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“L’unica cosa che ho da rimproverare a Mosè è che ci ha fatto attraversare a lungo il deserto per portarci nell’unico posto del Medio Oriente dove non c’è petrolio”

Golda Meir

 C’è un importante convitato di pietra in tutte le discussioni sul rilancio della crescita del nostro Paese: il Mezzogiorno, una parte spesso dimenticata che rappresenta circa il 35% della popolazione e circa un quarto del PIL italiano dove la crisi è stata pesantissima: la recessione degli ultimi 6 anni accompagnata dalla deflazione dei prezzi, dalla contrazione dei consumi e dalla disoccupazione in continua crescita è stata una combinazione micidiale che ha avuto effetti tremendi sul Mezzogiorno. E’ per questo che la questione meridionale è, ancora una volta e purtroppo, al centro della crisi ma dietro le quinte nel dibattito.

Ma il rischio desertificazione del Sud attiene sia alla componente tecnica ma riguarda anche la capacità occupazionale, produttiva e di accumulo di risparmio. I recenti rapporti Censis e Svimez dicono chiaramente che al Sud non ci sono posti di lavoro. Tra il 2008 e il 2013, delle 985mila persone che in Italia hanno perso il posto di lavoro, oltre la metà (583 mila) è residente nel Mezzogiorno. Ecco perché la crisi ha colpito soprattutto le regioni meridionali dove, pur essendo presente appena il 26% degli occupati italiani, si concentra il 60% delle perdite di impiego.

Come uscire da questa spirale perversa? Intanto, parlandone e non lasciando il Sud al suo destino anche solo per disattenzione. Ma parlarne, com’è chiaro, non basta. Bisogna osare di più ed innovare. E’ necessario invertire la rotta. Ma la domanda più importante è: per andare dove?

E’ per questo che, in una fase in cui è strategico gestire la conoscenza in rete per competere a livello globale, i fattori sui quali puntare non possono essere altri che quelli legati alle attività immateriali: know-how, tecnologia e finanza, ovvero i tre motori del capitalismo intellettuale. Stiamo dimenticando ambiente e turismo? Può darsi ma, se si vuole fare una scommessa forte sul futuro, si devono concentrare tutte le risorse sui fattori veramente trainanti, e considerare gli altri come asset, pur importanti, ma di supporto. Un orizzonte di sviluppo che tutto il Paese ma soprattutto il Sud dovrebbe provare a cavalcare creando un sistema di regioni-rete che sfruttino la leva turistica per far conoscere le opportunità di innovazione territoriale alle più importanti aziende mondiali.

E’ per questo che CONFASSOCIAZIONI, che rappresenta in questo momento 161 associazioni e circa 290 mila professionisti, ha organizzato la presentazione del suo “Manifesto per l’Innovazione del Sud Italia”, il 18 dicembre prossimo, dalle ore 10 alle ore 13.30, presso la Camera di Commercio di Napoli (Via di S. Aspreno 2).

Una strada complessa ma non impossibile da percorrere. Basterebbe iniziare con qualche misura concreta. Ad esempio, con una norma a costo zero che obblighi tutti coloro che hanno il wi-fi a tenerlo costantemente acceso senza password di accesso. Gartner, forse la più importante società di consulenza nel settore dell’ICT, stima che, se ciò accadesse in tutto il nostro Paese, il PIL aumenterebbe per effetto delle interazioni di mercato dell’1,6% su base annua. Al Sud, fatte le debite proporzioni, spetterebbe circa lo 0,4%. Praticamente la crescita 2015 prevista per tutta l’Italia dall’attuale Legge di Stabilità.

Io mi accontenterei…

Sud e innovazione: i convitati di pietra della crisi

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