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L’inizio negativo di quest’anno è stato una sorpresa per la maggior parte degli investitori, che hanno cominciato il 2014 con la solita euforia e le attese per un mercato azionario che finirà l’anno con una crescita del 10-15% ed Europa e Stati Uniti in continua ripresa; tuttavia, gennaio si è focalizzato improvvisamente sulla potenziale crisi dei mercati emergenti, che ha finito per influenzare negativamente anche i ritorni dei mercati sviluppati. La domanda adesso è quanto sia davvero reale la minaccia di una crisi dei mercati emergenti.

Penso che sia reale – il mondo si trova in una fase di ribilanciamento i cui effetti collaterali sono crescita più bassa a livello globale, deflazione nel mercato sviluppato e valute dei mercati emergenti molto più deboli, mentre il Forex sembra essere l’unica arma a disposizione delle economie, che lottano per mantenere la crescita delle esportazioni. Questo crea un flusso di capitali lontano dagli EM e dai mercati azionari, mentre gli investitori riscoprono il safe haven dei bond.

In questo momento stiamo assistendo ad un enorme rallentamento ciclico e strutturale: l’Asia, che dal 2008 al 2012 ha trainato l’economia globale quasi totalmente da sola, sta rallentando volontariamente. La Cina, il 36% della crescita mondiale nel 2012, cerca di ridurre le ombre della sua economia, di combattere la corruzione e di ricapitalizzare le banche per garantire un atterraggio morbido dopo il rallentamento dell’espansione del credito. Il resto dell’Asia, il 24% della crescita mondiale, deve combattere contro il deficit di bilancio attuale. Durante il 2013, molti di questi paesi, nello specifico i Fragile Five (Sudafrica, India, Indonesia, Turchia e Brasile), hanno visto le proprie valute crollare drasticamente, poiché i loro bisogni finanziari, fino a quel momento stabili, sono diventati deficit enormi, rendendoli più dipendenti dagli investitori stranieri e dalla politica monetaria globale. I paesi BRIC si sono spostati da un surplus del 5% del PIL prima della crisi ad un misero pareggio e, tra i BRIC, la Cina è l’unica eccezione con surplus.

Quando si investe negli EM, è importante sapere che nel comprare un portafoglio di bond dei mercati emergenti, come l’ELMIil 100% dei ritorni proviene dal mercato FX. Allo stesso modo, quando si comprano azioni, il 70% dei ritorni proviene ancora dal Forex. Ora, questi paesi stanno cercando tutti di indebolire le proprie valute e, pertanto, gli investitori non sono più incentivati a finanziare gli EM. Perchè acquistare un portafoglio EM quando il 100% in bond e il 70% in azioni non sarà realizzato perché i governi e le banche centrali si preoccupano di conti e crescita attuali? In altre parole, la politica di svalutazione di breve periodo per aumentare la competitività ha distrutto la ragione per cui gli investitori comprano i mercati emergenti. È un circolo vizioso.

Questo è esattamente il motivo per cui la crisi dei paesi emergenti non finirà a breve. Se l’obiettivo è l’afflusso di denaro, il governo deve smettere di indebolire le valute e cercare riforme e monete stabili. Invece, con queste macchine da esportazione, abbiamo una rincorsa al livello più basso. Il problema generale è che non possiamo esportare tutti, qualcuno deve anche importare. I paesi EM passano da essere economie agricole a macchine da esportazione, avendo un vantaggio in termini di salari bassi e capacità; con la crescita dell’economia, ci sarà una classe media che vuole prodotti migliori e più costosi, spesso importati. Questo sposterà la bilancia commerciale nel deficit e, dopo pochi anni, diventerà crescente il bisogno di investimenti esteri per chiudere il gap tra il consumo interno in crescita e le esportazioni.

Il problema, certamente, è che ciò che aiuterebbe realmente queste economie sono le riforme e un programma per ridurre la dipendenza dalle esportazioni. Questo succederà nel lungo periodo, non prima, perchè in molti di questi paesi ci saranno le elezioni nel 2014. L’anno delle elezioni significa nessuna nuova riforma e una politica progettata per massimizzare le aspettative dei votanti in termini di sussidi su energia e cibo. Niente che migliori gli squilibri invece.

Questa deve essere vista come la fase finale della crisi. Da una parte, i paesi EM sono meno competitivi e hanno bisogno di ribilanciare le loro economie, ma, dall’altra parte, qualcun altro ne sta beneficiando (a livello globale, infatti, il bilancio attuale è a zero). Questi “qualcuno” sono gli Stati Uniti e l’Europa: i primi con costi dell’energia veramente bassi rispetto al resto del mondo (il prezzo del gas naturale è la metà rispetto all’Europa), i secondi con una domanda di salario in calo e la deflazione che abbassa i prezzi. Il mondo è semplicemente più equilibrato rispetto a prima della crisi, pertanto, quando sarà il momento della vera ripresa, la situazione sarà caratterizzata da equilibrio, leva inferiore e trasparenza e questa è una grande notizia per il prossimo decennio. Questa fase finale arriva dopo la crisi immobiliare e bancaria degli USA (2008-2010) e quella del debito europeo (2010-2012).

L’Asia ha portato il mondo sulle spalle finora: mentre tutti rallentavano continuava a mantenere alti gli investimenti. Investimenti che avevano contenuto in gran parte europeo e statunitense, perchè queste due economie stavano rallentando internamente, ma godevano di una forte domanda di esportazioni verso l’Asia. Ora questi stessi livelli di investimento devono essere aggiustati verso il basso per un rallentamento della crescita, il prezzo è crollato e l’inflazione è più bassa. I paesi EM hanno bisogno di tempo per un ribilanciamento e per arrivare al punto in cui il mandato per il cambiamento sarà effettivo – I primi segni di una manipolazione FX indicano che siamo vicini, ma non ancora al traguardo.

Il risultato del 2014 in termini di ritorni del portafoglio potrebbe, quindi, dipendere più da USD/TRY, USD/IDR, USD/INR e USD/MXN che da quello che faranno la Yellen e il FOMC. Secondo me questo è positivo.

I mercati emergenti, terza ed ultima fase della crisi

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