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È percorribile l’orizzonte di un centro-destra popolare e unitario, conservatore nelle radici culturali e sui temi antropologici ma riformatore sul terreno economico-sociale?

L’interrogativo, cruciale per il futuro dell’universo moderato italiano, è al centro di un dibattito a più voci vivo e appassionato, finora privo di risposte univoche.

Così, mentre si fanno più intensi i contatti tra il Nuovo centro-destra e l’asse UDC-PI per approdare a un’alleanza elettorale europea, Formiche.net ha interpellato Francesco Perfetti, saggista, editorialista e professore di Storia contemporanea all’Università LUISS di Roma.

Professore, è plausibile la costruzione di un Centro-destra popolare che accolga le famiglie conservatrici, nazionali e moderate?

Nel breve periodo lo escluderei. Le elezioni per il rinnovo dell’Assemblea di Strasburgo arrivano in una fase in cui le dinamiche interne agli schieramenti non sono definite. A ciò va aggiunto il fatto che per la prima volta nella storia il voto europeo assumerà la valenza politicamente rilevante di referendum pro o contro l’attuale UE. Realtà che potremmo ribattezzare “l’Eurolandia della burocrazia” lontana dal progetto di unificazione politica.

Cosa prevede per la tornata di fine maggio?

Contro la costruzione comunitaria e i “poteri forti di Bruxelles” è immaginabile la costituzione di un fronte multiforme che potrebbe aggregare anime e orientamenti differenti di euro-scettici ed euro-critici. Un fenomeno che va ben oltre i confini politici nazionali, rispetto a cui conterà poco l’appartenenza a una famiglia partitica. Al contrario di quanto affermano i primi sondaggi, che peraltro rivelano un tasso di astensione inferiore a quello di eventuali elezioni politiche anticipate, penso che avremo molte sorprese. E che si verificherà una forte migrazione di componenti critiche di destra e di sinistra verso forze e liste apertamente anti-europee. È chiaro che in tale scenario l’idea di costruire un centro-destra unitario non è percorribile. Poi bisogna tener presente un fatto ulteriore.

Quale?

Nel voto per il Parlamento europeo è probabile che vengano spazzate via le forze politiche minori, dal Nuovo Centro-destra a Scelta Civica, dall’Unione di Centro ai Popolari fino a Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale. Una rivoluzione nel panorama partitico nazionale che provocherà riflessi di instabilità sulla compagine di governo, nella quale i partiti medio-piccoli si troverebbero sovra-rappresentati. E nel futuro le formazioni meno forti del versante conservatore avrebbero molte difficoltà a contrattare un’alleanza con Forza Italia.

Il partito di Alfano può essere il perno per un rassemblement conservatore alternativo ai progressisti?

Non la ritengo un’ipotesi praticabile. Il Nuovo Centro-destra non possiede la forza e la capacità trainante per rappresentare il polo di attrazione del mondo dei moderati e dei loro principi. Principi che nella gran parte dei casi non hanno costituito il cuore della battaglia dei suoi esponenti. Percepiti dal popolo conservatore come sostenitori di un governo di centro-sinistra. Finché esisterà il “colosso” Forza Italia, sarà la creatura politica di Silvio Berlusconi il perno dell’intero schieramento. Per NCD sarà arduo erodere i consensi necessari per trasformarsi in forza maggioritaria. Tanto più nello scenario di un’alleanza con UDC e Popolari per l’Italia orientata a superare lo sbarramento del 4 per cento previsto per il voto europeo. Accordo che avrebbe il sapore di un’operazione centrista, perdente nella mentalità e dinamica bipolare italiana.

Non è percorribile neanche una riedizione della Casa delle libertà?

Non ne vedo gli spazi né le possibilità. Peraltro, come può coniugarsi il cantiere moderato favorevole alle politiche adottate dal PPE con la nuova Forza Italia nettamente ostile alle politiche di austerità e al Fiscal Compact? E in una coalizione aperta alla Lega Nord e a Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale? 

Il vacillante Silvio Berlusconi potrebbe favorire l’estinzione di FI agevolando una “Costituente per la Nazione?

Non è una prospettiva praticabile, anche se bisognerà valutare i margini di agibilità che verranno riservati dopo il 10 aprile al fondatore di Forza Italia. Nel quale prevale tuttora una visione liberal-liberista. Pertanto non credo che egli possa farsi promotore di un’aggregazione popolare-conservatrice. Più volte Berlusconi ha lanciato la proposta di una Casa comune dei moderati. Ma alla base vi è sempre l’idea che il suo centro propulsore rimanga Forza Italia. Realtà di cui non è pensabile una dissoluzione anticipata.

Come spiega l’exploit del Front National nelle elezioni locali in Francia?

È un fenomeno profondamente legato alla storia francese sul piano culturale e ideologico-politico, che dà voce in forme nuove a un filone tradizionalista radicato Oltralpe. Nel succedersi delle Costituzioni e dei regimi politici, la destra ha assunto volti mutevoli. Monarchica oltranzista, bonapartista con vocazione plebiscitaria e imperiale, orleanista liberale, nazionalista. Poi è arrivata la tragica stagione di Vichy, la meno assimilabile all’esperienza della destra storica. E infine i gollisti con cui, grazie al meccanismo elettorale della V Repubblica, è prevalsa una vocazione unitaria che ha relegato ai margini le altre tendenze.

Quale destra ha vinto con l’avanzata del FN?

Ritengo che abbia preso forza una tendenza bonapartista e populista saldata alle pulsioni xenofobe ostili all’immigrazione. Grazie all’abilità di Marine Le Pen, tale orientamento ha inciso sull’elettorato repubblicano della destra francese. E per questo motivo vedo la possibilità di un’aggregazione o accordo fra lepenisti e gollisti già nel turno di ballottaggio per la tornata amministrativa. Con effetti disastrosi per la gauche.

Vi è affinità tra Front National e Movimento Cinque Stelle?

Entrambe le formazioni presentano una marcata connotazione anti-UE. Fenomeno che era assente nell’esperienza del FN, più legata all’“Europa delle patrie” teorizzata da Charles De Gaulle. Ma, al contrario del Front National che nutre una visione ancorché discutibile, il M5S è un movimento di anti-politica intenzionato a fare politica. Una formazione populista e di pura protesta, che si inserisce nel solco del filone anarcoide, socialista rivoluzionario, proto-fascista, privo di orizzonte politico-culturale. Esattamente come le tesi e le scelte di Beppe Grillo.

Le forze conservatrici-moderate dovrebbero recitare un mea culpa sull’adesione al Patto di stabilità e all’inserimento del pareggio di bilancio in Costituzione?

Lo auspico, perché l’Unione monetaria è divenuta una gabbia imperniata sull’asse franco-tedesco, sugli interessi della Germania, sulla burocrazia. Cresciuta in modo abnorme grazie alle enormi risorse stanziate anche dal nostro paese. Il quale in cambio riceve molto meno denaro, e vede sempre più ridotti gli spazi di sovranità nazionale.

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