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La paura per il “killer silenzioso” ha raggiunto il “livello tsunami”. L’allerta per la disinformazione in vista delle elezioni europee – di scena sabato e domenica – è altissima. L’unità di crisi creata dall’Unione europea per tracciare, individuare e sgominare le fake news dall’estero è alle prese con un carico di lavoro pesante, e lo sarà sempre di più nelle prossime settimane. La convinzione dei funzionari è che anche dopo le elezioni l’influenza straniera (su tutte quella russa, ma abbiamo visto che ci sono anche casi cinesi e iraniani) proverà a condizionare l’opinione pubblica, mettendo in dubbio la veridicità dei risultati che usciranno. “Quello che stanno cercando di fare è distruggere lo stile di vita occidentale. Il loro scopo è minare la fiducia in tutto”, ha dichiarato una fonte europea a conoscenza dell’argomento, ripreso dal Guardian. Ancor più esplicita l’assistente di Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato: la minaccia è talmente grave, ha spiegato Marie-Doha Besancenot, che alcuni paesi sono convinti che “le operazioni ibride potrebbero raggiungere il livello di un attacco armato”.

Già in passato l’Unione europea aveva provato ad anticipare la guerra cibernetica che le sarebbe stata lanciata contro. “Sappiamo che il periodo elettorale che si sta aprendo nell’Ue sarà bersagliato da attacchi ibridi o da interferenze straniere di ogni tipo”, affermava a marzo il commissario per il Mercato interno, Thierry Breton, lanciando un’avvisaglia: “Non possiamo avere misure a metà”. L’avvertimento aveva un destinatario preciso, anzi più destinatari, quali le piattaforme social. La loro responsabilità è enorme, per cui sono chiamate a utilizzare gli strumenti di difesa costruiti dall’Ue, come il Digital Services Act (Dsa). “Non si tratta solo di conformità, ma di salvaguardare le fondamenta stesse delle nostre democrazie”.

Qualche giorno fa, proprio su Formiche.net provavamo a pensare a una strategia europea contro la manipolazione russa dell’informazione online, che dovrebbe partire da un cambio di approccio: non più difensivo ma proattivo, che possa anticipare le mosse. Un ruolo apicale in questo senso lo deve giocare proprio la task force dell’Unione europea, cercando di allargare l’applicazione delle leggi anche a quelle piattaforme che oggi non vengono considerate gatekeepers – come Telegram, canale ufficiale delle verità nascoste.

L’analisi sulla minaccia ibrida ha portato a una conclusione: l’obiettivo dell’influenza non è volto a far insediare nel Parlamento europeo politici filo-russi o filo-cinesi, quanto piuttosto provare a minare la società occidentale dal suo interno. Come ha spiegato EUvsdisinfo, la disinformazione viene utilizzata “per diffamare i leader, fomentare la sfiducia, inondare i social media di falsità, mettere il pubblico contro l’Ucraina ed evitare paragoni scomodi con la Russia di Vladimir Putin”. Tra le notizie inventate c’era anche quella che la moglie dell’attentatore del primo ministro slovacco Robert Fico sarebbe stata un’ucraina, oppure quella sulla presunta (ma totalmente inventata) depenalizzazione da parte del governo tedesco degli abusi sessuali sui minori.

Anche la Bbc ha lanciato l’allarme. Secondo l’emittente britannica, TikTok lascerebbe passare contenuti creati con l’intelligenza artificiale che promuovono disinformazione e rivolgono insulti ai candidati delle prossime elezioni nel Regno Unito. A essere presi di mira sono il leader laburista Keir Starmer e, ancor di più, quello conservatore nonché primo ministro, Rishi Sunak. Tra questi, anche il fantomatico caso secondo cui il premier avrebbe indetto nuove elezioni per via di uno scandalo o il fatto che Starmer, quando era procuratore della Corona, avrebbe insabbiato il caso di pedofilia che ha riguardato il conduttore radiofonico Jimmy Savile e altri personaggi famosi. Niente di vero, ma poco importa.

Disinformazione, così l'Ue si prepara a contenere l'influenza straniera

L’allerta è massima e non si ferma al periodo pre-elettorale. La convinzione è che le interferenze continueranno anche dopo il voto, per screditarlo agli occhi dei cittadini. A Bruxelles vengono messi in campo gli strumenti per proteggersi, ma lo sforzo deve essere collettivo e riguardare anche le piattaforme online

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