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Il dubbio c’è e resta, se Bill le giovi più in panchina o in campo, perché è un’arma a doppio taglio. Ma Hillary non ne sembra turbata e continua a schierarlo: il ben presto settantenne ex presidente, nonostante gli anni e i malanni, conserva una capacità di entrare in sintonia con il pubblico molto superiore a quella dell’ex first lady, anche se ricorda agli elettori un rapporto “marito-moglie” come minimo discutibile.

Anzi, adesso Hillary gli promette un posto in squadra non solo nella campagna, ma anche dopo: parlando nel Kentucky, dove oggi si vota, l’ex first lady ha annunciato che l’ex presidente avrà “l’incarico di rivitalizzare l’economia”, se lei sarà eletta alla Casa Bianca. E ha spiegato perché: “Lui sa come farlo, specialmente in posti come quelli minerari o poveri o in quelle parti dell’Unione escluse” dalla crescita degli ultimi anni.

Dalla parte di Bill, ci sono i successi economici della sua presidenza, 8 anni di crescita ininterrotta. Con l’annuncio, Hillary riscatta la gaffe fatta la scorsa settimana nella West Virginia e ricambia un favore al marito. In West Virginia, terra povera e di miniere come il Kentucky, l’ex first lady preconizzò la chiusura dei pozzi: il suo rivale Bernie Sanders, che nei sondaggi le era dietro, vinse. E nel 1993 il presidente Clinton affidò alla moglie, che scalpitava, la riforma sanitaria  – fu un flop, perché il progetto non andò mai in porto –.

Dunque, se Hillary sarà eletta l’8 Novembre, il 42° presidente degli Stati Uniti non dovrà limitarsi al ruolo di “primo marito”. Anche se fare girare a mille l’economia pare oggi meno semplice che negli Anni Novanta: globalizzazione, informatizzazione, Cina e India e compagnia bella sono fattori che allora non c’erano o pesavano di meno.

Bill lasciò in eredita al suo successore un tasso di disoccupazione bassissimo e un attivo di bilancio di 1.000 miliardi di dollari, che George W. Bush dissipò, ingigantendo, soprattutto, le spese militari e per la sicurezza dopo gli attacchi all’America dell’11 Settembre 2001.

Ma c’è pure chi ricorda che proprio l’Amministrazione Clinton pose, nel 1999, le basi per la crisi economico-finanziaria scoppiata nel 2007: su proposta del ministro dell’Economia Robert Rubin e del capo del Consiglio economico della Casa Bianca Larry Summers, fu abolita la legge bancaria varata nel 1933, subito dopo la Grande Depressione. Il Glass-Steagall Act separava bene le attività delle banche d’affari da quelle commerciali e impediva degenerazioni come quelle che decretarono il tracollo di Lehman Brothers e misero in ginocchio altri colossi di Wall Street.

In questa campagna, la discesa in campo pro Hillary di Bill ha coinciso con l’inizio delle primarie: l’ex presidente si presentò nello Iowa e nel New Hampshire da “nonno felice”, invitando a credere in Hillary che “migliora tutto ciò che tocca”. Fino ad allora, aveva tenuto un basso profilo, dando consigli dietro le quinte e contribuendo alla raccolta di fondi (in eventi a porte chiuse), forse memore del fatto che, nel 2008, non fu capace di tenere l’ex frist lady al riparo dall’allora rivale Barack Obama, che la battè nelle primarie.

L’ingresso di Bill nella campagna ha coinciso con un innalzamento della retorica contro Trump, che ha reagito dal canto suo intensificando i riferimenti agli scandali sessuali di cui l’ex presidente fu protagonista, prima di arrivare alla Casa Bianca e mentre c’era.

L’altra “arma segreta” familiare di Hillary, la figlia Chelsea, resta, per ora, nelle retrovie: sta portando avanti una seconda gravidanza e sarà forse spendibile con cautela da settembre in poi, dopo l’arrivo del fratellino, o della sorellina, di Charlotte.

Hillary: la Casa Bianca è per due. L'economia? Ci pensa Bill

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