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Al centro dell’attenzione per i suoi tormenti elettorali, la Francia non avrà certo voglia di discutere della sua contabilità pubblica, malgrado inquieti mezzo mondo.

Eppure qualche motivo d’interesse i conti nazionali 2013 diffusi dall’Insee ce l’hanno. Se non altro perché confermano che i francesi, dei guai della loro spesa pubblica, semplicemente se ne fregano e tirano dritto. Che si potrebbe anche riassumere così: tassano e spendono senza pudori.

Potenza della grandeur.

Certo, il governo di Hollande non gode di ottima salute. Eppure a guardare l’andamento della spesa pubblica nel 2013 non sembra che la ragione sia da ricercarsi in pratiche di austerità. Non pare, insomma, che sia colpa della lesina delle amministrazioni pubbliche che, al contrario, hanno continuato a spendere quanto e più di prima.

Qualche numero aiuterà a comprendere.

I dati aggregati ci dicono che il deficit 2013 è calato rispetto al 2012, ma rimane sempre sopra il 4%, esattamente al 4,3% di un Pil di 2.037 miliardi di euro, pari a un deficit di 87,6 miliardi di euro, 0,6% in meno rispetto al 2012. Certo, un gran progresso rispetto al 7% del 2010.

Pensate cosa sarebbe capitato a noi se avessimo fatto un deficit del 7%.

Ovviamente la prima conseguenza del robusto deficit francese è l’aumento del debito, che a fine 2013 è arrivato al 93,5%, dal 90,6 del 2012, in crescita costante dal 2010, quando era all’82,7%. Ma il dato interessante è quello sull’andamento delle entrate e delle uscite delle amministrazioni pubbliche dal 2010 in poi.

Le entrate dello Stato sono passate dal 49,5% del Pil del 2010 al 52,8% del 2013, quindi sono cresciute del 3,3% del Pil. A fronte di ciò la spesa pubblica, già al 56,6% del Pil nel 2010 è cresciuta arrivando fino al 57,1% nel 2013, quindi uno 0,5% in più. In sostanza il calo del deficit dal 2010 in poi è da attribuirsi pressoché esclusivamente al consolidamento fiscale, che però non ha frenato la spesa pubblica, al contrario.

Se andiamo a vedere nel dettaglio, infatti, notiamo che sono aumentate tutte le voci del bilancio di pubblico. Le spese di funzionamento sono aumentate dell’1,9% rispetto al 2012, arrivando a 398,2 miliardi (erano 381 miliardi nel 2011). Di queste 114,7 sono consumi intermedi e 273,3 remunerazioni ai dipendenti. Noto che la voce remunerazione è cresciuta di dieci miliardi rispetto al 2011. Al contrario dei nostri, i travet francesi non soffrono.

La spesa per prestazioni sociali è esplosa, sommando un altro +3% nel 2013 al +3,3% di crescita già registrato nel 2012. I numeri assoluti ci dicono che tale voce di costo del bilancio pubblico è passata dai 508,9 miliardi del 2011 ai 541,9 del 2013.

L’unica voce calante della spesa pubblica francese è quella degli interessi sul debito, scesa dai 56,3 miliardi del 2011 ai 51 miliardi del 2013, grazie al calo generalizzato degli spread.

Ma, come diceva Totò, è il totale che fa la somma. E il totale è un mostro da 1.176,1 miliardi di spesa pubblica complessiva, cresciuta complessivamente di 57,2 miliardi dai 1.118,9 del 2011.

A fronte di queste spese abbiamo ricavi totali, sempre nel 2013, di 1.087,9 euro. Il grosso, ovviamente, arriva dalle imposte su prodotti e produzione, che quota 325 miliardi nel 2013, ed è cresciuta di 17,2 miliardi dal 2011. Poi ci sono le imposte sul reddito e sui patrimoni, aumentate dai 223,2 mld del 2011 ai 255,3 del 2013 (+32 miliardi), mentre è in calo l’introito della tassa sulla proprietà, da 17,1 miliardi (2011) a 13,7. Infine i contributi, passati dai 336,6 miliardi a 356,8.

Se guardiamo ai totali, le entrate sono aumentate di 72,6 miliardi. Ma, come abbiamo visto, sono aumentate contestualmente le uscite di 57,2, portandosi il saldo positivo a 15,4 miliardi. Che equivale esattamente al calo del fabbisogno nel triennio considerato, appena migliorato da una manciata di centinaia di milioni di euro di swap, e equivale quasi interamente al ribasso del deficit segnato fra il 2012 e il 2013, ossia lo 0,6% del Pil (circa 12,2 mld).

In sostanza, il calo del deficit si può dire sia stato ottenuto aumentando esclusivamente le tasse. Un mal comune che non dovrebbe provocare alcuna sensazione di gaudio però. E che spiega molto bene i tormenti del povero Holland.

Se questa è la situazione della Francia, che peraltro continua ad avere un deficit fuori misura, un Pil recalcitrante e uno dei costi del lavoro più alti d’Europa, per tacere del suo debito estero e dell’andamento del suo conto corrente, gli interrogativi sulla tenuta dell’eurozona non possono che aumentare.

Fino a quando i francesi accetteranno di essere supertassati e di finire all’indice di Bruxelles?

Fino a quando l’eurozona potrà reggere un paese core che sta scivolando versi i PIIGS?

La Francia, d’altronde, ha una lunga tradizione di sabotaggi europei, dalla comunità europea di difesa nel ’53, alla bocciatura della costituzione europea.

Le rimane solo di sabotare l’euro.

I francesi se ne fregano (dei debiti) e tirano dritto

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