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Il quadro competitivo del sistema delle comunicazioni italiane è in pieno movimento: nel mondo dei giornali si assiste alla fusione tra Stampa e Repubblica, ed all’Ops lanciata da Urbano Cairo su Rcs e l’Opa annunciata ieri da Andrea Bonomi. Nelle Tlc è in corso la fusione tra Wind e 3, che porterà alla costituzione di un gruppo capace di primeggiare per numero di clienti; Telecom Italia è passata di mano, entrando nell’orbita della francese Vivendi. Nel settore televisivo, Mediaset ha ceduto a quest’ultima la piattaforma a pagamento Premium. Nelle infrastrutture, si assiste alla esternalizzazione di segmenti di business ormai ininfluenti dal punto di vista competitivo, come le torri di trasmissione sia nel settore televisivo che nelle comunicazioni mobili: Raiway, Inwit ed EiTower ne sono protagoniste.

LA PARTITA DELLA BANDA LARGA

Prosegue l’annosa diatriba sullo sviluppo della rete a larga banda, prospettiva su cui si costruiscono le nuove posizioni di forza sul mercato e soprattutto si rischia di perdere le precedenti. In passato, si è discusso fino allo sfinimento della possibilità di creare un operatore unico, aperto alla partecipazione ed al finanziamento da parte di tutti gli operatori interessati, anche attraverso Metroweb, ora nel portafoglio della Cassa DD.PP., usata come catalizzatore. Essendo un operatore preordinato alla fornitura di servizi a tutti i richiedenti in modo equo, trasparente e non discriminatorio, avrebbe potuto ricevere direttamente i finanziamenti pubblici destinati a concorrere alla realizzazione dell’infrastruttura a larghissima banda su base universale, coprendo così anche le aree a fallimento di mercato.

IL DOSSIER METROWEB

Le discussioni si sono sempre arenate su un unico punto, rappresentato dal controllo societario di Metroweb una volta ultimato il progetto: Telecom non ci stava a fare da portatore d’acqua, contribuendo dal punto di vista finanziario, operativo e di mercato a creare una infrastruttura guidata da un soggetto terzo che porrà fine alla sua storica dominanza sulla rete in rame; non di meno, gli altri operatori non hanno avuto alcuna voglia di veder perpetuata una condizione in cui il duplice ruolo di Telecom, operatore di rete e competitor sul mercato finale, crea non poche asimmetrie e disfunzionalità nell’accesso a parità di condizioni. La rete e le sue funzionalità si sviluppano, infatti, a misura degli interessi di chi le gestisce: Fastweb ne sa qualcosa, visto che per anni si è lamentata della scarsa qualità del doppino fornitole in unbundling da Telecom. Di fatto, ciò intralciava la strategia di Fastweb, volta a distribuire i contenuti televisivi di Sky attraverso la rete fissa, in alternativa alla installazione da parte dell’utente di una parabola satellitare.

IL RUOLO DI ENEL OPEN FIBER

Agli attori storici si è aggiunta di recente Enel, con Open Fiber: vorrebbe realizzare una struttura a larghissima banda, aperta a tutti, che avrebbe il pregio assoluto di essere “overlay”, quindi sostanzialmente non interferente rispetto alla attuale rete di accesso. Utilizzando la infrastruttura della rete elettrica, non avrebbe alcun impatto né sugli investimenti fatti da tutti gli operatori nella tecnologia DSL, che utilizza per l’accesso il doppino di rame fornito da Telecom Italia, né sui prezzi e sulle politiche commerciali in corso. Una trasformazione per blocchi territoriali della rete esistente, al fine di installare la fibra ottica fino al marciapiede davanti all’ingresso delle abitazioni o comunque fino all’armadietto telefonico di strada, comporterebbe invece una sorta di switch-off dei sistemi a larga banda basati sulla tecnologia DSL, imponendo agli utenti ed agli operatori di partecipare comunque al costo della operazione. Si dovrebbero dismettere gli apparati in uso, ed intervenire sulle offerte in essere.

I PASSAGGI TECNOLOGICI

Questa oggettiva difficoltà ha finora consentito a Telecom di procedere per successivi miglioramenti tecnologici, rappresentati dalle successive famiglie del DSL che proseguono con il Vectoring, sfruttando ogni possibile porzione della sua rete: manterrà il suo ruolo dominante finché si dovrà usare almeno un pezzetto della infrastruttura in rame di cui è monopolista. C’è da dire, di converso, che questa strategia ha consentito al sistema Italia di ottenere ottimi risultati in termini di costi-benefici, ottenendo la migliore connettività possibile con un impegno irrisorio di risorse finanziarie: quando si installa la fibra ottica per strada, l’80% del costo è attribuito ai lavori di scavo e ripristino. Nonostante i progressi fatti per scavare mini trincee e utilizzando piccole talpe meccaniche per passare la fibra ottica lungo i marciapiedi, la maggior parte della spesa non ha niente a che vedere né con l’elettronica né con la tecnologia: si tratta per lo più di cemento e asfalto, di pale e picconi.

(1/segue; la seconda parte dell’analisi sarà pubblicata nei prossimi giorni)

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