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Il “volemose bene” della prima assemblea a trazione renziana del Partito Democratico è già finito. Non è bastata nemmeno l’atmosfera natalizia per far digerire alla sinistra del Pd, insieme a una fetta di panettone, il piano del lavoro di Matteo Renzi. Ed ecco che nel giorno di Santo Stefano i Giovani turchi, l’ala vicina al ministro Stefano Fassina e al presidente Pd Gianni Cuperlo, hanno deciso di pubblicare un documento che fa le pulci alle idee renziane in materia. E hanno avanzato di fatto una loro proposta di Job act.

IL LAVORO SECONDO I TURCHI PD
Secondo Fausto Raciti, Valentina Paris, Chiara Gribaudo e Matteo Orfini, firmatari dell’articolo apparso su Left Wing, il Job act del nuovo segretario “rischia di cadere nello stesso errore” commesso con la legge Fornero, ovvero “camminare sulla testa dei meccanismi che regolano il mercato del lavoro (i contratti), anziché sulle gambe della crescita e così di essere, nella migliore delle ipotesi, inutile”.

Il Job act “alla turca” prevede invece al primo punto “restituire dignità al lavoro: occorrerebbe stabilire che ogni tipologia contrattuale preveda la copertura per malattia e maternità, a prescindere da durata e retribuzione prevista”. E ancora: “Nella situazione drammatica del Paese, un “job act” che non potesse rivendicare un impatto positivo sul tasso di occupazione rischierebbe di essere un boomerang. Ma per creare lavoro occorre superare i tabù che in questo ventennio hanno impedito di considerare gli investimenti pubblici diretti a generare occupazione una opzione possibile”.

Per “cambiare davvero verso”, dicono i Giovani turchi, bisogna invertire la sequenza “risanamento-crescita-occupazione” per mettere invece il lavoro davanti a tutto e affidando ad esso il compito di guidare la crescita e di conseguenza il risanamento.

RENZIANI STIZZITI
Replica stizzita quella dei renziani agli appunti della sinistra Pd: “Suggeriamo ai Giovani Turchi di aspettare la presentazione del Job Act da parte delle segreteria nazionale prima di avanzare critiche e suggerimenti, e di non basarsi su anticipazioni giornalistiche parziali e da verificare. Quello che è certo è che il lavoro è la nostra priorità”, sottolinea in una nota Lorenzo Guerini, portavoce della segreteria nazionale del Pd.

IL PD RIFORMATORE DI RENZI
Dopo la sterzata a sinistra per motivi elettorali, sembra che Renzi sia tornato sui suoi passi e alle idee sul lavoro di Pietro Ichino, suo ex guru economico. Proprio il giuslavorista di Scelta civica ha recentemente lodato sul suo blog il progetto sull’occupazione di Renzi. La nuova rotta e le sfide che attendono il sindaco di Firenze, soprattutto all’interno del suo partito e con i sindacati, le spiega il quasi renziano Andrea Romano, capogruppo alla Camera di Sc in un’intervista al Corriere della Sera: “Renzi ha una grande possibilità: trasformare il Pd da forza conservatrice, come nella gestione Bersani, a forza riformatrice. La sua sfida è riuscire a portare dietro di sé il partito. Vedremo se riuscirà a farlo sul nuovo contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, identico alla proposta del nostro Pietro Ichino, e contro il quale ci fu una violenta resistenza del partito di Bersani”.

LA PARTITA CON I SINDACATI
Mentre l’incontro fiorentino tra Renzi e il segretario della Fiom Maurizio Landini testimonia un feeling tra i due, ancora tutto da scongelare è il rapporto con la leader della Cgil Susanna Camusso che guarda con preoccupazione alle nuove mosse di Largo del Nazareno, soprattutto per l’eventuale abolizione dell’art.18. Ambasciatori del disgelo potrebbero essere il nuovo responsabile economico del Pd, il civatiano Filippo Taddei, e la responsabile del lavoro Marianna Madia, entrambi apprezzati in Cgil. E mentre l’incontro tra i due e Camusso è già in agenda, in Corso Italia si ragiona sui tempi del primo esplosivo vis a vis tra i due segretari.

 

Il Job Act alla turca della sinistra anti-renziana

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