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La riforma della scuola è in dirittura di arrivo, dopo mesi di consultazioni, confronti, negoziati, manifestazioni e emendamenti.

Mai nessuna legge che toccasse il nervo scoperto del sistema istruttivo italiano è passata senza che una mosca fiatasse (sia  dentro che fuori dal palazzo), e anche “La Buona Scuola” non è stata esente dalle stesse turbolenze.

Occorre però qui fare un excursus storico: se la legge Gentile fu denominata da Mussolini “la più fascista delle riforme”, la riforma Berlinguer passò alla storia come quella che consentì il figlio dell’operaio di diventare dottore, mentre quelle Moratti e Gelmini segnarono l’ingresso di valutazione e privati tra i banchi di scuola, la riforma Giannini sfugge dalla catalogazione ideologica del novecento per entrare a pieno titolo nell’albo delle prime riforme renziane dove si cerca di risponde al problema dei tempi cambiati più che alle esigenze dei sindacati.

La riforma del governo guidato dal segretario del Partito Democratico diventa quella che assume più di centomila precari, ma al tempo stesso anche quella che introduce una valutazione del docente legata al salario. La stessa riforma crea una carta da cinquecento euro annui per spese di formazione e culturali dei docenti, ma che segna la rinuncia del monopolio del sovvenzionamento pubblico nel mondo dell’istruzione.

Questo ha messo in crisi tutto un mondo teso a confrontarsi con il macete ideologico, che a rispondere delle esigenze di una scuola (e di un mondo) entrata in un nuovo secolo. E tutto ciò ha portato in tilt sindacati e opposizioni, arrivando al paradosso che chi negli anni precedenti aveva tagliato il comparto educativo del paese (con argomentazioni liberali e tremontiane) propone oggi di assumere altre centinaia di migliaia di aspiranti docenti, oppure conducendo i sindacati a chiedere l’esclusione degli studenti dal nucleo di valutazione della scuola, calpestando i piedi proprio degli studenti che sono scesi in piazza con loro i 5 maggio rivendicando maggiore protagonismo contro il “preside-manager”.

A guardarla così sembra che Renzi sia riuscito nuovamente nella operazione di dividere i suoi avversari portando a casa un risultato insperato, soprattutto se si considera quanto i partiti eredi del PCI vedano come loro roccaforte la scuola pubblica italiana.

Virgilio Falco

Presidente Nazionale StudiCentro
 
Vice Chairman European Democrat Students

Tutte le sfide della Buona (e renziana) Scuola

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