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L’apertura dei giochi invernali di Sochi è stata dominata dalle critiche per la legislazione e la propaganda anti-gay fatta dal Cremlino, perché non tutti i lavori erano stati terminati, perché si era speso troppo (ben 51 miliardi di dollari, contro i meno di 15 spesi per le Olimpiadi di Londra) e dalle preoccupazioni per la sicurezza. Esse sono state accresciute dalla diminuzione della presenza dei numerosi jihadisti ceceni in Siria e dal fatto che i Giochi cadono proprio nei giorni considerati dai Circassi – originari abitanti della regione – l’anniversario del loro genocidio per opera della Russia zarista. La cerimonia di apertura è stata grandiosa, con la riproduzione della cattedrale di San Basilio e di un’enorme troika di cavalli che volteggiavano nel cielo e con le celebrazioni delle glorie e grandezza della Russia, da Pietro il Grande a Tolstoj. Insomma, la cerimonia di apertura dei Giochi è stata un’apoteosi per Vladimir Putin, salvatore della Russia dopo il caos della presidenza di Eltsin.

OBIETTIVO: FARE AFFARI
Erano presenti 88 nazioni e più di una sessantina di capi di Stato o di governo, venuti a Sochi non tanto per applaudire i propri atleti, quanto per discutere di affari con la Russia. Con la Cina, è l’unico Paese dei Brics a non conoscere una grave crisi economica. La cerimonia era stata polemicamente disertata dai leader americano, tedesco, inglese e francese, ma non – tra gli occidentali – dal nostro Enrico Letta, né dai premier olandese, turco e giapponese. Tale assenza, che voleva essere una protesta contro la recente legge anti-gay, rappresenta un episodio dell’ormai classica “diplomazia dello sport”, con cui si intende dare un segno di amicizia o di critica al regime che ospita un evento sportivo internazionale. Il presidente cinese Xi Jinping ha commentato ironicamente l’assenza di tanti leader occidentali, dicendo a Putin “mal comune, mezzo gaudio”. Infatti, la medesima forma di critica era stata rivolta alla Cina cinque anni e mezzo fa, in occasione delle Olimpiadi di Pechino.

LE CRITICHE A PUTIN
Putin non è certo un tipo che si scomponga più di quel tanto per simili manifestazioni di dissenso. Non è ossessionato dalle critiche. Nel caso particolare fanno il suo gioco. Ha affermato sorridendo che è errato confondere lo sport con la politica e con i diritti umani. Sembra, invece, che si sia imbufalito per il fatto che, malgrado le enormi somme spese a Sochi, il quinto cerchio olimpico non si sia acceso, suscitando il sarcasmo di molti presenti all’inaugurazione. Tutto avrebbe dovuto essere perfetto, testimonianza della ritrovata potenza ed efficienza tecnologica della nuova Russia. Non vorrei trovarmi nei panni dell’elettricista responsabile dell’inconveniente! L’episodio dimostra comunque la cronica carenza russa nella cura dei particolari e della manutenzione.

LA SCELTA DI SOCHI
Perché ai Giochi Olimpici Invernali di Sochi è stata attribuita tanta importanza? Perché sono stati organizzati proprio a Sochi e non in una località più montana e più sicura? Perché è stata scelta una regione temperata se non semi-tropicale, con il rischio di rovinarla con la cementificazione, resa necessaria per i Giochi, anziché una che richiedesse meno lavori? A quest’ultimo proposito, mi sembrano un po’ troppo semplicistiche le risposte fornite da una parte dei sondaggi, secondo cui la scelta di Sochi è stata fatta per gonfiarne il budget e consentire maggiori ruberie.
A parer mio, Putin ha gestito tutta l’iniziativa da maestro. Essa ha coronato un anno di continui successi. Ha umiliato gli Usa con il chimico siriano; ha esteso la presa economica russa su vari paesi centro-orientali europei; si è praticamente comprato l’Ucraina; ha migliorato i rapporti con il Giappone; ha esteso all’Armenia l’Unione Eurasiatica.

I SUCCESSI DELLA RUSSIA
Quest’ultima, nella visione geopolitica di Putin, dovrebbe costituire un contrappeso ad Est dell’Unione Europea e farebbe parte della “Grande Europa”, dall’Atlantico al Pacifico. Infine, Putin è riuscito a raffigurarsi come difensore della Cristianità in Medio Oriente e come campione dei valori tradizionali cristiani, che l’Occidente avrebbe invece dimenticato. La lettera “per la non guerra in Siria”, indirizzatagli da Papa Francesco in settembre, mentre presiedeva la riunione del G-20 a San Pietroburgo, e il successivo incontro in Vaticano, hanno quasi ratificato tale ruolo. Si è accresciuto il soft power di Mosca nelle relazioni internazionali. Così facendo, Putin ha anche sottolineato le differenze della Russia dall’Occidente, il suo eccezionalismo ed anche il ruolo messianico nel mondo che le attribuisce la Chiesa Ortodossa, pilastro non solo del patriottismo e dell’orgoglio russi, ma anche del potere politico di Putin.

UNA SFIDA IMPORTANTE
Beninteso, sulla scelta di Sochi hanno giocato altri fattori. In particolare, la sfida alla natura, di scegliere una località balneare come centro di svolgimento dei Giochi Invernali. La vittoria in tale sfida, rafforza l’orgoglio e la sicurezza dei russi in loro stessi, dopo tante umiliazioni subite nel decennio che ha seguito la fine dell’Urss. Inoltre, la scelta di Sochi è stata una sfida al terrorismo caucasico. Di certo Putin ha voluto significare che la situazione è completamente sotto controllo. Dovrà comunque tenere le dita ben incrociate. Il terrorismo dell’Emirato del Caucaso non è stato di certo debellato.

BATTAGLIA VINTA?
Fino al termine dei Giochi rimarrà la possibilità di attentati. Meno imbarazzante sarebbe qualche “parata” gay, che certamente metterebbe sul ridere, riscuotendo il consenso di gran parte dei russi. Accoglierà comunque, seriosamente e senza fare battute, la difesa dei loro diritti, che il nostro Presidente del Consiglio si è impegnato di fare, beninteso dopo averne ricevuto il permesso del Capo dello Stato.
Se tutto andrà bene, Putin potrà rivendicare un grande successo e dimostrerà che la Russia sta vincendo la battaglia che ha intrapreso contro il declino interno e l’irrilevanza internazionale.

Così lo zar Vladimir ha trasformato Sochi in Putingrad

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