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Resta introvabile il corpo dell’altro volto della ‘ndrangheta che Formiche.net ha mostrato in queste foto inedite. Da tempo, nonostante la notizia della sua morte sia stata affermata da più parti, si nutrono dubbi sul fatto che il criminale della ‘ndrangheta eventualmente prestato alle Br sia davvero morto.

Il legionario Giustino De Vuono (nella foto), lo “scotennato” del caso Moro, scagionato per sempre sin dal primo procedimento grazie alla testimonianza del collaboratore Patrizio Peci e, successivamente, da una informativa del Sismi che ne negava la presenza in Italia durante la strage, è morto il 13 novembre del 1994, come recita il certificato di morte originale che Formiche.net ha visto, rilasciato dall’ufficio anagrafe del Comune di Caserta.

Il ruolo dell’uomo nel sequestro di Aldo Moro, nella uccisione della scorta e persino nel tentato omicidio del testimone Alessandro Marini lo stesso 16 marzo 1978 prima del ‘Moro Uno’ (come indica il documento dell’Interpol nr. 193F0462) è uno dei protagonisti da sempre di questo caso ed è sempre andato oltre l’incrocio tra Via Fani e Via Stresa a Roma, dove si compirono strage e sequestro. Una presenza, quella di de Vuono, che passa anche per Via Gradoli e arriva fino a Via Caetani, dove fu rinvenuto il corpo del Presidente DC il 9 maggio di 39 anni fa. Nonostante quella prima sentenza che lo scagiona, “per non aver commesso il fatto”, sia le attuali indagini della Commissione Parlamentare d’Inchiesta sia le più recenti inchieste giornalistiche – una su tutte ‘Morte di un Presidente’ di Paolo Cucchiarelli– ne hanno fatto riemergere ruolo e presenza. Ma in tutto questo manca una cosa fondamentale: il corpo, il luogo di sepoltura effettivo.

L’inchiesta di Formiche.net attesta proprio questo: una mancanza, forse la più importante del caso Moro. Perché se confermata, difficilmente poi si potrà negare che le Br si servirono di altri per poter gestire e poi uccidere anche contro il loro intento Aldo Moro. Inoltre, nel caso di conferma, porrebbe la questione più grave: dove sarebbe finito e da chi sarebbe protetto De Vuono, il killer di professione? In questa inchiesta, in cui ci siamo imbattuti in vari personaggi e anche funzionari comunali gentili e disponibili, abbiamo scoperto tra le altre cose che cercare in Italia una salma da poter salutare o sulla quale poter andare magari a pregare non è cosa semplice, non sempre.

Tra cimiteri, uffici anagrafe e carceri

A Carinola, in provincia di Caserta, il carcere in cui De Vuono ha passato gli ultimi anni, sanno soltanto che il detenuto prima trasportato all’ospedale civile di Caserta è morto poi lì di morte naturale. L’ufficio matricole della struttura carceraria non conosce il luogo di sepoltura.

A Scigliano, il comune in provincia di Cosenza in cui è nato De Vuono l’8 maggio del 1940, confermano via e-mail che l’uomo è deceduto a Caserta e che il corpo non ha mai fatto ritorno al paese. Nei comuni lì vicini, così come nello stesso paese, non sembrerebbero rimasti suoi parenti, secondo le verifiche che abbiamo potuto svolgere.

Dal cimitero principale di Caserta, città in cui De Vuono sarebbe morto a leggere l’atto inviato dal Comune, ci confermano che lì l’uomo non è sepolto. Nel registro del deposito del cimitero, infatti, non è presente né il nome in generale, né il nome in riferimento alla data di morte indicata. Infatti, era anche possibile che, deceduto alla fine del 1994, il corpo potesse essere rimasto in attesa dell’arrivo dei parenti e sepolto magari mesi dopo: dunque nel ’95. Così non è.

Il certificato di morte, come è noto, riporta solo il luogo in cui è avvenuto l’evento. Giustino De Vuono avrebbe dovuto essere sepolto – così come è ancora norma oggi, ci dicono, per i detenuti che passano a miglior vita a prescindere dalla città in cui questi si spengono – presso il cimitero centrale di Carinola. Ma la salma non si trova né lì, né presso secondo cimitero, come ci confermano dagli uffici di questo comune.

Alla nostra richiesta presso l’ufficio demografico del comune di Caserta dell’atto di permesso di seppellimento sul quale, come può essere verificato anche sul web, vi deve essere normalmente indicato il reale luogo di sepoltura, ci è stato inviato un documento che afferma la non obbligatorietà del loro ufficio a conservare questo tipo di atti, e soprattutto, aggiungono al telefono, è possibile non trovarvi l’indicazione del luogo della tumulazione.

A Carinola invece ci dicono il contrario: quegli atti devono essere archiviati e conservati e il luogo è sempre indicato. Qual è la verità? È possibile, riferiscono poi dal Comune di Caserta, che nel caso di detenuti – per ragioni di sicurezza – si sia deciso di occultare il luogo di sepoltura (la parola precisa usata è stata “depistare”) per ovviare a eventuali atti di devastazione e danneggiamento o per altri motivi. Quali possono essere questi “altri motivi”? Forse la Commissione, che non sembrerebbe passata a Caserta per svolgere indagini (né lo è alcuna altra autorità di polizia giudiziaria) in tal senso potrebbe approfondire al riguardo. Perché l’altro problema che si porrebbe a questo punto sarebbe la eventuale falsificazione di atti pubblici.

Documenti segreti e sospetti sulla reale morte

Alla Commissione parlamentare d’inchiesta è pervenuta una informativa dei Carabinieri nella quale si affermava l’avvenuta morte di De Vuono. Una informativa coperta da segreto non accompagnata da alcun certificato, come è a tutti gli effetti l’atto di morte da noi reperito. La Commissione sta svolgendo diverse indagini sulla persona di De Vuono e il suo eventuale ruolo nel caso Moro, e alcuni atti che le riguardano sono giustamente secretate come emerge dall’elenco pubblico degli atti segreti. Non si comprendeva dunque la necessità di tenere oscurata una informazione che si poteva reperire come un qualsiasi atto pubblico via posta certificata. La Commissione alla fine l’ha giustamente desecretata.

Gli ambienti investigativi, così è la voce che serpeggia in merito, non crederebbero all’effettiva morte del De Vuono né al fatto che il corpo possa essere il suo. Le voci possono restare tali, ma la ricerca da noi effettuata racconta dei fatti che andrebbero in questa direzione.

Una ricerca che ci ha portati lungo un percorso infinito, a slalom, dove di sicuro direbbe forse oggi il giornalista Tommaso Besozzi, che si occupò della morte di Salvatore Giuliano, ‘c’è solo che è sparito’. E’ la Commissione Moro a questo punto che dovrebbe individuare il luogo reale di sepoltura di Giustino De Vuono e la sua tomba, se esiste.

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