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Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo l’articolo di Goffredo Pistelli apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi

Va bene la riflessione sul Renzi 1 e Renzi 2, sul fatto che fosse meglio quella prima maniera e non quello attuale, però, caro Matteo, noi le primarie le facciamo lo stesso». Così, in sostanza, hanno reagito ieri i renzianissimi vertici del Pd lombardo e milanese all’idea del segretario, Matteo Renzi appunto, di accantonare, per il momento, le consultazioni di partito o di coalizione. Come ha riportato la cronaca milanese del Corriere, i fedelissimi Alessandro Alfieri, segretario regionale e capogruppo al Pirellone, e Pietro Bussolati, a capo del Pd cittadino, hanno immediatamente messo le mani avanti: in vista delle amministrative 2016, a Milano i gazebo s’hanno da montare.

A Bussolati è scappata, secondo quanto riporta il giornale, un’osservazione un po’ stizzita: «Renzi è di Firenze, non è di Milano», mentre Alfieri, più anziano e di formazione lettiana, quindi più riflessivo, ha detto: «Per la scelta del nostro candidato sindaco, le primarie sono imprescindibili». Ma, attenzione, non si parla di due renziani «new born», nuovi nati cioè. Essi infatti non sono, né l’uno né l’altro, dei saltatori sul carro del vincitore: Alfieri scelse Renzi già alle primarie 2012, quando, fare quella scelta, significava davvero andare controcorrente e senza nessun paracadute. Bussolati invece è addirittura un leopoldino doc, un renziano antemercia.

A nessuno dei due, però, va giù l’idea di Renzi di blindare i tre grossi turni amministrativi dell’anno che verrà: Milano, appunto, ma anche Napoli e Torino. Il segretario regionale lombardo ha poi fatto un ragionamento più articolato, rivendicando così qualche merito: «Abbiamo retto», ha detto, «tra il 2010 e il 2015. I Comuni sopra i 15 mila abitanti, amministrati dal centrosinistra, sono passati da 33 a 80 e quelli di centrodestra scesi da 75 a 28». Non ha torto, perché Lecco e Mantova sono rimasti, domenica scorsa, al centrosinistra.

E Bussolati, per parte sua, visto che di primarie si discute pubblicamente, a volte becchettandosi un po’, da un paio di mesi, non ne vuol sapere di fare retromarcia. Anche perché sa che la sinistra cittadina gli si rovescerebbe contro, essendo già venuta allo scoperto, prima con il cgiellino Onorio Rosati, a reclamare le consultazioni, e poi con Pierfrancesco Majorino, assessore al sociale, a candidarsi tout-court. «Entro l’estate stabiliremo le regole», ha confermato infatti Bussolati, «e le faremo tra novembre e gennaio».

Il segretario milanese del Pd sa bene che, in città, la minoranza dem è ancora forte e pestarle i calli sbarrando la strada a Majorino senza passare dalla conta della primaria, potrebbe generare divisioni che poi si ripercuoterebbero sull’elezione del candidato del Nazareno, sede nazionale del Pd a Roma, e che secondo molti dovrebbe essere il franceschiniano Emanuele Fiano, milanese doc, sperimentato in tanti anni consigliatura, e oggi deputato nonché membro della segreteria nazionale.

Le possibili divisioni potrebbero portare acqua al mulino di Pippo Civati che, in città, alla primare 2013, sopravanzò Gianni Cuperlo. Civati è molto attivo perchè che va costruendo in Lombardia, dove fu vitatissimo, il suo Podemos all’italiana. Se ci sono il candidato, o la candidata, giusti, sembrano voler dire i due esponenti renziani, meglio battezzarli con le primarie. Oppure, caro Matteo, saranno guai.

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