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Il progetto presentato da Mario Draghi a favore di un aumento della competitività dell’Unione Europea è in sostanza una spinta per una maggiore integrazione politica, economica, industriale, militare del continente e affrontare nuove sfide che arrivano principalmente dalla Cina.

Esse riguardano la tecnologia, l’innovazione, la produttività e richiedono di mettere insieme gli sforzi dei Paesi membri. Cioè, per mantenere la patria bisogna cambiare idea di patria. Non si può essere più prima francesi, tedeschi italiani, ma prima europei e solo poi francesi, tedeschi, italiani. L’Italia dovrebbe capire la logica. Più di altri ha visto la sua nuova unità politica senza precedenti storici nell’800 sorgere proprio su queste basi: un’idea di Italia politica che doveva prevalere sulle mille fortissime identità locali, quella di Milano, Venezia, Roma, Firenze, Napoli o Palermo.

Ciò detto è in corso quello che in Cina si definirebbe “una lotta di potere”. Ci sono gruppi eterogenei che si oppongono a cambiare per tutelare propri interessi.
Ma c’è una tendenza storica. Gli Usa per affrontare l’aggressività della Russia, un Medio Oriente turbolento e uno spostamento dell’asse strategico verso la Cina possono volere un’Europa più unita, e più saldamente agganciata oltre Atlantico.

Tali interessi trovano un riflesso in Asia dove un solo interlocutore in Europa è meglio di averne 28. La Russia, che sperava di acquisire potere in una Europa frammentata, è contraria, ma la sua opposizione conferma agli avversari che questa è la direzione giusta da prendere.

Del resto, c’è un precedente. Gli Usa favorirono una convergenza europea dopo la Seconda guerra mondiale per fermare l’avanzata sovietica. Oggi, in una situazione cambiata avrebbe una simile funzione strategica.

Un segnale importante sarebbe darsi rapidamente una lingua di lavoro da diffondere — l’inglese continentale, come l’italiano manzoniano fu l’affermazione rispetto ai tanti dialetti della penisola.

Comunque, molte cose rimangono fluide. Il nuovo presidente americano non è stato eletto e potrebbero esserci differenze sostanziali nell’atteggiamento verso la Ue di Kamala Harris o Donald Trump. Inoltre, c’è un problema di tempi. Un consolidamento della Ue ha bisogno di un processo esteso, ma le tensioni intorno alla Cina si stanno alzando a ritmo sostenuto.

Se la Ue non si adeguasse alla velocità della competizione internazionale e asiatica potrebbe rimanerne schiacciata. Il tempo è allora cruciale.

D’altro canto, anche per la Cina, riconoscere la competizione economica è un modo di controllare sentimenti ed evitare derive pericolose, che lo scontro diventi nazionalistico, razziale come un secolo fa.

Per la politica italiana la sfida è enorme. La sua classe politica non è preparata ed è largamente inadeguata. L’Italia avrebbe bisogno di una soluzione drastica sul debito pubblico. Tecnicamente ci possono essere varie opzioni ma servono altre condizioni che non ci sono— garanzie che il debito non crescerà più in futuro (quindi avere autentiche liberalizzazioni di mercato e semplificazione burocratica) e garanzie di affidabilità politica (dirigenti solidi, conosciuti). Non c’è l’uno o l’altro. Quindi c’è il paradosso. Ci sono ottime piccole e medie imprese, ma non hanno “coscienza politica”. La sola coscienza è sfuggire allo stato, alle tasse, alla burocrazia. Sono uno spirito capitalista selvaggio, animale, positivo, ma anche portatore di caos distruttivo senza costruzione se non trova direzione di politica. Esse sarebbero polverizzate se esposte senza riparo a competizione di Paesi più strutturati.

Oggi hanno un ombrello parziale – italiano ed europeo – da cui si sentono vessati, non rappresentati e per cui non vogliono pagare in termini fiscali o politici. Però se l’ombrello mancasse sarebbero travolti.

Il compito della politica dovrebbe essere far crescere una coscienza, ma spesso la politica pensa semplicemente ad altro.

Quindi così l’Italia può diventare la palla al piede di un progetto euroatlantico per l’Europa. Come tutti i pesi ci sono tre soluzioni: smettere di essere un peso, trascinare tutto a fondo, o liberarsi dal peso. In ogni caso, l’Italia è al tramonto (vedi mio Tramonto Italiano in uscita per Neri Pozza). Bisognerà vedere se risorgerà in un contesto Euroatlantico o naufragherà su una spiaggia dell’Africa.

Opportunità Draghi o tramonto. Il bivio dell'Italia secondo Sisci

Ci sono gruppi eterogenei che si oppongono a cambiare per tutelare propri interessi. Ma c’è una tendenza storica. Gli Usa per affrontare l’aggressività della Russia, un Medio Oriente turbolento e uno spostamento dell’asse strategico verso la Cina possono volere un’Europa più unita, e più saldamente agganciata oltre Atlantico. L’analisi di Francesco Sisci

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