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Lo stordimento prodotto da anni e anni di politiche autoreferenziali, condite con elementi di maggioritario nella prassi elettorale e culturale instillata nel tempo, ha prodotto situazioni paradossali come questa che si sta vivendo.
Ci si pensi su solo un attimo: «Il problema della nuova legge elettorale sembra non sia più il suo funzionamento ma la rapidità della sua approvazione. Dobbiamo dotarcene subito e se non ci si riesce si va subito a votare, senza la nuova legge, non perché sia già deciso che si deve votare ma perché la nuova legge è così importante che va fatta il prima possibile. Se ci si riflette a mente fredda sembra una cosa da pazzi». Era il 4 marzo, quindi quasi un mese fa, ed era Massimo Bordin a scrivere su ‘Il Foglio’ per la sua rubrica ‘Bordin Line’.
Stessa cosa per il Senato della Repubblica: l‘importanza non è il come lo si cambia; non è la motivazione con cui si vorrebbe andare al superamento di una delle due Camere (a parte la trovata geniale del taglio dei costi della politica per mascherare una democracy review, come affermato da Nicola Morra, attuale capogruppo cinquestelle) ma la velocità e la rapidità con cui si muta pelle al Senato.
In un post  del 2 febbraio scorso avevo riportato le parole di Roberto Giachetti, intervistato quel giorno dal ‘Corriere della sera’, egli aveva risposto così alla domanda che gli rivolgeva il giornalista in merito all’italicum: «Guardi, essere arrivati fino qui mi sembra già un miracolo. Se un mese fa mi avessero detto che la legge entro gennaio sarebbe arrivata alla Camera, avrei messo non una ma 12 firme».
La ministra Maria Elena Boschi, d’altra parte, il 12 marzo aveva commentato così il primo ‘placet’ all’italicum: «Un grande risultato. Dopo otto anni abbiamo approvato alla Camera una nuova legge elettorale che garantisce governabilità e stabilità, che garantisce un risultato certo il giorno stesso delle elezioni, una grande soddisfazione soprattuto per i partiti che hanno contribuito a questo risultato».
La questione è sempre più evidente: l’importanza non è il cosa, ma il come.
Vale la pena, a questo punto, trascrivere nuovamente il filo logico del giornalista di Radio Radicale: «Se ci si riflette a mente fredda sembra una cosa da pazzi».
Gli si provi a dare torto.
Dunque: stessa cosa per il Senato. L’importante, per il Presidente del Consiglio dei Ministri Renzi, non sta nel traghettare una Camera da uno status ad un altro, bensì quello di tramutarla in altro nel minor tempo possibile per ‘riacquisire credibilità tra i cittadini’.
E’ manifesto il fatto che, però, qualora il Senato dovesse mutare pelle in breve tempo senza essere definito nelle sue future funzioni, o – peggio – essendo definito come camera non elettiva, sarebbe una iattura e la credibilità riacquisita tra il corpo elettorale sarebbe passeggera ai limiti dello sfuggevole.
Si aggiunga, inoltre, che le motivazioni a giustificazione dell’uno e dell’altro provvedimento sono più o meno di questo tipo: ‘sono cose che andavano fatte da anni e che dovevano essere messe in piedi’.
Come a dire: non importa ciò che cucino, l’importante è che metta qualcosa al forno. Poi che sono verdure rancide non ha importanza, qualcosa l’ho messa no?

Non è importante il 'cosa' ma il 'come'

Lo stordimento prodotto da anni e anni di politiche autoreferenziali, condite con elementi di maggioritario nella prassi elettorale e culturale instillata nel tempo, ha prodotto situazioni paradossali come questa che si sta vivendo. Ci si pensi su solo un attimo: «Il problema della nuova legge elettorale sembra non sia più il suo funzionamento ma la rapidità della sua approvazione. Dobbiamo…

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