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Le festività natalizie non sono state motivo di cessazione per le ostilità che si protraggono in Ucraina da ormai quasi due anni. Anzi, durante le ultime ore sono stati registrati diversi sviluppi relativi al conflitto, sia per quello che riguarda l’andamento degli scontri, sia per ciò che invece concerne l’aspetto politico-diplomatico e le sue annesse implicazioni internazionali.

Nel bacino del Mar Nero, le forze armate di Kyiv hanno messo a segno un altro successo: nella giornata di martedì 26 dicembre l’aviazione ucraina, armata con missili di manifattura occidentale, è riuscita a colare a picco la Novocherkassk, nave d’assalto anfibio russa di classe Ropucha ormeggiata nel porto crimeano di Feodosia; all’interno del vascello, secondo quanto riportato dal Kyiv Post, erano presenti ingenti quantità di munizioni e numerosi droni kamikaze iraniani Shahed. Quest’ultima azione da parte delle forze ucraine si inscrive perfettamente nel più ampio sforzo intrapreso da Kyiv nell’ambito della guerra marittima nel bacino del Mar Nero, sforzo che sta producendo risultati alquanto rilevanti.

Tuttavia, mentre sul fronte marittimo gli ucraini esultano, su quello terrestre la situazione è differente. Nelle stesse ore in cui l’aviazione ucraina realizzava l’incursione contro la Novocherkassk i militari di Mosca occupavano il centro abitato di Marinka nei pressi di Dontesk, guadagnando così il controllo di quella che viene considerata da alcuni analisti una base operativa da cui lanciare successive operazioni di carattere offensivo. Mentre gli scontri continuano senza interruzione per il possesso della cittadina di Avdiika, epicentro dello sforzo offensivo russo nell’Ucraina sud-orientale.

In generale la pressione offensiva da parte delle forze di Mosca si è accresciuta lungo l’intera linea del fronte, risultando talvolta in piccole avanzate tattiche sul terreno. I rinnovati assalti russi potrebbero essere causati da “bisogni propagandistici”: con l’avvicinarsi delle elezioni russe fissate per il 17 marzo, il presidente russo Vladimir Putin potrebbe voler capitalizzare in termini elettorali qualsivoglia risultato bellico raggiunto in prossimità delle consultazioni elettorali. Una lettura resa ancora più plausibile se si considera lo spostamento nella postura mediatica del leader russo, che ultimamente si sta facendo ritrarre come il “comandante” dei soldati al fronte, in contrapposizione con la burocratica e gerarchica catena di comando regolare del ministero della Difesa.

Ma il 2024 non sarà un anno elettorale solo per la Russia: anche gli Stati Uniti e l’Unione europea andranno alle urne per eleggere i propri leader. E nel dibattito politico che si infiammerà nei mesi precedenti alle votazioni, è probabile che il tema dell’Ucraina possa diventare oggetto di confronto. Le opinioni pubbliche occidentali, così come i loro governi, continuano a sostenere la causa ucraina, ma la realtà dei fatti al fronte porta ad adottare prospettive più ampie.

Un approccio plastificato nelle parole con cui il ministro della Difesa Guido Crosetto ha risposto alle domande dei giornalisti durante una visita ufficiale in Polonia e in Lettonia: “Penso che, a fianco e parallelamente all’impegno militare in supporto all’Ucraina, è importante costruire sempre più dei percorsi che arrivino a una soluzione politica. Intanto si è raggiunta la conservazione dell’Ucraina e il consolidamento di un confine che ha bloccato l’attacco russo, il resto si può ottenere aprendo un fronte diplomatico e politico per cercare di ottenere lo stesso risultato attraverso dei tavoli di pace”. Una soluzione mediata che potrebbe non essere troppo distante, se si considerano i tentativi di signalling russi riguardo all’interesse del Cremlino nell’intavolare una trattativa.

Mentre si pensa alla pace non si dimentica però che il conflitto è ancora in corso. E mentre al Senato degli Stati Uniti si continua a discutere su un nuovo pacchetto di aiuti militari che include gli Ucraina tra i destinatari, a Bruxelles si lavora per aggirare il veto posto dal primo ministro ungherese Viktor Orbàn sugli aiuti al Paese invaso: dopo l’affondamento del pacchetto di aiuti quadriennale da 50 miliardi di euro avvenuto poco tempo fa, i tecnocrati dell’Unione hanno individuato possibili fonti di finanziamento alternative per l’Ucraina che non prevedano il raggiungimento del consensus. Una potenziale alternativa che stanno pubblicamente sventolando, nella speranza di convincere il leader magiaro a togliere il suo veto nel prossimo summit previsto per il primo giorno del febbraio 2024.

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