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L’Arabia Saudita ha accusato l’Iran di aver compiuto “un atto di guerra”, riferendosi al lancio di un missile balistico da parte dei ribelli yemeniti Houthi in direzione di Riad. Il missile è stato intercettato e distrutto in aria dai sistemi di difesa sauditi, ma è considerato l’escalation più grossa successa negli ultimi due anni, ossia da quando Riad ha deciso di mettersi alla testa di una coalizione di paesi sunniti che si è posta l’obiettivo di contrastare militarmente la rivolta dei ribelli che hanno cacciato il governo filo-saudita da Sanaa. Il regno accusa direttamente l’Iran perché gli Houthi sono una setta sciita, parte di quell’internazionale che la Repubblica islamica sta costruendo a cavallo del Medio Oriente, passando da Damasco, Baghdad e Beirut, spingendo i movimento politici armati settari e inserendo la propria agenda espansionistica all’interno delle dinamiche di questi paesi.

PAROLE MEDIATICHE…

La dichiarazione sull’atto di guerra è stata fornita dal ministro degli Esteri saudita, Adel Jubair, in diretta alla CNN, e questo è un aspetto simbolico. Riad ha aumentato la propria acredine nei confronti dell’Iran da quando il regno è uscito dal torpore sonnolento in cui il mantenimento dello status quo – e degli interessi collegati – lo aveva posto per anni: rivalità ideologica e geopolitica, ma poca assertività. Adesso però c’è un nuovo erede al trono, Mohammed bin Salman, che sta già compiendo le scelte per conto di suo padre. Nel rafforzamento del suo potere rientra anche un maggiore contrasto a Teheran – ovattando il confronto settario intra-islamico e spostando la questione più sul campo politico e internazionale – che trova la perfetta sponda del partner storico saudita: gli Stati Uniti. La Casa Bianca guidata da Donald Trump ha inquadrato gli ayatollah come guide di uno “stato canaglia”, e su questo ha ancorato la scelta di decertificare il deal nucleare (scelta che per Trump ha avuto il doppio valore di essere anche una mossa per calpestare una delle principali legacy dell’amministrazione Obama in politica estera).

… ANCORA UNA VOLTA

Sulla linea a effetto mediatico: il giorno prima del missile, bin Salman aveva ospitato il premier libanese Saad Hariri, che da Riad aveva annunciato le proprie dimissioni perché sopraffatto dalle intromissioni iraniane (attraverso soprattutto il partito/milizia Hezbollah) nella politica interna del suo paese. Si tratta di un altro colpo ad effetto dall’Arabia Saudita, che il giorno del lancio dallo Yemen aveva annunciato anche l’epurazione di pezzi dell’establishment formalmente per ragioni di corruzione, ma ufficiosamente come mossa aggressiva di bin Salman per consolidare il proprio potere nel regno. Aggressività interna ed esterna. Addirittura il leader del gruppo politico-militare libanese filo-iraniano Hezbollah, Hassan Nasrallah, è arrivato a ipotizzare che i sauditi avessero rapito Hariri, costringendolo alle dimissioni e all’attacco all’Iran (dal regno sono state diffuse foto del premier libanese sorridente, in diretta risposta a questa provocazione). Su Twitter il ministro degli Esteri iraniano Javad Zarif ha alzato ancora i toni, accusando Riad di “guerre d’aggressione, bullismo regionale, comportamenti destabilizzanti e provocazioni rischiose”.

LA ROTTA DEL, O DEI, MISSILI CHE ACCOMUNA GERUSALEMME E RIAD

Secondo i sauditi il missile è stato sparato dallo Yemen da uomini di Hezbollah, i quali si sono occupati di contrabbandarlo nel Golfo per conto dei Guardiani della Rivoluzione iraniani, il corpo teocratico delle forze armate dell’Iran. Questa dinamica, che non ha conferme indipendenti dalle dichiarazioni saudite (che sono spesso spinte da interessi e propaganda) , è interessante, perché è la stessa che Israele descrive da anni, con come scenario un altro conflitto: quello siriano. Secondo Gerusalemme l’Iran sta usando il caos della guerra civile globale in Siria per passare armi ai gruppi sciiti affiliati, su tutti Hezbollah: armi che secondo le intelligence israeliane saranno a breve usate per riaprire il conflitto del 2006 con i libanesi. Ora Riad descrive rotte simili dallo Yemen: conflitti su cui l’Iran ha messo lo zampino per attaccare i propri nemici (e/o viceversa). Qualche giorno fa l’ex ambasciatore americano in Israele scriveva su un giornale di Gerusalemme che Riad potrebbe giocare pressioni per scatenare un confronto armato tra israeliani e iraniani, a proposito delle dimissioni di Hariri. Il nemico comune Iran ha avvicinato mondi distanti come il regno sunnita e lo stato ebraico.

(Foto: Flickr, State Department)

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