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Contro la maggioranza dei pronostici, il popolo greco ha risposto con un risoluto “NO” al quesito posto dal Governo al referendum. Sui motivi di questa scelta, possiamo fare delle ipotesi.

Personalmente, ritengo che, con una campagna lampo oscillante tra lo spregiudicato ( “questo non è un referendum sull’€ ma ci metterà in una posizione più forte”) e il surreale ( ” avremo un deal in 48 ore e i risparmi sono al sicuro” ) Tsipras e Varoufakis siano riusciti ad attirare una larga maggioranza degli indecisi, in questo aiutati dallo scarso profilo dei capi dell’opposizione, visti da molti come i responsabili dello sfascio.

In ogni caso, qualunque sia il motivo, orgoglio nazionale o bufale elettorali, questa è la realtà con cui la Grecia, l’EU e il mondo si trovano ad avere a che fare da oggi. La distanza tra le parti, che sembrava ridottissima appena 10 giorni fa.

In Grecia, vi è stato un lungo confronto in parlamento tra le parti, al termine del quale sono stati ribaditi alcuni concetti: i) il referendum non è un segnale di rottura ii) il governo vuol continuare le negoziazioni iii) il fine è una soluzione che risolva i problemi finanziari greci etc etc. Nulla di sostanziale. Apparentemente domani il Governo Greco presenterà nuove proposte all’Eurogruppo, sperabilmente idonee a diventare base per nuove trattative, anche se ovviamente a questo punto la fiducia reciproca è ai minimi termini e la sola sostituzione di Varoufakis con l’ex negoziatore Tsakalotos non può bastare a ripristinarla.

Per contro tra la ridda di dichiarazioni di parte Eu si fanno notare quelle francesi, costruttive, e quelle tedesche, più rigide. Se il Ministro delle Finanze francese Sapin ha dichiarato che discussioni sulla sostenibilità del debito greco non sono un tabù, il vicecancelliere tedesco Sigmar Gabriel ha chiarito che il referendum greco “non cambia le regole dell’€” e che discussoni su debito sono rimandate a quando la Grecia avrà implementato le riforme.
Cosi è stato preparato il terreno per il colloquio Merkel- Hollande di stasera, di cui a breve attendiamo il risultato, e a cui praticamente tutti fanno risalire l’atteggiamento ufficiale EU post “NO”.

Nel frattempo l’ECB ha dichiarato che le banche greche possono arrivare a mercoledi (in altre parole al giorno dopo il Summit dei leader) senza ulteriori iniezioni di liquidità, il che equivale a dire che non prenderà iniziative prima che i leader EU abbiano scelto una linea d’azione. Non a caso Draghi è stato invitato da Tusk al Summit, e le banche greche hanno prolungato la “bank holiday” fino a mercoledi (ahi ahi Varoufakis). Nel frattempo, la Banca Centrale Europea ha comunicato di aver alzato gli sconti (haircuts) applicati al collaterale, restringendo di fatto l’ammontare di ELA erogato agli istituti che non dispongono di collaterale in eccesso. Un chiaro avvertimento in vista di domani, a mio modo di vedere.

Un paio di considerazioni finali.

** Gli ultimi sviluppi hanno modificato significativamente la view sulla crisi, con diverse case che a questo punto vedono la probabilità di un uscita della Grecia dall’€ sopra il 50%. In questa luce, la reazione di ieri, indubbiamente composta, sembra indicare che il mercato ritiene che l’Eurozona disponga dei mezzi per contenere il contagio, e anche l’impatto sull’Economia. La modesta reazione dei bonds, insieme termometro dello stress e strumento (attraverso il QE) di supporto, confermerebbe questa sensazione.

** La situazione continua ad essere incredibilmente fluida. Oggi avremo la risposta ufficiale dell’EU, dalla quale dipende anche la reazione dell’ECB. Ricordo che in assenza di uno sviluppo positivo le banche greche sono a un passo dal collasso. Solo l’ELA le tiene in piedi, e questa può essere revocata in qualsiasi momento. In ogni caso, tra qualche giorno, per mantenere in piedi il sistema dei pagamenti, queste saranno costrette a emettere cambiali, di fatto una valuta parallela.
A mio parere, in assenza di un serio passo avanti nelle trattative, con ogni probabilità verso un accordo non troppo dissimile da quello affossato dal “NO”, entro breve Tsipras sarà costretto a scegliere tra 2 strade:

1) l’abbandono a favore di un governo di unità nazionale o qualcosa del genere che negozi al suo posto ( o per lo meno un allargamento dello schieramento)

2) il compimento dei primi passi verso un ritorno alla Dracma.

Quale delle 2 vorrà intraprendere?

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