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Nel vertice di Hannover dei cinque “grandi” dell’Occidente si è parlato negli scorsi giorni del problema libico e dell’intenzione ventilata da Fayez Serraj di chiedere un aiuto internazionale per la protezione delle infrastrutture petrolifere. Dalla ripresa della produzione energetica dipende il consolidamento del governo sponsorizzato dall’ONU e, al tempo stesso, la legittimazione dell’intervento internazionale. E’ una condizione necessaria, ma non sufficiente.

L’accordo non è stato approvato da Tobruk. Non si può quindi parlare di governo di unità nazionale. Serraj e i suoi hanno ricevuto l’appoggio di talune milizie, della Banca Centrale (LCB) e della Corporazione Nazionale del Petrolio (NOC). Con gli organismi dell’ONU, Serraj è tuttora nella base navale di Tripoli. La capitale non presenta sufficienti condizioni di sicurezza. Oppure Serraj e l’ONU vogliono evitare scontri con le milizie che li avversano. Uno spargimento di sangue farebbe fallire la loro cauta strategia, di ottenere progressivamente il loro sostegno.

Il pericolo maggiore per il successo di Serraj non è rappresentato dall’ISIS, ma dal generale Khalifa Haftar, che tiene in ostaggio e, al tempo stesso, protegge il governo di Tobruk. Egli combatte non solo l’ISIS ma tutte le realtà libiche che non lo appoggiano, in particolare quelle islamiche ed è sostenuto dall’Egitto, dalla Francia e dagli Emirati. Recentemente, ha ottenuto notevoli successi e ricevuto cospicui rifornimenti di armi e di veicoli blindati. Sta ottenendo il controllo della Cirenaica, ripulendola dall’ISIS, dalle forze islamiste e da quelle che appoggiano sia Tripoli sia Serraj, in particolare dalle Guardie delle Infrastrutture Petrolifere.

Esse sono state trasformate con i loro 27.000 effettivi in una milizia personale di uno strano personaggio, Ibrahim Jadhran, già membro del Gruppo Islamista Combattente Libico e incarcerato per quattro anni da Gheddafi, prima di divenire eroe della rivoluzione. Egli ha dichiarato fedeltà a Serraj. Qualche dubbio su di lui deve rimanere. Infatti, è stato accusato da un altro importante sostenitore di quest’ultimo, il presidente della NOC, di non aver difeso adeguatamente le infrastrutture petrolifere di Ras Lanuf e di Brega contro raid dell’ISIS, volti non a prenderne il controllo, ma a distruggerle per rendere impossibile la ripresa della produzione petrolifera, necessaria alla stabilizzazione del paese.

 

(prima parte di un’analisi più ampia; la seconda parte sarà pubblicata sabato 30 aprile)

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