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Ci mancava solo Beppe Grillo e puntualmente è arrivato. Senza neanche prendersi la briga di innovare il repertorio, o almeno di adattarlo un po’ alle circostanze: “La Repubblica è morta”, “Renzie” e via così, parlava della finale di Coppa Italia ma avrebbe detto le stesse cose se avesse ciarlato di legge elettorale, elezioni europee o chissà che altro.

Allo stadio Olimpico sono successe molte brutte cose, e anche altre meno brutte. La cosa peggiore, però, è stato lo sciacallaggio del poi, il moralismo da divano di casa, i tweet alluvionali dei tanti maestri di vita e di telecomando, la sociologia un tanto al chilo, l’approssimazione giornalistica, l’apparente obbligo civile di dire la propria su tutto e su tutti.

“Non si deve giocare, se si gioca è solo perché the show must go on”, è stato l’urlo dei primi momenti.

Ma voi teorici del tutti a casa c’eravate allo stadio? Anzi, avete mai messo piede in uno stadio? Avete una vaga idea di cosa significhi dire a settantamila persone “ite missa (non) est” e sperare che non succeda niente, mentre voci incontrollate si rincorrevano, aiutate dal fatto che i telefoni non funzionavano, le connessioni internet erano assenti e la rete wi-fi dello stadio era in vacanza?

“Genny ‘a carogna ha autorizzato la partita”, scandalo! E giù a creare un nuovo personaggio, un nuovo cattivo-capro espiatorio che prenda su di sé tutti i peccati del mondo.

Per me gente come la carogna e i suoi scherani non dovrebbero mettere piede in uno stadio, e non solo a Napoli, ma da Udine a Trapani. Ho anche il dubbio se possano stare o meno a piede libero. Ma una volta che li hai fatti entrare nello stadio, una volta che la situazione prende una certa piega, non puoi fare a meno di parlare con loro. Anzi, fai bene a parlare con loro, è l’unico modo per evitare che non succeda di peggio. E’ una resa? A me è sembrata solo una scelta pragmatica e di grande buon senso.

Alla fine, tra tanto stracciarsi di vesti e richieste di dimissioni da Alfano in giù, tutte le scelte fatte ieri in tema di ordine pubblico sono state azzeccate e hanno evitato il peggio. Compresa quella relativa alla pietosa invasione di campo finale, prima consentita e poi comodamente rintuzzata, senza ulteriori tensioni.

“Il calcio è morto”, “chiudete il calcio”, tutto il male si annida lì.

Facile, vero? I criminali sono criminali, che usino come scusa il calcio, l’ideologia politica o una delle mille altre scuse con le quali i miserabili tentano di ammantare le loro azioni. Allora, risolvete i problemi di giustizia penale, di ordine pubblico, di affollamento carcerario, di diffusione delle armi, di tutto quello che volete voi e lasciate il calcio a chi ha voglia solo del calcio.

E chi vuole farsi pubblicità, chi vuole lucrare consenso, chi vuole farsi bello a costo zero, chi ha la soluzione per tutti i mali cerchi di farlo dando alle sue parole un po’ più di contenuto. E magari parlando di cose che conosce e capisce.

La Coppa Italia e il moralismo dal divano di casa

Ci mancava solo Beppe Grillo e puntualmente è arrivato. Senza neanche prendersi la briga di innovare il repertorio, o almeno di adattarlo un po' alle circostanze: "La Repubblica è morta", "Renzie" e via così, parlava della finale di Coppa Italia ma avrebbe detto le stesse cose se avesse ciarlato di legge elettorale, elezioni europee o chissà che altro. Allo stadio…

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