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Probabilmente Giuliano Ferrara, più attratto dal sottile piacere della polemica che non da pomposi salamelecchi, non sopporterebbe tutte le interviste che in queste ore ne raccontano “epicamente” le gesta al Foglio, come quella che Stefano Di Michele ha dato chiacchierando con Formiche.net.

Non lo sopporterebbe, a meno che a dire la sua non sia proprio Stefano Di Michele, geniale e irriverente firma che ha diviso a braccetto con lui gli ultimi 14 anni, di lavoro ed amicizia.

L’ARRIVO AL FOGLIO

Giuliano è stato il miglior direttore che abbia mai avuto, insieme a Walter Veltroni”, dice subito per fugare ogni dubbio, nel giorno in cui l’Elefantino passa lo scettro della sua creatura giornalistica a Claudio Cerasa.

Il loro rapporto è stato sin dal principio irrituale, per così dire.“Sono arrivato al Foglio il giorno in cui chiuse l’Unità nel 2000. Fu un atto di generosità di Giuliano nei miei confronti, anche per questo gli sono grato. Mi arrivò una sua telefonata, lo conoscevo pochissimo, l’avevo visto un paio di volte e per giunta lo avevo preso abbondantemente in giro sulle pagine di quel giornale. Mi disse: “Se vuoi qui ci sono un computer e una scrivania per te”. Siccome sono un sentimentale, per un po’ ho rimpianto l’Unità, poi dopo qualche mese sono arrivato al Foglio”.

LA PARADOSSALE CONVIVENZA

Se pensa alla loro convivenza al Foglio, Di Michele la sintetizza così: “Mi dispiacerà molto che non sia più il direttore, anche se ha detto che sarà “un elefante che continuerà a pascolare da queste parti”. In tutti questi anni ci sono stato bene e mi sono divertito. Una cosa paradossale, perché io e Giuliano non condividiamo quasi niente sul versante pratico. Lui era un berlusconiano pop; io né pop né d’élite, non m’è mai passato per la testa. Non ho mai avuto i suoi periodi di infatuazione per Bush e i repubblicani ultraconservatori, per l’Iraq, anche certe campagne contro l’aborto e a difesa dell’embrione non le ho condivise. Eppure, nonostante questo, negli anni ho lavorato in assoluta libertà. Ho fatto letteralmente quel che mi pareva qui dentro. Ho scritto di tutto, ho potuto sfottere tutti, a cominciare da Berlusconi, senza mai avere nessun problema. Poi se c’era qualche problema” – ride – “c’era Giuliano che copriva”.
Nonostante la totale asimmetria tra sintonie (poche) e distonie (molte), in fondo i due non sono poi del tutto diversi. “Veniamo entrambi dalla stessa parte e questa cosa si sente. Giuliano è stato un berlusconiano pop, però veniamo tutti e due da sinistra (e io ci sono anche rimasto, a dire il vero). Lui che è così schierato politicamente, fino a fare il ministro con Berlusconi e fare un giornale a lui molto vicino, ha polemizzato duramente con la sinistra, soprattutto quella radical chic, ma ha sempre dimostrato profondo rispetto per quella storia. È ancora il compagno Ferrara in fondo, o almeno è bello pensarlo così. A parte questo lui è iperattivo, io sono pigro, indolente; lui è uno che azzarda, è temerario, io sono un po’ più pavido e abitudinario. Per certi versi, nella vita quotidiana, sono molto più conservatore io di Ferrara“.

PASSIONE “ANIMALESCA”

Le convergenze parallele tra i due si estendono anche al regno animale. “Io amo i gatti, i miei Borges e Camilla, lui adora i suoi bassotti con i quali ha un’empatia profonda. Entrambi però amiamo gli animali. Una cosa di Giuliano che man mano ho visto e mi ha emozionato è proprio la sua sensibilità animalista. Qualche anno fa io ho scritto un librettino sui miei gatti, una sorta di dichiarazione d’amore per loro. E Giuliano scrisse un pezzo bellissimo, una recensione esagerata sul Foglio. Gli dissi, “Giulia’, grazie, ma mica è uscito Guerra e Pace!”.

SPIRITO FOGLIANTE

Una libertà e un divertimento, quelli dei foglianti (riassunta a suo modo anche dalle parole di un manager come Sergio Scalpelli), difficili da cogliere dall’esterno. “Molti miei amici di sinistra, i più stupidi in verità, mi guardavano con compatimento, come se fossi messo nelle cucine di Arcore a lavare le scodelle di Berlusconi. Gli spiegavo, invece, che Giuliano, a parte il ruolo, l’apparenza e anche il personaggio a cui gioca, è una persona gentile, quasi fino allo sfinimento, ha delle sue tenerezze tutte strane. Non mi credevano. Eppure posso dire che se anche ci fossero state offerte più danarose, non me ne sarei andato”. Ferrara, racconta Di Michele, “si raccomandava spesso che ci divertissimo. Se non ci divertiamo nel fare questo lavoro non soddisfiamo né noi e negli altri, ama dire. Lui questo mestiere lo fa con burlesca serietà. Non gli piace prendersi sul serio e voleva che anche noi non lo facessimo. Non stiamo cambiando il mondo, ma a volte pensiamo di farlo. Lui ci riportava alla realtà“.

VISIONI A CONFRONTO

In tanti anni, nemmeno un momento incomprensione? “Forse i primi tempi” ricorda – assaporando il suo sigaro – Di Michele, “quando Giuliano voleva che mi occupassi di analisi politica. E io di politica non capisco niente e poi mi annoia profondamente. Riforme, federalismo, titolo V: potremmo anche avere la monarchia per me, non me ne frega niente! A me interessa solo il teatrino della politica. Quando si è reso conto che da me non cavava niente di politica, mi ha lasciato libero di raccontare ogni teatrino che mi passava per la testa”. Non sono mancati gli scontri, prosegue, ma tutti contraddistinti dalla verve unica di Ferrara. “Non c’è mai stata un’occasione in cui ho dovuto nascondere di non essere d’accordo con lui. E nel 90% dei casi non lo ero. Giuliano non ama chi annuisce sempre. Quando c’è qualcuno che gli dice che non è d’accordo, invece, gli si accende la voglia di sfida, il suo interlocutore lo incuriosisce. Senza dubbio si diverte di più ogni tanto sentendosi mandare a quel paese e non sentendosi dire quanto è intelligente. Nonostante ciò non mi è mai capitato di mandarlo a quel paese, ma abbiamo litigato e discusso. Ma era divertente litigare con lui. Intanto perché a volte i decibel, con Giuliano, potevano anche superare la soglia di sicurezza. E poi perché non conservava mai un minimo di risentimento. Finita la discussione era tutto come prima. Era la discussione stessa che lo appassionava”.

IL FOGLIO DI FERRARA

Che giornale è stato quello diretto da Ferrara? “Il suo Foglio è stato un paradosso. Un quotidiano schierato con la famiglia Berlusconi, ma capace di contenere dentro di sé tutto quello e l’esatto suo opposto. Qui c’è gente che vota a sinistra, ultrà berlusconiani, cattolici, atei assoluti. Qualche volta, prima delle elezioni, abbiamo raccontato sul giornale come votavamo. Mi ricordo che erano venuti fuori sei voti per i Ds, che ancora esistevano. Forza Italia non era in maggioranza. Incontrai per caso Piero Fassino, che allora era segretario del partito e mi dice: “Cavoli! Ci sono più voti lì al Foglio per noi che all’Unità!. Questo era il suo quotidiano. Molte delle cose che Giuliano pubblicava non le condivideva, ma gli piacevano. Ha fatto un giornale che aveva una “corda pazza”, come diceva dei siciliani Leonardo Sciascia. C’era la corda pazza del Foglio, una leggera vena di follia che è la cosa più bella di questo quotidiano, la sua cifra. Tutti sanno chi è Giuliano, come la pensa, eppure aprivi il giornale e ti capitava di stupirti. Generalmente i giornali sono così noiosi che non si capisce perché uno dovrebbe volerli leggere. Le notizie ormai si trovano ovunque in tempo quasi reale. Se ci trovi un po’ di stupore conviene prendere il giornale, altrimenti meglio leggere poesia“.

SINTONIE OZIOSE

C’è un aneddoto, però, uno di una lunga serie, che riassume appieno per Di Michele lo spirito “libertario e un po’ matto” del suo (ex) direttore. “Qualche anno fa passavo un periodo di profonda stanchezza interiore. Andai da lui e gli chiesi qualche mese di aspettativa, perché volevo riposare. Sbarrò gli occhi e mi disse: “Devi scrivere un libro pure te? Per carità non lo scrivere, fanno tutti schifo ‘sti libri dei giornalisti”. Io risposi: “Non mi passa nemmeno per l’anticamera del cervello. Voglio mettermi in aspettativa perché ho solo voglia di avere tempo da perdere. Voglio svegliarmi senza sapere che fare, giocare coi gatti, andare in giro, fare sesso, chiacchierare, andare a messa, in sezione: insomma, quello che mi pare”. Allora mi guardò e mi disse: “Ma è una motivazione bellissima! Assolutamente sì, prenditi un po’ di tempo. L’ozio è creativo”. E concordammo su questa cosa. Di solito i giornalisti stanno al computer a vedere quel sito sconosciuto di Los Angeles o di Dubai per informarsi, invece spesso è non facendo niente che arriva l’ispirazione. Bene, questa idea squinternata che avevo io, Giuliano l’aveva capita perfettamente e mi ha lasciato coltivare questa vena matta. Non credo che nessun altro lo avrebbe fatto”.

Stefano Di Michele: vi racconto i miei anni al Foglio con Giuliano Ferrara

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