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Continua a produrre notizie e sorprese l’agenda di Silvio Berlusconi in ospedale, dove l’ex presidente del Consiglio aspetta di essere operato al cuore fra la professionalità e le premure dei medici, l’affetto e le visite dei familiari e dei collaboratori e amici più stretti e i numerosi messaggi di solidarietà e d’incoraggiamento che gli arrivano dall’esterno, anche dagli avversari politici, almeno quelli più civili, al netto delle solite ironie. Come quella del deputato grillino Alessandro Di Battista sul buon ritorno a casa davvero.

La maggiore delle sorprese, dopo quella iniziale del tentativo fallito di Denis Verdini di essere ricevuto alla grande, accorrendo di persona all’ospedale, ma uscendone dopo una decina di minuti per chiamare Berlusconi al telefonino – secondo indiscrezioni – dal più vicino parcheggio, è stata quella di segno opposto riguardante il segretario leghista Matteo Salvini. Al quale, dopo un augurio di pronta guarigione espresso sul suo profilo Facebook perché “con la salute non si scherza”, è bastato dichiarare di essere pronto ad una visita e di esserne trattenuto solo dalla paura di “disturbare” per esserne incoraggiato dalla portavoce del paziente. “La visita sarebbe apprezzata”, si è affrettata a dichiarare la deputata Deborah Bergamini. E non escludo che l’incontro sia già avvenuto mentre voi leggete.

Salvini quindi non ha trovato problemi per un accesso all’ex Cavaliere in quanto alleato, e non solo tifoso del Milan, per quanto gli abbia fatto un lungo elenco di “scherzi”, per restare al suo linguaggio, non ritenendo evidentemente di fare male alla salute dell’amico. Gli ha conteso e contende senza tanti infingimenti la leadership di un rinnovato centrodestra. Ha parlato nella piazza romana del Popolo accanto alla sorella dei Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, fra gli applausi di quelli di Casa Pound, lasciando che dal sovrastante Pincio scendesse dietro al palco del comizio uno striscione inneggiante alla “morte politica” di Berlusconi. Ha accettato e poi contestato per la corsa al Campidoglio la candidatura di Guido Bertolaso proposta dal presidente di Forza Italia. Ha poi incoraggiato la corsa della Meloni, definita “capricciosa” da Berlusconi, condividendo il sospetto o l’accusa dell’ex ministra che il dirottamento dell’ex Cavaliere sulla candidatura di Alfio Marchini servisse ad aiutare il renziano Roberto Giachetti ad arrivare al ballottaggio con la grillina Virginia Raggi. Sospetto o accusa, in verità, poi avvalorata da un’intervista di Alessandra Mussolini, prestatasi – ha detto – a capeggiare la pur infelice lista di Forza Italia, fermatasi al 4 e qualcosa per cento dei voti, solo per aderire voluttuosamente a un ordine di Berlusconi di dare una lezione, diciamo così, alla Meloni e impedirle di arrivare lei al ballottaggio con la concorrente pentastellata. Un arrivo peraltro che, se fosse avvenuto, avrebbe costretto Berlusconi, secondo le sue dichiarazioni rese a Porta a Porta prima del voto, incalzato dalle domande pur amichevoli di Bruno Vespa, a preferirla come elettore alla candidata grillina. E in quell’annuncio si colse la sensazione, quanto meno, che Marchini fosse lontano dal traguardo, come si è poi verificato.

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All’intervista della Mussolini, delusa forse anche dal fatto che la sorellastra Rachele, candidatasi al Consiglio nella lista della Meloni, è riuscita ad essere eletta, diversamente da lei, sono seguite imbarazzanti e imbarazzate smentite non di Berlusconi, ormai ricoverato in ospedale, ma di suoi collaboratori e consiglieri fra la diffidenza, a dir poco, della Meloni, trattenutasi tuttavia dal proseguire nella polemica proprio per le sopraggiunte complicazioni di salute del suo ex presidente del Consiglio. Ma a supplire ai suoi scrupoli ha provveduto un amico direttore di giornale reclamando come prova delle smentite l’espulsione della celebre nipote dell’ancor più celebre Duce dal partito. Di cui è europarlamentare a Strasburgo.

A completare l’elenco degli “scherzi” dell’alleato Salvini all’ex Cavaliere si è tentati di citare il mezzo invito, se non l’invito vero e proprio – non riguardante solo gli elettori leghisti di Roma, fermi a circa il 2 per cento dei voti, ma anche quelli di Torino, più numerosi, e di ogni altra città in analoga situazione politica – a scegliere nei ballottaggi il candidato di Beppe Grillo piuttosto che quello di Matteo Renzi. Uno “scherzo” – si è tentati, ripeto, di dire – vista l’opinione più volte espressa da Berlusconi in persona nei riguardi del movimento 5 Stelle, paragonato ad un partito nazista in fasce o in gestazione.

Eppure a questa tentazione d’immaginare Berlusconi contrariato si deve rinunciare perché alle simpatie di Salvini per i grillini, rispetto ai renziani, hanno strizzato gli occhi parecchi altri: non solo fratelli d’Italia come l’ex ministro della Difesa Ignazio La Russa, a dispetto della prudenza, anzi della dichiarata ostilità della Meloni, correttasi rispetto a precedenti dichiarazioni, risalenti alle prime battute della campagna elettorale, ma anche qualificati dirigenti di Forza Italia come il capogruppo alla Camera Renato Brunetta. Che si sente forse troppo stretto nella scheda bianca raccomandata o ordinata con prudenza da Berlusconi.

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In questa situazione l’ex presidente del Consiglio ha fatto bene ad affidarsi “a Dio”, come ha scritto in una nota diffusa dai suoi collaboratori. Ma non solo come paziente, alla vigilia di un serio intervento al cuore, bensì o soprattutto come leader di Forza Italia e di un centrodestra ristrutturato, di cui non cessa di occuparsi.

Ha un bel dire il fedele Confalonieri al Corriere della Sera che “è giunto il momento in cui il partito deve iniziare a camminare con le proprie gambe”. Ma quali gambe, lo sa soltanto Dio, appunto. Per non parlare delle mani.

GIORGIA MELONI, MATTEO SALVINI

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