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Matteo Renzi ha posto la scuola al centro del suo programma. Ma quale scuola? Le prime dichiarazioni della ministra Stefania Giannini hanno infatti sollevato un vespaio di polemiche. In un articolo sul quotidiano di Ezio Mauro, Nadia Urbinati ha sferrato un duro attacco alla sua proposta di rifinanziare le scuole private paritarie (in cui si concretizzerebbe la “libertà educativa dei genitori”).

Vexata quaestio, quella rilanciata dalla politologa della Columbia University, già oggetto di forti contrasti tra i padri della Repubblica italiana. Il terzo comma dell’articolo 33 della Costituzione recita: “Enti privati hanno diritto di istituire scuole ed istituzioni di educazione, senza oneri per lo Stato”. Nella sua versione originaria, presentata il 31 gennaio 1947 dalla Commissione dei Settantacinque alla presidenza dell’Assemblea costituente, quella coda micidiale non c’era. Essa, infatti, fu aggiunta grazie all’approvazione di un emendamento sottoscritto dalla crema della composita area laica dell’Assemblea. Primo firmatario il liberale Epicarmo Corbino, secondo firmatario il comunista Concetto Marchesi.

Il navigato latinista del Pci, incaricato da Palmiro Togliatti di esporre le tesi della sinistra, aveva sostenuto che il primato della famiglia nell’istruzione dei figli non doveva essere considerato come un dogma, viste le violenze alla loro coscienza che potevano consumarsi tra le mura domestiche. Il giovane e brillante giurista Aldo Moro, a sua volta incaricato da Alcide De Gasperi di difendere la posizione dei cattolici, aveva invece affermato che lo Stato “non supplisce l’iniziativa privata, ma la integra, come l’iniziativa privata integra quella pubblica”.

Il “compromesso storico” sulla scuola sancito nella Carta del 1948, quindi, ebbe in realtà un vincitore e un vinto. Fatto di cui si pentì presto lo stesso Corbino, il quale si sarebbe affrettato a precisare: “Noi non diciamo che lo Stato non potrà mai intervenire a favore degli istituti privati; diciamo solo che nessun istituto privato può sorgere con il diritto di avere aiuti da parte dello Stato. È una cosa diversa: si tratta della facoltà di dare o di non dare”. Purtroppo, nel tempo queste parole si riveleranno sempre più solo come un maldestro tentativo di mettere una pezza colorata, per così dire, su un abito scuro.

Matteo Renzi, Stefania Giannini e l'articolo 33 della Costituzione

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