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Il 25 marzo 1957 a Roma, in Campidoglio, sono stati firmati i trattati che hanno istituito la Comunità Economica Europea, dando vita alla moderna integrazione europea.
Sull’Europa, a distanza di sessant’anni, l’Italia è chiamata alla sfida più grande e difficile degli ultimi decenni. Dobbiamo avere la consapevolezza che è necessaria una riflessione seria, approfondita, su “quale Europa vogliamo”, senza facili slogan e con un pensiero di lungo respiro: è una priorità assoluta.

Oggi è richiesto coraggio: in primis alla politica. Ci sono in Europa troppe “diversità”, troppe velocità: dalla moneta per alcuni a Schengen per altri, alla difesa con visioni diverse, dall’unione bancaria all’immigrazione, dal mercato unico al fisco, al welfare su cui ognuno fa quel che vuole.

Ormai siamo ad un bivio: crescono sfiducia e paure; si moltiplicano razzismi, nazionalismi reazionari, muri, frontiere e fili spinati. Un Movimento come il nostro non può non avere l’ambizione di sfidare i populismi ripartendo da una solida convinzione popolare: persona al centro e mercati sempre e comunque regolabili, perché il capitalismo è sempre riformabile. Sul fisco, sul welfare, sull’economia digitale Junker è andato al rallentatore condizionato dai veti incrociati di tanti Paesi. Draghi, qualche settimana fa, in un accorato appello ha ricordato “l’irreversibilità dell’euro”, un appello condivisibile ma che va difeso.

E la politica deve scegliere: o stare con l’Europa e impegnarsi per creare una vera Unione all’altezza delle sfide che abbiamo di fronte o finire con Salvini, Grillo, Le Pen, Farage o altri emergenti. Senza scelte politiche forti verso gli Stati Uniti d’Europa anche quell’appello rischia di essere spazzato via dai tanti sovranisti.
L’Europa va ricostruita partendo da ideali e prospettive e, poi, a seguire: moneta, fisco, mercato, welfare e difesa comune.

Noi la nostra scelta l’abbiamo fatta e la riconfermiamo in questi giorni. Ma è assolutamente indispensabile, ripeto, la volontà politica: la globalizzazione così come è stata portata avanti fino ad oggi è incompatibile con una democrazia rappresentativa, partecipata, radicata nei popoli. L’Unione Europea non può crescere e consolidarsi su logiche elitarie e tecnocratiche, ma deve darsi salde ed autentiche radici democratiche: deve compiere una scelta in avanti verso una “democrazia politica europea”.
In questa Italia troppo spesso vittima proprio dell’assenza di ideali e prospettive della sua classe dirigente, non solo politica, facciamoci propugnatori di un rinvigorito europopolarismo. Una declinazione popolare con tutto ciò che questo significa e implica dell’ideale europeo.

Le radici e le tradizioni dell’Europa sono, in quest’ottica, autentica riserva di democrazia che unisce le generazioni e le fa popolo. Argine all’imporsi di populismi e di élite antipopolari (e non solo impopolari) cui non può essere consegnato il governo dell’Italia e dell’Europa.

Carlo Costalli
Presidente Movimento Cristiano Lavoratori

elezioni, mcl, europa, eutanasia

L'Europa che vogliamo

Il 25 marzo 1957 a Roma, in Campidoglio, sono stati firmati i trattati che hanno istituito la Comunità Economica Europea, dando vita alla moderna integrazione europea. Sull’Europa, a distanza di sessant’anni, l’Italia è chiamata alla sfida più grande e difficile degli ultimi decenni. Dobbiamo avere la consapevolezza che è necessaria una riflessione seria, approfondita, su “quale Europa vogliamo”, senza facili…

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