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Articolo pubblicato su l’Arena di Verona, Giornale di Vicenza e Brescia Oggi.

Alla fine del mondo il vento è gelido, gli spazi immensi e la solitudine, spesso, l’unica speranza. Ma nessuno come Francesco, che da tanto lontano proviene, è riuscito in così poco tempo – un anno, appena, dalla sua elezione papale – a parlare al cuore della gente da vicino, facendo riscoprire l’importanza e la bellezza dello stare insieme.

La Chiesa di Roma era paralizzata da intrighi e polemiche, e Benedetto XVI, il mite e colto predecessore, si era dimesso per la prima volta negli ultimi settecento anni di storia bimillenaria. Ma nessuno come l’argentino-italiano Francesco, estraneo ai giochi per ragioni geografiche e biografiche (“io sono un prete callejero”, di strada, ama ripetere ancora oggi con un sorriso disarmate), sta riformando la curia così nel profondo. Spalancandola verso il mondo ed esortandola a riflettere a voce alta persino sulla sua stessa dottrina e tradizione. Quasi fosse un viatico per una nuova, antica Chiesa senza paura. Neanche quando i suoi valori di sempre devono vivere nel presente secolarizzato. Neanche quando i suoi principi immutabili devono denunciare con forza, oggi, “la globalizzazione dell’indifferenza”, come Francesco ha ribattezzato il nichilismo dominante. E poi i gesti, che contano più delle parole: lavare i piedi ai carcerati o a una donna musulmana, come questo Papa ha fatto, “vale” più di cento prediche per far capire che significa essere cristiani e cattolici al tempo della povertà dilagante, della sofferenza nascosta, della fede facile da trovare in una squadra di calcio, ma difficile da trovare in Dio (e lui, comunque, non teme di mostrare il tifo per il San Lorenzo di Almagro di Buenos Aires: forse un Papa non può esultare per un gol?).

Ecco, dodici mesi dopo, la cosa che forse più colpisce dall’inaspettato arrivo di Francesco al soglio di Pietro, è la semplicità dell’esempio. E’ la sensazione -in altri tempi blasfema- che il Papa in fondo è come uno di noi. E’ la meraviglia per idee e concetti ai quali quest’uomo da “pane al pane” cerca di condurci. “Misericordia”, ripete spesso. E’ la compassione per i problemi altrui, la spinta per cercare di alleviarli. “Il coraggio della felicità”, per usare altre, ma sempre sue parole rivolte ai giovani di 190 Paesi riuniti per ascoltarlo a Rio de Janeiro. Papa “callejero”, sì, ma anche “viajero”, che viaggia in Italia -vedi Lampedusa- e all’estero per trasmettere non il senso di un potere, quale pur ha, ma di una missione e di un servizio. Quando si affacciò, sconosciuto, al balcone di San Pietro, chiese alle persone in piazza di pregare loro per lui, ed esordì con un italianissimo “Fratelli e sorelle, buonasera!”. Ma non erano parole. Era il primo gesto del suo nuovo inizio.

La semplicità di Bergoglio, dodici mesi dopo

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