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L’inedito sostantivo starebbe per coloro che, non avendo alcuna intenzione di aderire al corpo del capo, né manifestamente né surrettiziamente, ripongono, con inusuale sobrietà, nella pratica politica da lui spavaldamente rinnovata le proprie speranze, e non nella sua persona, quindi: se gli “isti” sarebbero idealmente affini al significato da lui veicolato, allora, gli “ani” dal suo significante, piuttosto, discenderebbero, di lui onorerebbero l’immagine, da lui riceverebbero ordini non aggirabili, non procrastinabili, volendo evitare il rischio di provocare l’interruzione del legame fiduciario. Renziani laici, forse, i primi? Più o meno. Laici, sì, ma non più di tanto, a dirla tutta, almeno per quanto riguarda lo sfrontato liberalismo che Renzi osa proporre, perché l’adesione a quel progetto antico, annunciato da altri, prima che da lui, e da quegli altri lasciato cadere, ogni volta, è più che convinta, il filo che a lui li lega non dei più sottili.

Insomma, una pattuglia scombiccherata di personaggi del genere, di blairisti italiani che siano disposti all’ennesima illusione, c’è da credere che esista: e non è manco necessario che abbiano partecipato al voto dell’Immacolata Concezione: qualcuno se ne sarà stato a casa. Per non rendere quel giorno meno immacolato, forse: appuntamento riservato ai fanatici del Sindaco, con poco spazio per i dubbiosi. Non si cada in errore, tuttavia. Nessuno affermi che questi ultimi siano meno speranzosi di coloro che ambiscono all’appariscenza: non hanno mai smesso di esistere, probabilmente, anche se il loro esserci non ha avuto il privilegio della visibilità, anche se non riescono più a spendere così tante energie, e non hanno più voglia di accodarsi, di chiudere gli occhi, abbandonarsi e lasciarsi trasportare dal calore carismatico: troppe volte illusi, hanno percorso il cammino della progressiva infatuazione e, delusi, hanno dovuto indietreggiare, poi, ritornare sui propri passi, affrancarsi da colui che aveva, in loro, acceso la scintilla della militanza.

Basterebbe poco, però, e certe bandiere verrebbero rispolverate: qualche segnale di ritrovato coraggio, magari. Innanzitutto, ci sarebbe da mettere mano, culturalmente, alla diffusione sociale di un’ideologia nefasta, poiché auto-assolutoria, vale a dire la convinzione sgangherata che l’Italia starebbe bene, che non avremmo bisogno di riformare alcunché, se non ci fossero di mezzo alcuni agenti disturbanti: esogeni, calati dall’esterno, stranieri. L’Europa tutta intera, per esempio, incarna vistosamente il nemico che ci costringerebbe alla fame, ma altre ipotesi – enunciate, immancabilmente, con certezza tetragona – sono state avanzate: le Banche, ancora. Enumerare la lista dei capri espiatori che ci consentono di non affrontare le cause storiche dei ritardi italiani sarebbe inutile e dispendioso: tutto fa brodo.

Ma trattasi, per la precisione, di renzisti classificabili come non renziani o come anti-renziani, del tutto e più pervicacemente? In tale interrogativo potrebbe concentrarsi, infine, una questione sì vessata, ma mai abbastanza: se sia bene che un condottiero annulli, oscuri, o, più soavemente, assommi in sé stesso le personalità difformi dei propri seguaci o se, invece, un capo politico illuminato, per essere tale, debba dotarsi di aiutanti autonomi e capaci di contrapporglisi. Irrisolta, e non risolvibile, con ogni probabilità: non si danno indicazioni univoche, nella ricerca delle vie d’uscita e della possibilità luminosa che esse non conducano tutte alla stessa fine, il punto di partenza: tragitto circolare ben noto, in Italia.

Che sperare?

L'inedito sostantivo starebbe per coloro che, non avendo alcuna intenzione di aderire al corpo del capo, né manifestamente né surrettiziamente, ripongono, con inusuale sobrietà, nella pratica politica da lui spavaldamente rinnovata le proprie speranze, e non nella sua persona, quindi: se gli "isti" sarebbero idealmente affini al significato da lui veicolato, allora, gli "ani" dal suo significante, piuttosto, discenderebbero, di…

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