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E’ davvero noiosa la litania: l’Unità rischia la chiusura che, sul motivo ora pro nobis, recitano da qualche settimana, alternandosi, tutti gli elementi dell’orchestra, della filiera. Ordunque: che fine farà il prestigioso quotidiano fondato novant’anni fa da Antonio Gramsci il quale volle un giornale che non dovrà avere alcuna indicazione di partito. Dovrà essere un giornale di sinistra?

Se lo chiedono gli elementi dell’orchestra, della filiera: dal Cdr alle Rsu, dal direttore Luca Landò al Pd che chiamato in soccorso dal Cdr ha subito risposto: presente, dalla Fnsi alla Asr, fino alle componenti sindacali di maggioranza e minoranza: Autonomia e Solidarietà e Puntoeaceapo. Scioperi, poi scioperi, e sempre il venerdì per non uscire il sabato, impedendo, in tal modo, l’uscita del settimanale allegato: Left. E avverrà, per la quarta volta in un mese, anche la prossima settimana: sabato 31 non saranno in edicola nè l’Unità né Left. Quindi sciopero delle firme e ancora appelli al Pd ad intevenire, dopo un lunghissimo disinteresse. A sentire questa noiosa litania, tutti sembrano sinceramente preoccupati per il futuro del quotidiano.

Cdr e Rsu lo erano anche il 3 agosto 2013 quando in una lettera agli azionisti sollecitavano la ricapitalizzazione della Nie la società che edita l’Unità dal 28 marzo 2001, giorno del ritorno in edicola dopo una lunga assenza. In quella accorata lettera agli azionisti tra le altre cose si diceva: Noi redattori e poligrafici siamo pronti. Abbiamo accettato sacrifici, li stiamo facendo e siamo pronti a fare la nostra parte ancora una volta. Non ci spaventa l’innovazione. Tocca anche a voi decidere il destino di questo patrimonio culturale.

La ricapitalizzzione fu fatta da un solo socio: Matteo Fago che divenne il socio di riferimento e di maggioranza della Nie con il 51,2%. Da quel giorno il giornale si rimise, quanto meno, in piedi, con tutti i suoi acciacchi, calo delle copie passate dalle 72.900 del 2001 alle 30.900 del 2012 poi alle 23.544 del 2013 e alle 21.400 del 2014, ed i suoi malanni, le perdite superano i 20 milioni di euro. Fu scongiurata l’istanza fallimentare.

E iniziò l’opera di innovazione che non spaventa. Legittimamente l’editore scelse un nuovo direttore: Luca Landò un interno al posto di Claudio Sardo restato come editorialista. Non c’è stata nessuna epurazione ma un legittimo avvicendamento. Più e più volte Fago spegò i suoi intendimenti: rilanciare il glorioso quotidiano, ma totalmente autonomo dal Pd, e rinnovarlo aprendendolo a voci e contributi diversi per diventare il punto di riferimento culturale della sinistra.

Progetto culturale ambiziosissimo, ma per nulla impossibile. E in quel frangente partì una assordante e stridula campagna di critica dell’Unità per offuscarne l’immagine, che ebbe nel Fatto quotidiano degli ex Antonio Padellaro e Furio Colombo, con l’apporto di un altro ex, Marco Travaglio, la punta di diamante. Il compagno P e il compagno C hanno nell’Unità il loro principale competitor:  del resto il Fatto quotidiano è stato possibile per l’ignavia e la superficialità con cui dal 2001 è stata gestita l’Unità che, pur contando su firme eccellenti come gli ex-Padellaro e Colombo, contro i quali sono state annunciate azioni giudiziarie, e poi Concita De Gregorio, presa in prestito da Repubblica, non è riuscita a risalire la china.

Improvvisamente (!) scoppia il bubbone e il Cdr chiama in soccorso il Pd che immediatamente risponde presente. C’è da ripianare perdite e da rilanciare il quotidiano. Il Pd prende tempo: le elezioni europee sono un test importantissimo per il Premier e leader, Matteo Renzi. Così va deserta l’assemblea ordinaria cui doveva seguire, il 16 scorso, l’assemblea straordinaria e tutto viene rinviato a una nuova assemblea strordinaria per fine maggio. Dopo che uno dei soci defilatosi dalla ricapitalizzazione, Maurizio Mian presente nel giornale da illo tempore aveva aggiornato la situazione: bisogna che questi due Matteo vadano d’accordo.

Ciò che colpisce di tutta questa vicenda – fermo restando il sacrosanto diritto di sciopero – è il balletto tra il Cdr e il Pd: l’uno che invoca il soccorso e l’altro che risponde subito, come se tutto accadesse per puro caso. Come se non fosse nota la situazione del quotidiano con i suoi acciacchi e con i suoi malanni, che si trascinano dall’epoca delle figurine e dei film in cassetta allegati.

L’importante per tutti e soprattutto per il competitor eccellente, il Fatto quotidiano, è poter dire che il responsabile sarebbe chi ha già salvato l’Unità con una onerosa ricapitalizzazione, dimenticando che tra i soci della Nie figura la Chiara srl, società dell’ex-presidente di Bpm e di Impregilo Massimo Ponzellini, agli arresti domiciliari per vicende fiscali: nulla da ridire, se non fosse che tra i soci della Chiara srl risulterebbero esserci il compagno P e il compagno C. Ecco, che ci fanno nella Chiara srl? E perché ci stanno? Forse la litania andrebbe cambiata con l’inno alla pulizia.

 

 

 

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