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La Commissione europea ha svelato la scorsa settimana il “pacchetto” di azioni che consentiranno di creare il Mercato unico digitale. Stop al geoblocking nell’accesso a contenuti e servizi, più sicurezza per gli utenti dell’e-commerce, nuove regole per la privacy ma anche per tutto il settore delle Tlc e spinta all’e-government (servizi al cittadino disponibili su Internet) sono i pilastri del piano. Si tratta di una visione che non vuole solo trasformare l’industria europea – portandola a pieno nell’era digitale e riconsegnando all’Europa il primato nelle Tlc che deteneva ai tempi del Gsm, come ha detto il vicepresidente responsabile per il Mercato unico digitale Andrus Ansip – ma che aspira a rendere più efficiente l’utilizzo degli strumenti digitali per imprese e cittadini.

“Ci assicureremo che i cittadini europei possano presto usare i loro telefoni cellulari in tutta l’Europa senza dover pagare le tariffe del roaming“, ha detto Jean Claude Juncker, presidente della Commissione Ue. “Dobbiamo avere il coraggio di spezzare i silos nazionali nelle regole per le telecomunicazioni, per il copyright e la protezione dei dati. Garantiremo che i consumatori accedano a servizi, musica, film e eventi sportivi sui loro device elettronici ovunque si trovino in Europa”.

LA STRATEGIA IN 16 PUNTI

La strategia è divisa in sedici azioni che dovranno essere attuate entro la fine dell’anno prossimo. Le sedici azioni a loro volta fanno capo a tre pilastri: migliorare l’accesso ai beni e servizi digitali in tutta Europa per i consumatori e le imprese; creare un contesto favorevole e parità di condizioni affinché le reti digitali e i servizi innovativi possano svilupparsi; massimizzare il potenziale di crescita dell’economia digitale. “Oggi abbiamo gettato le basi per il futuro digitale dell’Europa. Voglio assistere alla creazione di reti di telecomunicazioni su scala continentale, servizi digitali che attraversano le frontiere e una moltitudine di start-up europee innovative”, ha dichiarato Juncker. “Voglio che ciascun consumatore faccia gli affari migliori e che ciascuna impresa abbia accesso al mercato più esteso, ovunque si trovino in Europa”.

Il Mercato unico digitale serve a superare l’attuale frammentazione in 28 mercati nazionali. Secondo la Commissione, un mercato unico digitale pienamente funzionante potrebbe apportare all’economia europea 415 miliardi di euro l’anno e creare centinaia di migliaia di nuovi posti di lavoro.

LOTTA AL GEOBLOCKING

Tra le 16 azioni chiave ci sono l’introduzione di norme per agevolare il commercio elettronico transfrontaliero e l’eliminazione del blocco geografico (geoblocking) nell’accesso ai servizi di e-commerce o ai contenuti. Questo blocco fa sì che vengano applicati dalle aziende prezzi diversi di vendita nei diversi Paesi Ue su uguali prodotti o servizi, oppure che i consumatori non possano accedere a musica o film o partite di calcio se si spostano fuori dal loro Paese.

“Il nemico si chiama geoblocking e colpisce un consumatore europeo su due”, spiega La Stampa. “Gli appassionati di calcio, ad esempio. Succede a chi ha comprato un abbonamento per vedere le partite della squadra del cuore sul tablet, perché vuol essere sicuro di non perdere neanche un match, ovunque si trovi. Poi, un giorno, decide di regalarsi un viaggio all’estero, convinto che i suoi campioni lo seguiranno. Invece no. Appena passato il confine, la sua tavoletta diventa straniera e il servizio inaccessibile”. Inutile avere l’abbonamento con l’operatore nazionale: i dati non passano la frontiera, sono bloccati dalla geografia.

Il commissario Ansip ha dichiarato guerra al geoblocking fin dall’inizio del suo mandato. “E’ un male per i consumatori e non aiuta lo sviluppo dell’industria”, ha detto. Solo il 15% di chi fa acquisti online nell’Ue compra in Paesi diversi dal proprio e solo il 7% delle Pmi vende oltre i confini del proprio Paese, dice la Commissione.

IL NODO DEL COPYRIGHT

Per eliminare il geoblocking, ovviamente, occorre riformare le norme sul copyright. La nuova strategia di Bruxelles prevede l’aggiornamento delle regole del diritto d’autore, ferme al 2001, quando fenomeni come la Tv on demand non esistevano. L’idea sarebbe di creare schemi in grado di attraversare le frontiere nel rispetto di creativi e produttori. “Vogliamo che tutti – cittadini e imprese – abbiano accesso online ai servizi digitali che desiderano e per i quali pagano, inclusi quelli che attraversano i confini dell’Ue e si trovano in un Paese diverso dal proprio”, è la linea di Ansip. Che ha chiarito di non voler abolire il principio di territorialità; tuttavia non sarà più accettata “l’esclusività territoriale assoluta”.

E-COMMERCE, QUESTIONE DI FIDUCIA

Il geoblocking riguarda anche l’e-commerce: il più delle volte, chi vuole comprare un prodotto sul sito estero di un’azienda non può farlo, deve farlo sulla sua pagina nazionale. “Ci sono troppe barriere nel nostro continente. Ogni azienda dovrebbe poter proporre e vendere i suoi prodotti su un mercato di 500 milioni di persone, usando canali online senza barriere tra un Paese e l’altro”, ha sempre sostenuto Ansip.

Ma non è solo il geoblocking a frenare lo shopping online. I consumatori ancora non si fidano, si chiedono se sia prudente usare la carta di credito online e dove vanno a finire i loro dati. Per questo Bruxelles ritiene fondamentale costruire la fiducia nel mondo online: se le persone non riescono a fidarsi dei servizi elettronici, non li useranno mai, compresi quelli messi a disposizione dalle amministrazioni pubbliche. A questo scopo occorre fare passi in avanti nelle normative sui diritti dei consumatori e sulla cyber-sicurezza e rivedere la direttiva sulla e-privacy.

La Commissione intende svolgere anche un’analisi dettagliata del ruolo delle piattaforme online (motori di ricerca, social media, app store, ecc.): le aziende americane sono le prime ad essere chiamate in causa, ma la Commissione sostiene di non voler fare la guerra alle piattaforme made in Usa, bensì di voler garantire maggiore trasparenza a consumatori e imprese.

BATTAGLIA SUL ROAMING 

Per creare un contesto favorevole e parità di condizioni affinché le reti digitali e i servizi innovativi possano svilupparsi, Bruxelles procederà anche a una profonda revisione della regolamentazione europea in materia di telecomunicazioni. Alla base di questa revisione c’è una nuova politica per l’assegnazione e la gestione dello spettro, quelle frequenze che sono indispensabili se l’Europa vuole rendere disponibili su larga scala i servizi di banda larga mobile e entrare a pieno nell’era del 5G, delle connected cars e della Internet of Things, come indicato dal Commissario per l’Economia e la società digitale Gunther Oettinger.

Il piano prevede anche incentivi alla concorrenza e rimozione delle barriere agli investimenti in ultra-banda larga. Le associazioni delle telco (Ecta, Etno) si sono dette soddisfatte dalla strategia delineata dalla Commissione Ue, ma sull’abolizione del roaming – cavallo di battaglia della ex vice presidente della Commissione incaricata della Digital Agenda Neelie Kroes e tanto osteggiata dalle telco – Bruxelles potrebbe tornare all’attacco. Per ora gli Stati-membro hanno rinviato almeno fino al 2018 l’azzeramento delle tariffe su voce e dati per quando si viaggia oltre i confini nazionali, ma la Commissione vorrebbe premere sull’acceleratore: “Se non c’è differenza fra San Francisco e New York perché deve esserci fra Milano e Francoforte? Gli americani hanno capito che con più mercato si guadagna di più. E’ il tempo che lo si faccia anche noi”, è la posizione ufficiale. E Juncker ha fatto chiaramente capire che proverà a riproporre la questione roaming, anche se l’ultima parola spetta sempre ai governi nazionali.

Questo vale per tutto il “pacchetto” di proposte: come nota il Wall Street Journal, dando forse voce allo scetticismo americano sulle politiche dell’Ue o punzecchiando l’Europa per la sua “crociata” contro le Internet companies a stelle e strisce, “il Mercato unico digitale è lontano da venire: la Commissione deve trasformare il suo piano in uno schema legislativo che sarà dibattuto e modificato dai governi nazionali e dal Parlamento europeo. Il processo richiede anni e molte proposte potrebbero perdersi lungo il percorso”.

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