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Donald Trump s’accorge d’averla fatta grossa, nel terzo e ultimo dibattito in diretta televisiva, l’altra sera, con la rivale Hillary Clinton. E, per metterci una pezza, la combina più grossa: dopo non essersi impegnato a riconoscere l’esito del voto, quale che esso sia, dice, parlando in Ohio, che lo accetterà “se vinco io”. Se perde, farà ricorso.

Sui media, e non solo, è tempesta. Un attacco alla democrazia: così, il New York Times interpreta la spada di Damocle posta sulle elezioni presidenziali dell’8 novembre dal rifiuto del magnate d’impegnarsi a riconoscere la propria – eventuale, ma sempre più probabile – sconfitta. Critiche pure da Michelle Obama, la first lady: “Trump minaccia di ignorare la voce degli elettori”.

Il principio della transizione senza sussulti da un’amministrazione all’altra è messo in discussione per la prima volta nella storia americana. Forse qualcuno gli tira la giacca. E lui allora se ne esce con la toppa che è peggio del buco: “Se vinco io, vale. Se perdo, no”. Naturalmente, il suo pubblico applaude fragorosamente. A Roma, Loretta Lynch, ministro della Giustizia Usa, assicura: “Il nostro sistema elettorale è sicuro”.

Ieri sera, i due candidati si sono ritrovati, insieme, ma non accanto, al tradizionale Alfred E. Smith Dinner  al Waldorf Astoria di Manhattan, un banchetto in frac abitualmente nel segno dello humor, con il cardinale di New York Timothy Dolan a fare gli onori di casa (e a separare i due): l’invito era divertire gli ospiti, che avevano pagato 3.000 dollari a testa devoluti in beneficenza alla diocesi. Nel menù della cena c’è di solito arguzia e ironia, ma questa volta c’è stato pure astio e animosità. Raccontiamo più avanti l’evento, che prende il nome da un ex governatore dello Stato di New York, il primo cattolico candidato alla Casa Bianca: è un appuntamento annuale che, ogni quattro anni, diventa pre-elettorale.

Intanto, spunta l’ennesima donna – è la decima – , che accusa Trump di molestie, senza però volerlo denunciare: è un’insegnante di yoga, Karena Virginia, sposata, con due figli, che dice di essere stata molestata nel 1998 agli Us Open di tennis di Flushing Meadows, a New York. Alle sue resistenze, il magnate le avrebbe detto: “Non sai chi sono io?”.

Mentre Trump prova la difficile rimonta, un incoraggiamento viene da Twitter: il 60 per cento dei cinguettii sul dibattito di mercoledì sera gli era dedicato. Il tema più trattato era l’atteggiamento con le donne, seguito dal rifiuto di accettare il risultato del voto. Invece, su Google le voci più ricercate sono state le posizioni dei candidati su aborto, immigrazione, armi, la Clinton Foundation e quel che davvero disse Trump sulla guerra in Iraq.

Una grana arriva dal direttore politico della campagna repubblicana, Jim Murphy, che si sfila adducendo “ragioni personali”. Lo rivela Politico e lo conferma l’interessato, senza ulteriormente elaborare sulle ragioni del “passo indietro”. Murphy faceva da ponte tra il candidato e il partito e doveva dedicarsi, in particolare, agli Stati in bilico: né l’una né l’altra missione sono state, finora, un successo.

CENA DI BENEFICENZA AL VETRIOLO

Stretta di mano frettolosa, battute al vetriolo e anche qualche insulto ieri sera a Manhattan tra Hillary Clinton e Donald Trump all’Alfred E. Smith Dinner, che l’Ansa racconta così. La cena di beneficenza è diventata, da quasi 70 anni, un rito della politica americana, dove i candidati presidenziali, a pochi giorni dell’Election Day, sono invitati a scambiarsi più facezie che frecciate.

Ma all’indomani del loro ultimo ruvido duello tv, i due candidati, separati a tavola solo dal cardinale di New York Timothy Dolan nel ruolo di peace-maker, hanno offerto una conferma che si detestano in modo insanabile. Dopo la mancata stretta di mano, il magnate è partito in modo soft: s’è vantato ironicamente d’essere conosciuto per la sua modestia; quindi ha irriso la Clinton, sostenendo che gli invitati della serata erano ”la folla più grande della stagione” per la candidata democratica e che era la prima volta che Hillary sedeva con e parlava a leader aziendali senza essere pagata.

L’ex first lady è stata al gioco, ridendo, ma poi Trump ha abbandonato il fair play e s’è lasciato andare agli insulti, descrivendo la Clinton come ”corrotta” e facendo riferimento alle sue email hackerate, comprese alcune scambiate fra elementi del suo staff contenenti espressioni offensive verso i cattolici (e per le quali il cardinale Dolan aveva già sollecitato delle scuse).

Il cambio di tono non è piaciuto al pubblico. Hillary è comunque rimasta sul terreno dell’ironia: se non ti piace quello che dico, puoi gridare “wrong”, sbagliato, gli ha detto, evocando la parola usata dal magnate per negare qualsiasi accusa nei suoi confronti. ”Ho preso una pausa dal mio rigoroso programma di pennichella per essere qui”, ha esordito echeggiando le illazioni del repubblicano sulla sua salute precaria.

”Il pubblico dovrebbe essermi grato perchè generalmente prendo un sacco di soldi per discorsi come questo”, ha continuato sullo stesso registro. E ha poi colpito il re del mattone su uno dei suoi punti deboli, il comportamento verso le donne. La Clinton ha ancora scherzato sulla sua salute, dicendo che Trump le aveva mandato molto cavallerescamente un’auto per portarla alla cena: ”Ma in realtà era un carro funebre”.

(post tratto dal blog di Giampiero Gramaglia)

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