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L’arresto del sindaco di Ischia Giosi Ferrandino, accusato di avere intascato una mazzetta da 330mila euro dalla coop Cpl Concordia, è solo l’ultimo fulmine che si abbatte sul Pd campano. Ma non a ciel sereno, perché i Democratici da quelle parti sono da tempo sotto una violenta tempesta. E Ferrandino non è l’unico politico a essere passato da Forza Italia al Pd, o viceversa, nel corso della propria carriera. Per citare un suo collega sindaco basta pensare a Pino Galasso, fino a fine 2012 primo cittadino di Avellino col Pd, poi uscito dal partito dopo aver perso le parlamentarie e ora papabile candidato dei berlusconiani al consiglio regionale.

L’IMBARAZZANTE CASO DE LUCA

La vicenda del candidato presidente di Regione uscito vittorioso dalle primarie interne è ai limiti del grottesco. Il Pd infatti è costretto, suo malgrado, a puntare su Vincenzo De Luca, condannato in primo grado per abuso d’ufficio dunque ineleggibile alla poltrona di governatore per via della legge Severino. Il partito dopo un anno di melina non è riuscito a farlo desistere dal candidarsi alle primarie, vinte contro il bassoliniano ex assessore regionale Andrea Cozzolino che aveva dalla sua i Giovani turchi di Matteo Orfini. E adesso che fanno i Dem? Tramite la segretaria regionale Assunta Tartaglione (s’è imposta un anno fa al congresso forte del sostegno dello stesso De Luca) lanciano l’operazione “liste pulite” per non avere rinviati a giudizio, pregiudicati o figli di politici tra i propri candidati. Poco importa se l’aspirante governatore oltre ad avere una condanna sul groppone sia anche stato spodestato da sindaco di Salerno per aver ricoperto contemporaneamente anche l’incarico di viceministro alle Infrastrutture durante il governo Letta.

IL TAM-TAM SUL MINISTRO ORLANDO

Il sottosegretario e plenipotenziario renziano Luca Lotti qualche giorno fa ha tentato di spegnere le polemiche, dichiarando ai quattro venti che il candidato è De Luca. Punto. Però il pressing per convincerlo o indurlo a farsi da parte ancora non si placa. La stessa “collega” veneta Alessandra Moretti qualche giorno fa direttamente da Omnibus su La7 lo ha invitato a pensarci bene. Per questo l’ipotesi di un pezzo da novanta calato dall’alto viene ancora contemplata da diversi nel Pd campano, consapevoli che Renzi si sta disinteressando della vicenda ma potrebbe intervenire con un colpo dei suoi. Il nome che si vocifera è quello del ministro alla Giustizia, Andrea Orlando, già commissario del partito dopo il pasticcio delle primarie di Napoli del 2011, peraltro vinte da Cozzolino poi annullate per presunti brogli. L’ipotesi Orlando era già circolata ai tempi delle primarie regionali, quando per farle saltare Lorenzo Guerini pensava a un candidato come il Guardasigilli oppure al presidente dell’Autorità anticorruzione Raffaele Cantone o al presidente del Cnr Luigi Nicolais.

DIVISI PURE SU D’ALEMA

A proposito dell’inchiesta sulle tangenti della coop rossa, proprio ieri De Luca su Repubblica ha vestito i panni del giustizialista sostenendo che “chi ruba nel Pd è colpevole tre volte: tradisce la legge, il partito e la povera gente”. E per quanto riguarda i vini (e i libri) che la Cpl Concordia ha acquistato dalla Fondazione ItalianiEuropei di Massimo D’Alema, il candidato alle regionali ha tuonato: “Andrebbe punita severamente, anche per l’acquisto di un vino che – io immagino – sarà una vera e propria zozzeria, con retrogusto di idraulico liquido”.
Discorso ben diverso aveva fatto il giorno prima Gennaro Migliore (aspirante sfidante di De Luca alle primarie poi ritiratosi all’ultimo quando ha capito che avrebbe perso) intervistato dal Corriere della Sera: “Sono contrario alla pubblicazione di intercettazioni di persone non coinvolte nell’inchiesta. Se ci fossero accuse gravi D’Alema sarebbe stato indagato. Così invece si fa un danno a lui e anche al sistema”.

CHI ENTRA E CHI ESCE DAL PD CAMPANO

Qualche settimana fa, alla vigilia delle primarie, l’eurodeputato dalemiano Massimo Paolucci aveva annunciato di abbandonare (clamorosamente) il partito per il sostegno in ambienti della destra ottenuto da De Luca. Poi ci ha ripensato. Non così il deputato lettiano Guglielmo Vaccaro, intenzionato a mollare il Pd e appoggiare Stefano Caldoro non senza aver prima puntato il dito contro Matteo Renzi, e dopo aver firmato l’appello di Italia Unica di Corrado Passera contro le riforme istituzionali del premier: “Del Sud a Renzi non gliene frega assolutamente nulla. Lui e i suoi si girano annoiati dall’altra parte ogni volta che c’è un problema nel Mezzogiorno” ha detto ieri Vaccaro al Corriere del Mezzogiorno.

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