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Il Presidente di Forza Italia quel “auguriamo al giovane presidente incaricato ed al suo team buon lavoro” non ha potuto concluderlo come probabilmente avrebbe voluto. In un certo senso, il Matteo una mezza rivoluzione l’ha già compiuta: in vent’anni di vita politica, mai era capitato di sentire pronunciare da Silvio Berlusconi parole così lusinghiere, di stima e – diciamolo – di incoraggiamento per il segretario del suo principale partito avversario e, d’altronde, ne aveva tutte le ragioni.

L’impressione è quella che di fronte alle telecamere il Cavaliere riesca con molta fatica a trattenersi dall’aggiungere “peccato che sia dall’altra parte …” Ci sono schemi, metodi e contingenti convenienze che lo costringono a limitarsi, nel non andare oltre. Ma quel sorriso con il quale si compiace di aver appena incontrato un premier in pectore che abbia la metà dei suoi anni, è molto significativo. Del resto, la profonda sintonia su quello che dovrà essere il percorso prioritario che possa portare finalmente il Paese ad avere la possibilità di un esecutivo che possa davvero agire con tempi e prerogative adeguate alla criticità della situazione, non è un mistero che sia la principale ambizione condivisa con il prossimo premier.

Ma il dubbio che la sua futura azione sia inquinata dalla scarsa disponibilità dell’attuale maggioranza e, soprattutto, dai vizietti storici del partito del segretario/premier, nonché dei suoi azionisti di maggioranza, è forte e rimane chiaramente impresso nella mente del Cavaliere. Difficile dargli torto, visto i precedenti trascorsi, governo Prodi docet…

Tuttavia, anche se a Silvio Berlusconi imputano di tutto e di più, i suoi più accaniti detrattori non possono non riconoscergli l’abilità straordinaria di saper cogliere gli umori e la pancia della gente, la capacità di innovazione nel rompere gli schemi ed i metodi tradizionali della politica. Quindi se l’esperienza lo porta alla consapevolezza di non poter fare a meno che opporsi al nascente governo che sarà sostenuto da un partito di maggioranza relativa schizofrenico e da un manipolo di poltronari, dall’altra parte l’istinto gli consente di riconoscere nel futuro inquilino di Palazzo Chigi un elemento che ha molte caratteristiche affini alle sue, un leader al quale, per qualche errore o imprevedibile scherzo del destino, è stata assegnata una famiglia politica geneticamente non sua.

Mi perdonerà il presidente Berlusconi di voler leggere tra le righe e dalle espressioni del suo volto la disponibilità ad un appoggio sostanziale che si affianca ad una opposizione formale, una sorta di concessione di credito ad un giovane avversario, quasi a dire “Ma se non lo aiuto io ‘sto futuro premier che ha preso a modello il mio amico Tony Blair, così ambizioso e determinato a voler riformare il Paese, chi altro lo può fare? Di certo non i sui amici di partito, tantomeno quella effimera maggioranza multietnica interessata solo alla propria sopravvivenza.

Già, chi se non il Cavaliere può dare realmente una mano al premier… a condizione che Matteo faccia il Renzi, versione prima maniera e il suo governo non si omogeneizzi ai riti dei palazzi, quelli romani da manuale Cencelli.

Quello che Berlusconi non dice su Renzi

Il Presidente di Forza Italia quel “auguriamo al giovane presidente incaricato ed al suo team buon lavoro” non ha potuto concluderlo come probabilmente avrebbe voluto. In un certo senso, il Matteo una mezza rivoluzione l’ha già compiuta: in vent’anni di vita politica, mai era capitato di sentire pronunciare da Silvio Berlusconi parole così lusinghiere, di stima e - diciamolo -…

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