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Mercoledì il presidente americano Donald Trump ha lasciato da parte le posizioni virulente contro la Corea del Nord della scorsa settimana e s’è quasi-complimentato con il dittatore Kim Jong-un per aver preso una “molto saggia e ben motivata” decisione che ha evitato l’innesco di una situazione catastrofica.

C’É UNA DE-ESCLATION?

Formalmente il motivo del tweet e della soddisfazione di Trump è una de-escalation delle tensioni partita da Pyongyang, che ha fatto sapere tramite i megafoni del regime che il piano per colpire l’isola di Guam, l’avamposto strategico americano nel Pacifico, è per ora congelato. Nelle stesse ore in cui usciva questa notizia, però, Kim si faceva fotografare mentre parlava con gli ufficiali del comando strategico missilistico con sullo sfondo un televisore che mostrava una ripresa aerea della base americana Andersen, che si trova a Guam appunto. Di fatto le cose non sono cambiate profondamente, Kim non stava per attaccare Guam la scorsa settimana e non lo sta per fare in questi giorni, e la postura aggressiva resta.

LA VISITA DI DUNFORD

Ma c’è almeno una motivazione meno formale che potrebbe aver portato Trump a prendere di nuovo una posizione più vicina a quella più diplomatica tenuta da altre aree della sua amministrazione (per esempio il dipartimento di Stato e il Pentagono) che da giorni, mentre il presidente fa l’incendiario, girano con l’estintore. Nei giorni scorsi il capo della Forze armate americane, il generale quattro stelle Joseph Dunford (una delle poche conferme dell’amministrazione obamania, ufficiale navigato e politico esperto), era in Cina.

Questo genere di contatti militari tra le due super potenze sono rari, ancora di più lo è stata la visita di Dunford, accompagnato dall’omologo cinese Fang Fenghui, ai posti di comando che controllano il confine tra Cina e Corea del Nord. C’è un avviso sotto traccia di Pechino verso la protetta Pyongyang e per questo Kim ha fatto un passo indietro? L’opzione militare “è orribile”, ha detto il generale americano, ma una Corea del Nord nucleare è “inimmaginabile”.

I CONTATTI

La collaborazione con la Cina è imprescindibile per curare il dossier nordcoreano: i cinesi sono l’unico motivo per cui il Nord è uno stato che continua, seppur sommerso dalle difficoltà economiche, a esistere. Pechino tiene aperti i rubinetti commerciali, ed economici, e garantisce le entrate con cui Kim può portare avanti il suo regime, sostenuto dalla propaganda di cui le armi sono parte centrale. Dunford e Fenghui, Washington e Pechino, hanno siglato un accordo di cooperazione per aumentare le comunicazioni militari al fine di evitare spiacevoli sovrapposizioni o incidenti nella già tesa regione (la Cina pensa non solo alla Corea, ma anche alle pretese nel Mar Cinese; gli Stati Uniti vogliono mantenere un ruolo nel Pacifico per curare i propri alleati, i propri interessi). Ma è il contatto in sé l’elemento interessante, non solo i contenuti, perché si porta dietro anche un avviso per il Nord.

SOTTO LA SUPERFICIE

Questa fase rilassata della situazione è però ancora epidermica. Nei prossimi giorni americani e sudcoreani terranno altre esercitazioni congiunte, che sono uno degli aspetti detestati dalla Cina della presenza militarista americana nell’area – segno dei tempi, il nuovo presidente sudcoreano Moon Jae-in ha detto che Seul non potrà più contare soltanto sull’America per garantirsi sicurezza, e servono investimenti. Nei giorni scorsi ci sono stati altri voli dei B-1 Lancer americani decollati da Guam, che hanno simulato azioni di attacco sul confine tra le due Coree scortati da F-15 giapponesi.

(Foto: Twitter,@thejointstaff, la stretta di mano tra Dunford e Fenghui)

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