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Matteo Renzi non poteva non sapere, fin da febbraio, che il cooperante italiano morto in Pakistan, Giovanni Lo Porto, poteva essere stato ucciso per errore da un drone statunitense. E’ quello che sostiene il quotidiano il Giornale, anche sulla base di spifferi giunti ieri dall’audizione di Marco Minniti al Copasir, il comitato parlamentare sui Servizi che è presieduto da Giacomo Stucchi della Lega. Ma andiamo con ordine.

LE PAROLE DI MINNITI

Il premier continua a sostenere di esserne venuto al corrente solo il 22 aprile. Ma nella sua audizione di ieri al Copasir, scrive oggi Fausto Biloslavo sul Giornale, l’Autorità delegata alla sicurezza della Repubblica, Marco Minniti, ha detto che “la Cia aveva informato due mesi fa i servizi italiani della concreta possibilità” della morte del cittadino della Penisola.

TUTTI SAPEVANO?

Alla domanda di uno dei membri fino a che livello è arrivata l’informazione della Cia, l’esponente Pd ha risposto: «Al mio livello si è fermata». In pratica un parafulmine per il presidente del Consiglio“, aggiunge il quotidiano diretto da Alessandro Sallusti. Certo, prosegue Biloslavo, “non vi è certezza” assoluta che Renzi sapesse. Eppure una “fonte attendibile” del Giornale conferma che “l’Fbi aveva informato in febbraio la famiglia dell’ostaggio americano che potrebbe essere morto, forse per fare uno mezzo sgambetto alla Cia. «Da quel momento tutti sapevano tutto, ma c’è voluto tempo per la certezza definitiva»“. Difficile, dunque – è la tesi del quotidiano milanese -, che il capo del governo non fosse al corrente di quanto accaduto.

LE ALTRE RIVELAZIONI

Come già scritto da Formiche.net e ribadito anche nell’articolo di Biloslavo, nella sua audizione Minniti si è soffermato sul fatto che, purtroppo, Lo Porto non sarebbe ancora stato identificato direttamente ma che vi siano tuttavia pochi dubbi sulla sua identità. “«Non è stata fatta alcuna prova del Dna, ma ormai non ci sono dubbi che l’ostaggio italiano è rimasto ucciso. L’impegno di tutti è di riportare il corpo a casa» spiega la fonte de il Giornale. L’identificazione è avvenuta grazie alla sorveglianza di droni e satelliti, ma soprattutto attraverso testimoni che hanno assistito al funerale e alla sepoltura dei terroristi uccisi e delle due vittime innocenti. Lo Porto sarebbe stato tenuto prigioniero in un tunnel andato distrutto e per questo non è stato visto dai droni prima dell’attacco“.

INTERROGATIVI A 5 STELLE

Se colpe vanno attribuite, hanno evidenziato i componenti del Movimento 5 Stelle, queste non debbono andare ai servizi italiani, che “hanno fatto tutto quello che potevano per arrivare alla liberazione di Lo Porto”, senza “trascuratezza e negligenza”. Però ora, serve maggiore chiarezza su alcuni aspetti nebulosi dell’intera vicenda, per chiarire i quali chiedono – unitamente ad altri componenti del comitato – “che pure i dettagli… che coinvolgono informazioni segrete di altri paesi, venga reso pubblico“.

PAROLE POPOLARI

Negli ultimi 3 anni, ha ricordato il vicepresidente del Copasir, Giuseppe Esposito, senatore di Area Popolare (Ncd-Udc), “più di una volta in questi tre anni si è pensato di essere vicini ad una soluzione positiva dell’evento”, liberando l’ostaggio. Ora la priorità, per tutti, è quella di riportarne a casa il corpo senza più vita, perché i familiari possano dargli l’estremo saluto.

DOMANDE NON TROPPO PEREGRINE

Dalla lettura del Giornale e dalle smentite o precisazioni non arrivate fino ad ora, non si può non notare che la sessione di ieri era secretata e i componenti della Commissione parlamentare hanno l’obbligo della segretezza. “Chi ha tradito il patto (e la legge)?”, ci si chiede nei Palazzi romani. “E’ successo un fatto che mina la fiducia fra Sistema dell’intelligence, governo e Parlamento – nota un osservatore – Il presidente Copasir sporgerà denuncia?”.

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