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Afghanistan, non è più un Paese per donne. Esattamente un anno fa scrivevamo così. Oggi, a tre anni dalla ripresa del potere da parte dei talebani e dalla ritirata degli americani, cosa è cambiato? Il “silenzio delle innocenti”, l’ultimo atto di un processo di drammatica disumanità.

In Afghanistan i talebani vietano alle donne di parlare in pubblico, rendendole invisibili. I dati pubblicati da Save the Children, Unicef e BBC sono agghiaccianti: tre milioni le studentesse escluse dalle classi di scuola secondaria, dodici gli anni oltre i quali l’istruzione femminile è temporaneamente sospesa, 1 bambina su 4 mostra segni di depressione e il 17% delle bambine si sposa prima dei quindici anni.

In un mondo che corre a “doppia” velocità, l’Occidente, al momento, ha di fatto abbandonato donne e uomini a un destino negato, “evacuando” nel 2021 i diritti umani, nell’ambito di quello che verrà ricordato come il primo e cocente “fallimento” in politica estera di Joe Biden. Tra le nuove misure, approvate dal leader supremo Hibatullah Akhundzada, molte penalizzano ulteriormente le donne costrette a velare completamente il loro corpo in pubblico, compreso il viso, per evitare di indurre in tentazione e vizio.

E poi il silenzio. Anche le voci sono considerate possibili strumenti di corruzione e quindi le nuove restrizioni stabiliscono che non sarà loro consentito parlare in pubblico. Secondo la nuova norma, la voce di una donna è considerata privata e non dovrebbe essere ascoltata da persone estranee alla famiglia. Niente canto, recita e lettura ad alta voce. E la chiosa finale, stabilita dalla nuova legge, “ogni volta che una donna adulta esce di casa per necessità, è obbligata a nascondere la voce, il volto e il corpo”. È poi vietato per le donne guardare uomini a cui non sono legate da parentela di sangue o matrimonio, e lo stesso vale per gli uomini. Le norme, parte di un compendio di 114 pagine, raccolgono nuovi divieti ma anche direttive già esistenti.

I talebani prendono il potere in un ferragosto infuocato del 2021, Kabul di fatto si consegnava ai “terroristi in motocicletta”. Sono passati tre anni e il futuro del Paese è sempre più complicato, le diseguaglianze sono aumentate, la realtà ha superato il futuro “distopico” di qualsiasi romanzo di fantapolitica.

Riavvolgiamo il nastro
Occorre “un’attenta riflessione per capire come mai l’America si sia ritrovata a dare l’ordine del ritiro, con una decisione presa senza preavviso né accordo preliminare con gli alleati e con le persone coinvolte in questi vent’anni di sacrifici. E come mai la principale questione in Afghanistan sia stata concepita e presentata al pubblico come la scelta tra il pieno controllo dell’Afghanistan o il ritiro totale”. Lo scriveva Henry Kissinger in un intervento sull’Economist pubblicato dal Corriere della Sera dopo “la riconquista dell’Afghanistan da parte dei talebani”. Kissinger: “Una diplomazia creativa avrebbe potuto distillare misure condivise per debellare il terrorismo in Afghanistan. Questa alternativa non è mai stata esplorata”, conclude, convinto che l’America non possa “sottrarsi al suo ruolo di attore chiave nell’ordinamento internazionale”.

I diritti umani sono stati evacuati frettolosamente nell’ambito di quello che verrà ricordato come il primo e cocente “fallimento” in politica estera di Joe Biden. Il tramonto dell’uguaglianza e il trionfo della barbarie, secondo il New York Times l’evacuazione degli americani da Kabul riflette la storia di vent’anni di guerra segnati dalla disconnessione tra la diplomazia americana e la realtà sul terreno.

“Il ritiro dall’Afghanistan segna il declino dell’impero americano, momentaneo o duraturo lo scopriremo presto, così come è chiara ormai l’ascesa della Cina e della Russia”, scrivevamo nel 2021. Di fatto l’uscita di scena delle truppe statunitensi ha avuto conseguenze geopolitiche per l’Asia centrale che ha avviato da tempo un processo che la porterà a diventare un insieme organico, all’interno del quale l’Afghanistan, le ex repubbliche sovietiche e la provincia cinese dello Xinjiang si influenzeranno sempre più.

Tornando alle nuove leggi capestro imposte dai talebani, bisogna annotare come agli uomini sia fatto divieto di radersi e alle donne di far sentire la propria voce in pubblico. A tutti, indistintamente, di ascoltare o suonare musica. L’obbligo per le donne di indossare il burqa, in vigore dal 2022, e il divieto per gli uomini di indossare pantaloni sopra al ginocchio. L’articolo 17 proibisce, poi, la pubblicazione di immagini di esseri viventi e di “contenuti contrari alla Sharia e alla religione” o che “umiliano i musulmani”. Tra i reati punibili con varie pene l’adulterio, l’omosessualità, il gioco d’azzardo, i combattimenti tra animali. Tutte le leggi sono ora riunite in unico codice, questa la novità.

Si può parlare di “apartheid di genere”? Secondo i gruppi per i diritti umani sì. Le donne afghane sono di fatto escluse da quasi ogni aspetto della vita pubblica. All’inizio del 2024 i talebani hanno annunciato anche la reintroduzione della fustigazione pubblica e della lapidazione per le adultere, hanno smantellato il ministero per gli Affari femminili e ripristinato il ministero per la Virtù e il vizio, a cui è stato attribuito il ruolo di custode della moralità e della reislamizzazione della società. Secondo Rukhshana Media, Mir Abdul Wahid Sadat, presidente dell’Associazione degli avvocati afghani – intervenuta sull’argomento per Ispi – “Da un punto di vista legale questo documento non solo contraddice i principi fondamentali dell’Islam [in cui] la promozione della virtù non è mai stata definita attraverso la forza, la coercizione o la tirannia – spiega – ma viola le leggi interne e contravviene tutti i 30 articoli della Dichiarazione universale dei diritti umani”.

Insomma, un lungo processo di reislamizzazione della società che con le nuove norme viene ufficializzato. Affermazione del potere della guida suprema, Hibatullah Akhundzada, e dei clerici depositari della corretta interpretazione del diritto islamico nella controversa versione talebana identificata dal ministero per la promozione della Virtù e la prevenzione del vizio, a cui è assegnato il compito di “purificare la società”.

“Finché non sarà chiaro se i talebani siano in grado di governare il Paese assisteremo a un gioco attendista, solo dopo inizierà il futuro”. Così scrivevamo nel 2021. Purtroppo quel futuro, fatto di piena discriminazione, è ormai la triste realtà.

“In silenzio” le donne afghane. La nuova legge dei talebani

In Afghanistan alle donne è vietato parlare in pubblico, l’ultimo atto di un processo di drammatica disumanità. Sono passati tre anni dalla ripresa del potere da parte dei talebani e il futuro del Paese è sempre più complicato, le diseguaglianze sono aumentate, ed è in atto un lungo processo di reislamizzazione della società che con le nuove norme viene ufficializzato. L’opinione di Roberto Sciarrone

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