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La più importante delle decisioni prese durante la visita del presidente americano Barack Obama in Vietnam è l’abolizione totale dell’embargo sulla vendita di armi al Paese annunciata oggi, lunedì 23 maggio. La sanzione era in piedi da circa quarant’anni, collegata alla rovinosa guerra combattuta dall’America nel 1975.

Hanoi, che attualmente è entrata nell’orbita delle alleanze asiatiche statunitensi, aveva chiesto più volte nel tempo l’abrogazione della misura, senza ricevere risposte positive, poi una prima parte del divieto eramare_cinese stata sbloccata nel 2014: sulla questione pesano ancora i tanti progressi che il regime socialista vietnamita deve fare sul campo dei diritti civili. Le varie vendite verranno trattate caso per caso anche per questo, ma adesso c’è una necessità più impellente: bilanciare il militarismo di Pechino nelle acque del Mar Cinese Meridionale. La Cina sta attuando nell’area una politica molto aggressiva, completamente indirizzata nel prendere possesso degli isolotti strategici che compongono gli arcipelaghi di Spratly, Paracel, Pratas. Il Vietnam (con le Spratly), insieme a Filippine, Malesia e Brunei, rivendica diritti parziali, mentre Cina e Taiwan ne chiedono la sovranità totale. Non sono tanto i piccoli territori a essere ambiti, ma le acque che rappresentano le principali rotte commerciali del Pacifico e sono pure ricche di petrolio e gas naturale.

Gli Stati Uniti stanno dando supporto agli alleati regionali, sia ai tavoli diplomatici sia sul campo, eseguendo ricognizioni, monitoraggi e operazioni di deterrenza. Diverse volte navi da battaglia americane hanno solcato le acque prossime agli isolotti, in altre occasioni sono stati fatti sorvolare da bombardieri strategici come i B2 o i B52, appositamente dispiegati nell’area per missioni di lungo raggio. Un B52 è precipitato la scorsa settimana sopra la pista della base di Guam mentre era impegnato in queste pseudo esercitazioni. Dietro all’apertura di Washington potrebbe anche esserci la richiesta di sfruttare la nota base aeronavale di Cam Ranh Bay, sulla costa orientale del Vietnam. Precedentemente scalo esclusivo russo, negli ultimi dieci anni il governo comunista di Hanoi ne ha aperto la possibilità di attracco anche agli americani (i cui genieri l’avevano costruita nel 1965). E con l’aumentare delle tensioni regionali, un altro punto di appoggio nell’area può essere utile, per questo serve qualche concessione agli alleati.

Da Pechino la reazione è stata molto diplomatica: Hua Chunying, un portavoce del ministero degli Esteri, ha detto che “l’embargo era un prodotto della Guerra Fredda che non sarebbe mai dovuto esistere”, sottolineando che la Cina “dà il benvenuto” alle normali relazioni tra Vietnam e Stati Uniti. La scorsa settimana l’ambasciatore cinese in Vietnam, Hong Xiaoyong, ha incontrato il ministro della Difesa vietnamita, Ngo Xuan Lich, ad Hanoi, per stringere accordi sul rafforzamento dell’intesa militare, a testimonianza che niente è lineare per quel che riguarda le dinamiche geopolitiche.

Nell’ambito degli incontri Usa-Vietnam, è stata annunciata anche una nuova serie di affari commerciali, del valore di 16 miliardi di dollari, tra cui la vendita di 100 aerei della Boeing e 135 motori della Pratt & Whitney alla low cost VietJet. S’è parlato anche dell’apertura della prima università indipendente del paese, che vedrà luce ad Ho Chi Minh City e i cui corsi, per la prima volta non controllati dal governo, saranno operativi dal 2017 sotto la direzione dell’ex governatore democratico del Nebraska Bob Kerrey.

(Foto: Mark Knoller, Barack Obama e l’omologo vietnamita Tran Dai Quang in posa davanti alla statua di Ho Chi Minh)

Obama toglie l'embargo sulle armi al Vietnam (pensando al Mar Cinese)

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