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Il teorico della società liquida, l’ungherese Zigmunt Bauman, sostiene che gli europei del Ventunesimo secolo «si trovano sospesi tra un passato pieno di orrori» (Ottocento e Novecento, preciso, segnati da stalinismo, fascismo, nazismo, guerre fratricide in Spagna, Italia, Balcani, Grecia) «e un futuro distante pieno di rischi» (cioè, aggiungo, non soltanto denso di incognite ma di processi dissociativi, ipernazionalisti, antipolitici e burocraticisti, che, ciascuno o tra loro combinati, possono condurre l’Europa verso una situazione democra¬ticamente irreparabile).

Ciò che colpisce, nella pur interessantissima analisi non positiva delle presenti condizioni di una Europa che non ha ancora saputo darsi una propria identità, è che Bauman cita, fra le personalità che si sono dedicate a riflessioni sull’Europa del presente, soltanto pensatori di sinistra (e persino di vecchi paraterroristi tedeschi), ignorando totalmente i pensatori cattolici: che furono i veri padri fondatori di un’Europa politica mai realizzata.

Vista sotto un angolo visuale laicista e di sinistra radicale, l’Europa di Bauman appare un’entità che trascura i difetti maturati col concorso decisivo di forze materialistiche ed economicistiche come quelle delle regioni baltiche, dei banchieri socialdemocratici, dei burocrati bruxellesi collegati coi circoli finanziari mondiali. Certo, Bauman è giustamente preoccupato della deriva nazionalista che sta invadendo i paesi centrali dell’Europa carolingia; per poi aggiungere che essa «appare come una sorta di quinta colonna dei poteri globali, un satrapo degli invasori stranieri», sicché «l’Europa oggi è una discarica dei problemi e delle sfide generate a livello globale». Solo che il filosofo sembra abbandonare il suo tradizionale pensiero sulla «società liquida» per passare ad un’altra teoria meno astratta e più avvertibile: secondo la quale, l’attuale crisi europea «è innanzitutto e soprattutto dovuta a una crisi dell’azione di governo», provocata da una separazione fra potere e politica. Esattamente come sostenevano i padri fondatori cattolici dell’Europa (allora piccola) e come insistono a rilevare pensatori liberali europei e la stessa Chiesa di Francesco.

Siamo in presenza di una vasta disaggregazione dell’Europa sotto la forte avanzata dei nazionalismi, che vanno molto oltre il lepenismo o il farganismo britannico e l’indipendentismo veneto. Tutti quei movimenti, si considerano del resto interni, e non estranei, all’Europa. Ma se si vuole davvero un’Europa con una identità e si punta tutto su un recupero del materialismo socialista, emarginando ulteriormente il solidarismo cattolico popolare, si produce solo sradicamento culturale (come qualche anno fa accadde con lo statuto europeo, nato ignorando la storia e la cultura giudaico-cristiana) e fossilizzazione di una separatezza fra regimi finanziari e popolazioni dai forti convincimenti ideali.

L’Europa socialmaterialista non convince

Il teorico della società liquida, l’ungherese Zigmunt Bauman, sostiene che gli europei del Ventunesimo secolo «si trovano sospesi tra un passato pieno di orrori» (Ottocento e Novecento, preciso, segnati da stalinismo, fascismo, nazismo, guerre fratricide in Spagna, Italia, Balcani, Grecia) «e un futuro distante pieno di rischi» (cioè, aggiungo, non soltanto denso di incognite ma di processi dissociativi, ipernazionalisti, antipolitici…

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