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Al di fuori dei Palazzi le polemiche sono anche più forti: c’è la situazione in Liguria, con la contestatissima candidatura di Paita, ora indagata per i fatti dell’alluvione e in Umbria, con un’ulteriore frattura interna al PD.

Una discussione che ha attirato la mia attenzione in queste ore è quella tra Fiorella Mannoia e il ministro del lavoro Giuliano Poletti.

Scrive la Mannoia: “La gente lavora tutta la vita, se ha la fortuna di trovarne uno, va in pensione a 67 anni che sono parenti prossimi di 70 e se è fortunato avrà una pensione da fame dop aver speso tutto il tempo di una vita a pagare mutui, rate, bollette, tasse…ora volete rubare anche il tempo dell’adolescenza. Ma andate a lavorare voi che da una vita vivete con lauti stipendi pagati da noi. Andateci voi a fare volontariato. Il lavoro si paga!”

Risponde Poletti dicendo di non aver mai pensato di mandare a lavorare gratis nessuno! Per fortuna!

In questa discussione mi è tornata alla mente la questione dei bamboccioni, dei choosy, dei/delle ragazzi/e che non vorrebbero lavorare. Poi penso alla mia realtà, anche personale, e a quella di centinaia di altri ragazzi e ragazze più o meno giovani di me che conosco e mi pongo una domanda:

Chi sono veramente i choosy e bamboccioni? Ci sono persone che dai 18-19 anni vivono da soli, hanno lasciato casa e affetti per trovare altre possibilità di vita. Che hanno lavorato, camerieri, pizzaioli, bagnini l’estate, call-center, piccoli contratti in editoria per pochi spiccioli ad articolo, per andare avanti con gli studi negli anni e che poi a 30 anni sono stufi di doversi accontentare e vorrebbero anche migliorare la propria condizione… ecco questi li volete definire choosy e bamboccioni?

E che dire poi dei figli/e di mamma e papà, che non hanno mai lavorato un giorno in vita loro perché avevano o hanno una paghetta mensile comprensiva di vitto e alloggio, anche se vivono lontani, dato che possono permetterselo? Che dire di questa bella gente che magari, non per meriti particolari, ma per una fortuna cosmica che ha previsto per loro di nascere in famiglie benestanti e con i giusti contatti, poi entra in posizioni di potere e di comando? Quelli sono i “migliori”? Questo è il merito? La loro realtà è totalmente irreale. Eppure, sono quelli che vanno avanti per lo più, non quelli che le mani se le sono davvero sporcate per vivere, emanciparsi e “farsi da sé”.

Ecco, quante ambiguità in questa società che si riempie la bocca di parole come meritocrazia, eguaglianza, giustizia, formazione…

E nella questione direttamente connessa alla litigata online Mannoia/Poletti c’è di più: il volontariato è cosa seria, certo, ma è volontariato. Si tratta di attività accessoria che uno fa liberamente. Il lavoro, ha ragione la Mannoia, si paga! Il lavoro è dignità, il lavoro è emancipazione da condizioni di svantaggio. E se il lavoro viene umiliato e schiacciato, continueranno a farsi strada non i migliori, non chi si impegna, non i bravi, ma chi parte dalle condizioni di vantaggio dovute al reddito e alla possibilità di godere delle conoscenze giuste: ancora, sempre, di nuovo!

Il sistema è malato, da tanto tempo. E ancora una volta, come capita per tante altre questioni, la colpa è sempre del giovane o della giovane che non si impegna abbastanza… magari studia, lavora, fa pure volontariato, ma ha la sfortuna di non essere sufficientemente benestante da permettersi scuole rinomate che formano una classe dirigente (sempre poco competente e poco aderente alla realtà!), di viaggiare e conoscere 3 lingue e così via… e quindi dove sta il problema Poletti? Nel lavoro gratuito da fare nelle botteghe di Paese l’estate?

Mannoia-Poletti lo scontro sul lavoro continua

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