolarmente). Macron ha voluto certificare il suo primato nel vecchio continente. Difficile quindi avanzare ipotesi su cosa questa nuova alleanza sarà in grado di produrre ma non c’è dubbio che ora il marito di Brigitte può rivendicare gli effetti per lui favorevoli della relazione speciale con gli Usa. La visione egemone della Francia può contare oggi su un alleato in più e per molti versi inedito. La conseguenza potrebbe essere un cambio di postura degli Stati Uniti in quadranti come la Libia, per esempio? Staremo a vedere e di certo c’è che oltre il presidente bisognerà considerare i ruoli di persone come Mike Pompeo (prossimo segretario di stato) e l’ambasciatore Bolton (nuovo capo del national security council).

E l’Italia? Noi siamo nello stallo ormai noto. Definire la preoccupazione degli alleati per la situazione in cui versa il Paese è persino pleonastico ormai. Dopo Brexit, la special relationship con gli Usa era il naturale approdo di Roma. Invece, siamo da settimane bloccati in una crisi che appare all’estero incomprensibile e con dichiarazioni antiamericane che superano in putinismo lo stesso presidente russo. Quale credibilità abbiamo oggi? Non serve molta fantasia a capirlo. Il governo di Paolo Gentiloni ha smesso di assumere decisioni rinviando, come è comprensibile, al governo prossimo venturo che non c’è e forse non ci sarà prima di un ulteriore passaggio elettorale. Questo porta inevitabilmente Roma ai margini e consente di aprire ad altri nuove ed inaspettate praterie. La visita di Macron è un messaggio inequivocabile, tanto più che con ogni chiarezza la Francia esprime un interesse nazionale che quasi sempre fa clash con il nostro.

Non è l’ora di piangersi addosso e di ricordare quanto inqualificata si presenta la nostra classe dirigente. No, qui si tratta semplicemente di ricordare a noi stessi che il mondo (e comunque gli Stati Uniti) can’t wait Italy. Il tempo scorre e altrove si prendono decisioni senza di noi. Ci conviene? La logica dominante e tripartisan del “tanto peggio, tanto meglio” per ora ci assicura solo il tanto peggio. A guardarla da Washington DC serve proprio una forte sveglia. La suona per noi Monsieur le President, Macron. Trump sorride, noi dovremmo biasimarci.

Macron e il mondo che can't wait Italy

A vederla da Washington DC la prima visita di Stato alla Casa Bianca con Trump è soprattutto un grande evento mondano nel quale il cappello di Melania sembra prevalere su tutto, insieme alla gara dei tacchi fra le due first ladies. In realtà la missione di Macron ha una valenza politica che supera, e di molto, la frontiera del gossip.…

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