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Riceviamo e volentieri pubblichiamo

L’epopea delle riforme, velleità dell’ultimo ventennio di storia repubblicana, non conosce limiti.

Come in una sorta di poema cavalleresco si alternano sulla scena politica – parlamentare novelli Don Chisciotte tendenti a perdere la concezione del reale, confondendo, proprio come il protagonista di Cervantes, le riforme strutturali (i mulini a vento) con la semplice propaganda (i giganti).

L’inadeguatezza della nobiltà dell’epoca fa il paio con quella della classe politica governante dell’oggi. E succede che, oggi come allora, il tramonto degli ideali è contraddistinto dal sorgere di periodi di profonda crisi, in cui tutto ed il suo contrario, alla bisogna, si rivelano utili e funzionali.

A breve, vedremo i primi effetti di alcune chimeriche riforme, in primis, quella targata Del Rio sugli enti provinciali. Una trasformazione che, di fatto, non solo non cancella le provincie (come quella istituzionale non cancellerà il Senato) ma non modifica né le loro competenze né semplifica i livelli amministrativi, ma elimina unicamente quel controllo politico essenziale e basilare rappresentato dall’esercizio del voto.

Per ora, in prossimità delle elezioni di secondo grado che si svolgeranno per le Provincie e le Città metropolitane tra il prossimo 28 settembre ed il 12 ottobre, la prima tangibile conseguenza è l’elevazione dell’inciucio a sistema, il trasformismo che diventa regola e la gestione come  fine e non già come mezzo.

Si potrà obiettare che, in fondo, non è poi questa una novità.  E’ vero. Ma la metamorfosi della politica, del suo ruolo e della sua funzione all’interno della società italiana è sempre più preoccupante, perché la sua delegittimazione è inversamente proporzionale alla sua autorevolezza ed alla sua capacità di incedere sui processi in atto ed invertire una rotta che porta dritta al commissariamento della nostra democrazia.

In cantiere, o meglio, in progetto, vi sono altri interventi come la riforma della giustizia e quella del sistema scolastico ed universitario, la cui fase embrionale risente del clima di spot e di slogan che ricordano per l’appunto l’esperienza Del Rio.

Continuare sul solco tracciato confondendo obiettivi ed invertendo le priorità, equivale a ridicolizzare la necessità e la credibilità stessa delle riforme. Cervantes, con il suo Don Chisciotte, palesò esplicitamente questo suo intendimento verso il mondo medievale. Spero che i nostri eroi, abbiano intenzioni migliori e non si lascino trasportare e deviare da concezioni epico-cavalleresche.

Province, inciuci al potere?

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