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Il blocco dei contratti e degli stipendi della Pubblica amministrazione è illegittimo ma questa disposizione non avrà un effetto retroattivo. È questa la decisione resa nota questo pomeriggio dalla Corte Costituzionale. Il ricorso contro il blocco dei contratti era stato presentato dal sindacato Confsal-Unsa, mentre il blocco era stato inserito dal 2009 tra le misure per il risanamento dei conti.

IL COMUNICATO DELLA CORTE

“La Corte Costituzionale – si legge nel breve comunicato ufficiale – in relazione alle questioni di legittimità costituzionale sollevate con le ordinanze R.O. n. 76/2014 e R.O. n. 125/2014, ha dichiarato, con decorrenza dalla pubblicazione della sentenza, l’illegittimità costituzionale sopravvenuta del regime del blocco della contrattazione collettiva per il lavoro pubblico, quale risultante dalle norme impugnate e da quelle che lo hanno prorogato. La Corte ha respinto le restanti censure proposte”.

I COSTI

Se i contratti nazionali del pubblico impiego fossero stati rinnovati per tutti i dipendenti durante gli anni che vanno dal 2010 al 2015 – ha precisato l’Avvocatura generale dello Stato -, i costi non sarebbero stati “inferiori a 35 miliardi di euro”. L’Avvocatura ha calcolato anche la spesa futura, prevedendo “un effetto strutturale di circa 13 miliardi annui”.

LA RICHIESTA DI CONFEDIR

In attesa di conoscere nel dettaglio le motivazioni della sentenza, la Confedir (Confederazione autonoma per dirigenti, quadri e direttivi della pubblica amministrazione) ha preannunciato che chiederà al Governo l’apertura immediata dei tavoli contrattuali, bloccati da due trienni.

“Nessuno pertanto pensi di fare lo gnorri e di non finanziare il prossimo contratto per il triennio 2015-2017”, ha dichiarato Stefano Biasioli, Segretario Generale Confedir.

“Attendiamo Renzi al varco. La prossima legge di stabilità dovrà prevedere il finanziamento integrale del prossimo triennio contrattuale. Invitiamo la Ministra Madia ad approntare immediatamente l’atto di indirizzo all’Aran per l’apertura delle trattative, non più tardi del prossimo Settembre”, ha aggiunto Michele Poerio, Segretario Generale Vicario Confedir.

Infine una precisazione: “Che non si pensi di ritardare l’apertura dei tavoli contrattuali in attesa della conclusione della riforma della P.A – hanno dichiarato entrambi – questa volta non potranno venirci a dire che mancano i denari per gli aumenti. Abbiamo già dato. Ma i nostri sacrifici sono andati nella vasca senza tappo degli sprechi e degli intrallazzi di vario genere. Come dimostra il continuo aumento del debito pubblico”.

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