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Ecco come gli Stati Uniti spiano i dati della nostra carta di credito quando acquistiamo beni e servizi all’estero

 

Oramai la carta di credito è diventata compagna fondamentale nelle nostre avventure di shopping, in un momento storico in cui gli acquisti devono tenere il passo con la velocità dell’aggiornamento delle nostre esigenze e dei nostri tempi: ma è importante informarsi sui prodotti American Express e degli altri operatori per capire quali sono i più vantaggiosi e più adatti a rispondere alle nostre esigenze di sicurezza e velocità nelle transazioni. A venirci incontro sono anche i portali di confronto online che permettono ai consumatori di comparare i diversi prodotti tenendo conto dei  volumi ed esigenze di spesa di ogni individuo: in questo modo, si possono annullare le eventuali sgradite sorprese.

 

E se si vuole avere la comodità e la sicurezza di fare un pagamento con una semplice carta, senza dover aprire un portafoglio pieno di monete e banconote, dobbiamo anche fare bene attenzione alla nostra privacy, perché qualcuno ci può osservare mentre digitiamo il codice pin della nostra carta oppure su scala più larga sono delle agenzie stesse a tenere sotto controllo le nostre spese. E’ quanto succede al Consumer Financial Protection Bureau in America, dove ogni giorno vengono tenute sotto controllo milioni di transazioni.

Perché quando si tratta di carte di credito è bene metterci al riparo da altre tipologie di rischio, legate alla dispersione dei nostri dati quando effettuiamo acquisti non solo in Italia ma anche all’estero. Sono sempre di più gli episodi registrati di “spionaggio” nei confronti dei dati che le nostre carte di credito contengono. Negli USA questa pratica sembra essere all’ordine del giorno, con 991 milioni carte di credito sotto controllo da parte del Consumer Financial Protection Bureau: per ora si tratta di dati di abitanti americani, ma la preoccupazione per questa “curiosità” è tanta non solo in USA ma anche tra i cittadini stranieri che acquistano in America.

Per questo motivo, l’House Financial Services Committee, in risposta alla mobilitazione estrema delle associazioni per il rispetto della privacy dei consumatori, ha interpellato Richard Cordray del Consumer Financial Protection Bureau sulla questione: va bene anche controllare i movimenti e i dati, ma le informazioni ricavate restano private al 100% o vengono diffuse all’esterno? E a chi?

La risposta non sembra essere delle più confortanti: le informazioni vengono ovviamente diffuse ma Cordray cerca di tranquillizzarci, sostenendo che in ogni caso non si tratta di una violazione della privacy. Tra l’altro, pare sia anche la National Security Agency a spiare i dati che le carte di credito inevitabilmente diffondono al momento della “strisciata”.

Secondo Steven Antonakes, il vice direttore del Consumer Financial Protection Bureau, pare siano ben 18 le banche sotto il controllo degli Stati Uniti: moltiplicate per il numero di utenti, ecco che abbiamo quantità infinitesimali di dati privati nelle mani degli uffici americani.

Si tratta di informazioni relative al bilancio, al codice postale, passando per le spese che facciamo e per il limite di credito che possediamo, fino al dato più pericoloso di tutti, il codice di accesso della nostra carta di credito: l’unica porta che protegge i nostri soldi.

La domanda più naturale da farsi a questo punto è: cosa ci fanno con i dati che raccolgono?

Incrociando oltre 96 tipi di dati dalle carte di credito, sembrerebbe che a beneficiare delle informazioni siano le aziende internazionali, che per proporre offerte e prodotti in linea con le esigenze dei consumatori e le loro abitudini devono per forza raccogliere dati in merito.

Tuttavia, le associazioni dei consumatori rendono noto che per far questo basterebbe estrarre campioni casuali e non di certo spiare quelle famose 991 milioni di carte di credito che invece costituiscono l’oggetto del controllo degli Stati Uniti.

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