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Il conto alla rovescia scandisce 77 giorni all’Election Day dell’8 novembre. Ma, in realtà, almeno per un americano su quattro, e forse per uno su tre, di quelli che a conti fatti “andranno alle urne”, manca molto meno al voto: un mese giusto giusto per quelli del Minnesota, che, il 23 settembre, sarà il primo Stato dell’Unione a rendere possibile il voto anticipato, cioè l’opzione, per chi vuole, di riempire in anticipo la propria scheda.

Iowa e Illinois daranno il via al voto entro fine settembre, Arizona e Ohio il 12 ottobre. In tutto, sono 35 su 50, oltre al Distretto di Columbia, dove sorge la capitale, Washington, gli Stati dell’Unione che prevedono l’opzione dell’early voting, cioè del voto anticipato. Molti di essi sono Stati chiave, in biblico tra democratici e repubblicani.

Come ricordava nei giorni scorsi il New York Times, il voto anticipato sta diventando un fattore sempre più importante nelle elezioni presidenziali: la percentuale di elettori che si esprime prima dell’Election Day è cresciuta dal 20 per cento nel 2004 al 29,7 per cento nel 2008 al 32 per cento nel 2012.

Tutto ciò rappresenta un ulteriore problema per Donald Trump, ora in affanno nei sondaggi rispetto alla rivale Hillary Clinton, perché riduce il tempo di recupero a sua disposizione.

“Quando la situazione è così catastrofica come sta divenendo quella della campagna Trump, non ci sono abbastanza settimane per cambiare la tendenza ed è difficile organizzarsi in modo efficace per catturare una buona quota di early voting”, spiegava al Nyt Mike Murphy, stratega repubblicano che ha lavorato per Jeb Bush durante le primarie.

(post tratto dal blog di Giampiero Gramaglia)

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